Erano le 5,30 del 4 febbraio 1995. Pietro era al volante di un furgone, mentre Lorenzo gli era seduto di fianco. Sulla strada provinciale a due corsie, in lontananza una macchina procedeva nella direzione opposta alla loro. All’improvviso fa un’inversione a u e si immette nella stessa carreggiata di Lorenzo e di Pietro...
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata alle persone meno note uccise dalla mafia e il cui numero cresce di anno in anno. Dal 1961 si contano circa 1031 vittime innocenti.
A volte la rete sa essere un posto bellissimo: un video in cui raccontavamo la storia di Pietro Sanua, commerciante ucciso dalla mafia a Milano negli anni Novanta, ha fatto un giro lunghissimo per poi arrivare nelle mani del figlio Lorenzo.
Lorenzo oggi ha 46 anni e una figlia di quasi 13.
Da quel 4 febbraio 1995 di anni ne sono passati 26 anni. Di quel giorno, però, non ha scordato nulla: è rimasto tutto indelebile nella memoria.
Pietro Sanua e il figlio Lorenzo abitavano a Cisliano, un paese a 15-20 chilometri da Corsico, dove lavoravano al mercato di frutta e verdura.
Erano le 5,30 del 4 febbraio 1995. Pietro era al volante di un furgone, mentre Lorenzo gli era seduto di fianco. Sulla strada provinciale a due corsie, in lontananza una macchina procedeva nella direzione opposta alla loro. All’improvviso fa un’inversione a u e si immette nella stessa carreggiata di Lorenzo e di Pietro. «Ma guarda quel pirla», esclama suo padre. La macchina rallenta, tanto che il furgone riesce a superarla per poi accodarsi subito dietro. Una volta giunti a Corsico, sotto un ponte, Lorenzo ancora assonnato viene svegliato da due botti: il padre si accascia alla sua sinistra all’improvviso. Il camion finisce la corsa una ventina di metri più avanti. Lorenzo scende di corsa e comincia a chiedere aiuto suonando tutti i campanelli possibili di un palazzo di fronte. Ma ormai non c’era più nulla da fare: Pietro non c’era già più.
Quella, però, non è stata la prima volta che attentarono alla vita del padre. Qualche mese prima a ottobre 1994, uscendo di casa una macchina aveva provato a tagliarli la strada. Questo episodio, a cui nessuno aveva inizialmente prestato attenzione, a posteriori è stato considerato una prova di quello che sarebbe successo a febbraio.
Il motivo? Leggendo un fascicolo d’indagine, Lorenzo ha scoperto che il padre Pietro aveva intuito un giro di droga e di armi all’ortomercato di Milano, uno dei più grandi centri di smistamento in Italia. Suo padre ne aveva probabilmente parlato con qualcuno, una persona di cui però non si è mai saputo il nome, una fonte che avrebbe tra l’altro dovuto incontrare uno degli inquirenti nei giorni a venire a Milano a proposito delle indagini sui traffici di stupefacenti. Oggi di quel nome non si sa nulla. Si ipotizza, quindi, che all’epoca chi guidava le indagini fosse tutt’altro che interessato a far emergere la verità.
Dal fascicolo è emerso, inoltre, che Pietro aveva avuto un diverbio a proposito di una postazione al mercato con Gaetano Suraci (oggi deceduto), uno dei primi a essere accusato di sequestri di persona nella Milano degli anni Novanta e legato alle famiglie della ‘Ndrangheta come i Papalia, i Morabito, i Barbaro.
Recentemente si è parlato di una possibile intercettazione che potesse far luce sul caso di Pietro Sanua. Tuttavia accertamenti successivi avrebbero attestato che la persona di cui si parla nelle telefonata, un fruttivendolo ammazzato negli anni Novanta a Milano, non sarebbe Pietro, ma un altro commerciante ucciso nello stesso periodo e appartenente alla malavita dell’epoca.
Il vero passo in avanti lo costituiscono le dichiarazioni del capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, la procuratrice Alessandra Dolci, la quale ha confermato che quello di Pietro Sanua è stato un omicidio di mafia.
Alla ricerca della verità
Dopo la morte di Pietro, Franca, la mamma di Lorenzo è diventata molto protettiva nei suoi confronti. Per un periodo hanno anche lavorato assieme, ma è durato poco, solo tre anni. Lorenzo, infatti, era cambiato dopo l’accaduto. Diventato più nervoso, a volte risultava quasi antipatico agli occhi del pubblico.
La mamma Franca ha sempre lasciato che fosse Lorenzo a occuparsi delle indagini: spera tuttora che qualcuno bussi alla sua porta e racconti la verità, ben diverso è invece il punto di vista del figlio, consapevole che la verità debba essere cercata.
Da qualche anno, Lorenzo porta in giro la storia di suo padre, un uomo dedito al proprio lavoro e alla famiglia. Quando parla di Pietro, con le sue parole ne sa raccontare tutto il suo altruismo e la sua determinazione e di come l’avessero reso una persona intraprendente, intenzionato davvero a fare del bene alla propria comunità, anche laddove le istituzioni non erano in grado di arrivare.
Lorenzo non ha ancora perso la speranza, consapevole, però, che fare commemorazione non basta nella lotta contro la mafia.
Fare antimafia significa anche esserci e conoscere il territorio. Significa confrontarsi con le persone e dialogare con le associazioni, le piccole realtà che tutti i giorni si occupano di giustizia e legalità. Significa per esempio riuscire ad assegnare i beni confiscati e non lasciarli deperire. I mezzi e gli strumenti ci sono, ma spesso manca un dialogo diretto con le istituzioni.
[Per la realizzazione di questo articolo si ringrazia Lorenzo Sanua]
© Riproduzione riservata