Carmine Tripodi riceverà una medaglia d’oro al valore militare e gli saranno dedicate una motovedetta, una piazza, due caserme dei carabinieri e una via, ma non ci sarà alcun colpevole scritto nelle pagine della Giustizia, perché i tre arrestati e gli otto indagati per favoreggiamento verranno tutti assolti fra il 1986 e il 1989
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alle persone meno note uccise dalla mafia e il cui numero cresce di anno in anno. Dal 1961 si contano circa 1031 vittime innocenti.
Carmine Tripodi, brigadiere dei carabinieri, viene ucciso dalla ‘Ndrangheta una sera di pioggia del 1985. Aveva 24 anni, guidava una Fiat 132 e lo aspettava a casa Luciana, la maestra di Bovalino che avrebbe sposato di lì ad un mese.
Ma facciamo un passo indietro.
È il 1985, e per la Calabria non è un bel periodo. I sequestri, i riscatti e le morti nella Locride non si contano più, così come i miliardi di lire nelle tasche della ‘ndrangheta che poi saranno utili per finanziare il traffico internazionale di droga.
Carmine lavora in Calabria da tre anni e ha capito molto presto che il cuore di quella regione si nasconde fra gli ovili e le grotte calabresi, dove spesso si ritrovano anche i corpi o i volti spaventati di chi è stato sequestrato dalla mafia. In quei tre anni si dà da fare, cerca il colpevole dei rapimenti del “re delle pellicce” Giuliano Ravizza e dell’ingegnere napoletano Carlo De Feo, che avevano fruttato otto miliardi di lire all’anonima. E ci riesce, perché in poco tempo fa arrestare gente delle ‘ndrine locali e camorristi, riporta in giudizio altri già indagati e fra questi persino un sacerdote, già arrestato in passato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Carmine dà fastidio alle persone sbagliate.
La sua è una storia come molte altre poco conosciute: quella di un uomo buono e determinato, che fa bene il suo dovere, ovvero danni agli affari del crimine organizzato e che sarebbe il caso di eliminare prima che possa farne altri.
Il 6 febbraio 1985 alle 21,00 Carmine è nella sua Fiat e sta tornando a casa da Luciana. È sulla statale verso la marina. Magari pensa a quanto sarà bello togliersi le scarpe dopo quella giornata così lunga, o a quel caso che ancora non è riuscito a risolvere, ma la macchina appostata che ora gli blocca la strada suggerisce che ci sono cose più importanti a cui pensare, in quel momento. Ma ad attenderlo ci sono un fucile a pallettoni e una pistola, che lo feriscono. Carmine risponde, spara uno o due colpi verso quel finale da prima pagina che si avvicina sempre di più e riesce a ferire uno di quegli sconosciuti, ma nient’altro.
Verrà ucciso da un’altra scarica di proiettili. Per fortuna non lo sa, ma quegli uomini urineranno sul suo corpo ancora caldo.
Per questa tragedia, Carmine riceverà una medaglia d’oro al valore militare e gli saranno dedicate una motovedetta, una piazza, due caserme dei carabinieri e una via, ma non ci sarà alcun colpevole scritto nelle pagine della Giustizia, perché i tre arrestati e gli otto indagati per favoreggiamento verranno tutti assolti fra il 1986 e il 1989.
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