- L’Austria si è dimostrata una buona squadra di Bundesliga e questo le è bastato per mettere in grandi difficoltà l’Italia, che durante i 90 minuti regolamentari ha potuto contare su un solo protagonista assoluto: il Var.
- Trovandosi in una situazione inedita la squadra ha messo in mostra qualità temperamentali indispensabili per andare avanti in una fase finale di torneo per nazioni. E ha anche scoperto il favore della buona sorte.
- Spicca la storia di Matteo Pessina, il centrocampista dell’Atalanta che era stato rimandato a casa dopo raduno pre-Europei e che dopo essere stato richiamato ha già segnato due gol.
Dopo i 120 minuti di Wembley abbiamo da darvi una grande notizia: siamo tornati italiani. Sì, italiani da pallone. Con quelle caratteristiche tattiche, tecniche, di mentalità e apotropaiche (che in lingua “parla come mangi” sta per “culo sfacciato”) che sono da sempre le nostre carte vincenti. Avremmo pure voluto mettere il punto esclamativo dopo «siamo tornati italiani» ma è scattata l'autocensura. Siamo Domani, mica La Notte – sì, vabbè, battuta penosa – e abbiamo da mantenere l'understatement che sennò il direttore è capace di chiamare in piena domenica. Dunque ci si limita a spiegare la cosa e a illustrare il motivo per cui, da qui in poi, la nazionale di Roberto Mancini può davvero vincere gli Europei.
Altro che 90 a 10
Era evidente che alla vigilia il tecnico tedesco della nazionale austriaca, Franco Foda, avesse teso la trappola dialettica. Dicendo che il pronostico pendesse al 90 per cento dalla parte degli azzurri s'era messo l'anima in pace e piazzato i suoi nel territorio di quelli che non hanno nulla da perdere. Goleada a parte, qualsiasi esito del campo sarebbe stato accolto con favore.
Ma dopo i 120 minuti di Wembley non sappiamo mica se la pensi ancora così. Perché fra le due squadre in campo quella che ha giocato a calcio è stata l'Austria con la muta dell'Arsenal (ciò che alla vigilia era il vero dubbio su cui arrovellarsi). Il secondo tempo è stato a tratti imbarazzante, di quelli dove tirare a campare è la principale ipotesi di lavoro. Gli azzurri lo hanno affrontato così, gli austriaci hanno mancato l’occasione irripetibile di batterli dopo 63 anni e volare verso una fase del torneo a loro sconosciuta.
Miglior azzurro in campo: il Var
In quei 45 minuti è salito alla ribalta il miglior protagonista per la squadra azzurra: il Var. Che prima ha cancellato il gol di Arnautovic per un fuorigioco di menisco e poi ha emendato un goffo fallo da rigore di Pessina su Lainer scovando un altro fuorigioco da feticisti del microscopio. In quel momento pareva che gli austriaci dovessero vincerla da un momento all'altro, ma erano anche i primi a sapere che approdando ai supplementari l'equilibrio tecnico e psicologico potesse cambiare. Durante i primi 90 minuti hanno dimostrato di essere una buona squadra di Bundesliga (il campionato in cui quasi tutti militano) che può dare fastidio a chiunque.
Contro questa buona squadra da Bundesliga la nazionale di Roberto Mancini ha perso subito contatto con quell'immagine di squadra dal gioco spumeggiante che le è stata associata come segno di un nuovo destino, per ritrovarsi a recitare la parte di una modesta compagine da parte destra della classifica di Serie A. Tempra, resistenza, abnegazione, vigore, quanti ne volete. Quanto a tecnica e iniziativa, deve essere stato un giorno di ferie. Persino con degli imbarazzi di difesa che da una squadra capace di battere il record di inviolabilità non ci si sarebbe aspettati. E con un Bonucci che continua a chiudere il canto dell'inno di Mameli come se urlasse «Con le mani quando volete!» ma poi per lunghi tratti è parso spaurito davanti al corazziere Arnautovic.
Buoni segnali
Eppure, che ci crediate o no, sono tutti buoni segnali. Nei giorni scorsi avevamo detto che a questa nazionale serviva vincere una partita passando attraverso la sofferenza, magari anche con merito molto relativo. Perché il calcio è innanzitutto questo, mica soltanto qualità tecnica e impostazione tattica. È lo sport più drammatico che ci sia, dove bisogna essere capaci di attraversare le situazioni, di sopravvivere a esse. Ciò che è sempre stato il modo italiano di essere nel calcio. Bravi, tecnici, tattici, ma soprattutto adattivi.
Quest'ultima è la vera qualità dell'Italia calcistica, che diventa una killer app se associata a un'altra qualità. Quella che possiamo definire «fortuna con la C maiuscola». Da commissario tecnico della nazionale, Roberto Mancini sembra esserne dotato. E non è mica un disonore. Guardate l'ausilio del Var di ieri sera, ma soprattutto guardate il caso di Matteo Pessina. Il ragazzo che due anni fa si presentò al ritiro precampionato dell'Atalanta portando a spasso una borsa griffata Pornhub e che dopo il raduno pre-Europei era stato rimandato a casa perché gli era stato preferito Stefano Sensi. L'ennesimo infortunio dell’interista ha riportato Pessina dentro l'Europeo e il centrocampista atalantino ne ha approfittato per segnare fin qui due gol. I grandi tornei per nazionali si vincono anche così, con certe botte che non vanno mai disprezzate.
© Riproduzione riservata