Gente fredda, i tedeschi, o almeno così dicono. Fredda e distaccata, proprio com’era parsa la Nationalmannschaft dopo avere trionfato nel Mondiale del 2014, ultimo indirizzo conosciuto di una Germania che, calcisticamente, era proverbialmente quella capace di arrivare fino in fondo e vincere, o giù di lì.

Poi l’ha perduta, questa caratteristica, proprio mentre perdeva il ruolo di locomotiva fra le economie avanzate europee. Calcio e politica di pari passo, e, se magari si è trattato di una coincidenza, tale non è stata la scelta di ricreare lo spirito della nuova Germania, intesa come selezione nazionale, nella Germania profonda, intesa dal punto di vista geografico e degli istinti elettorali.

Così, prima dell’inizio dell’Europeo, la Dfb, la federcalcio tedesca, ha deciso di privilegiare la prossimità al marketing e di svolgere la prima settimana di ritiro non nel centro tecnico dell’Adidas, dove si allena in questi giorni, ma a Blankenhain, in Turingia. Ed è talmente lontana dai circuiti che contano, Blankenhain, che il direttore generale della nazionale, Rudi Völler, ha candidamente ammesso di avere sbagliato strada, la prima volta, perché sul navigatore ne comparivano due diverse.

Nel bacino di AfD

Ora, Turingia significa Germania orientale, quella che un tempo è stata Ddr e, da anni ormai, è un pescoso bacino elettorale per l’estrema destra, dove i muri parlano la lingua dei simboli neonazisti, dove essere fuori dal giro giusto è una condizione quotidiana, anche nel calcio, considerando che nell’area non ci sono squadre di Bundesliga e la regione non è toccata da alcuno degli eventi collaterali di Euro 2024. E dove AfD supera abbondantemente il 25 per cento: alle ultime Europee, in Turingia, ha aumentato di nove punti percentuali il proprio risultato del 2019, ma non ha sfondato il muro del 30 per cento, ed è rimasto il secondo partito dietro la Cdu, sorprendendo più di un osservatore.

Forse c’entrano anche Nagelsmann, Tah, Musiala, Müller e Sané. Sembra esserne convinto Michael Bartsch, giornalista e intellettuale nato a Brema che la scorsa settimana, in un divertente e illuminante corsivo su Der Freitag, ha intravisto nella nazionale il potenziale di «salvare la democrazia».

Dopo avere notato che il ritiro in Turingia ha esattamente avuto il potere di avvicinare la squadra – che comunque è considerata un’istituzione – ai tifosi, come in effetti hanno dimostrato sessioni di allenamento assai partecipate (una, allo stadio di Jena, al cospetto di 15mila persone), e che i territori sotto shock umorale ed economico finiscono per votare i partiti che vivono sul malcontento, Bartsch si è lanciato in un accorato appello a Gündoğan e compagni. Siccome a settembre in Turingia (come anche nel Brandeburgo e in Sassonia) ci saranno le elezioni regionali, «per salvare la democrazia», ha scritto, «per la squadra ogni mezzo è giusto. Inchiodare gli avversari al campo, bere segretamente una pozione magica, mettere tutti i portieri tra i pali, in modo che nessun tedesco sul divano cada di nuovo in depressione quando subisce un gol.

Voi calciatori tra i piedi non solo avete la palla, ma anche la responsabilità di impedire una rivolta popolare disfattista alle urne!» Niente meno. Il tono del corsivo è giocoso, eppure Bartsch non sembra andare troppo lontano dalla realtà. In effetti nel 2006 – quando la Germania organizzò la Coppa del Mondo – l’Istituto federale per le scienze dello sport pubblicò uno studio nel quale, chiedendosi se le vittorie e le sconfitte della nazionale di calcio tedesca agli Europei e ai Mondiali modificassero i flussi elettorali, concluse che esistesse una connessione capace di andare oltre gli aspetti puramente aneddotici.

Tra questi ultimi, al momento, c’è il mancato cappotto di AfD in Turingia, che andrà confermato a settembre. Intanto, però, l’onda lunga del ritiro di Blankenhain, dove i calciatori erano assieme alle famiglie, il gruppone nazionale ha quotidianamente dispensato sorrisi, autografi e selfie, e un gruppetto (Deniz Undav e gli aggregati Under 21 Rocco Reitz e Brajan Grunda) ha visitato alcune scuole restando poi a dialogare a lungo con i ragazzi, si fonde con l’euforia delle prime due vittorie. La Germania è unita. E, partendo dalla Turingia, può salvare la nazione.

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