A Roma Michele Senese, detto ‘o pazzo, è diventato un re del crimine grazie all’impunità di cui ha goduto. Dal 2013 è in carcere per omicidio e il clan si è riorganizzato: gambizzazioni, omicidi, estorsioni e il grande business del traffico di stupefacenti
- Michele Senese, a Roma, è uno dei re del narcotraffico. Gli affiliati lo definiscono «Capo indiscusso della malavita romana», «il capo di Roma!», «il boss della Camorra romana! Comanda tutto lui!»
- Il comando provinciale dei carabinieri di Roma ha arrestato 28 persone, 84 sono gli indagati, in una inchiesta della Procura di Roma. «A lui si rivolgono con deferenza per riferire circa il loro operato», scrive il giudice Luigi Balestrieri nell'ordinanza che dispone gli arresti
- Senese è nato nel 1957, di anni ne ha 63. Senese è re da almeno tre decenni e il problema, a Roma, è proprio questo. Quanto tempo resta un boss libero nella capitale? Senese ha visto poco o niente il carcere fino al 2013, quando finisce dentro per omicidio, perché si fingeva pazzo.
Michele Senese, a Roma, è uno dei re del narcotraffico. Gli affiliati lo definiscono «Capo indiscusso della malavita romana», «il capo di Roma!», «il boss della Camorra romana! Comanda tutto lui!». Frasi che emergono da alcune conversazioni intercettate nell'ambito dell'indagine dei carabinieri del Comando provinciale di Roma che hanno portato oggi a 28 arresti, 84 sono gli indagati, in una inchiesta della Procura di Roma. Gli affiliati mostrano devozione nei suoi confronti. «A lui si rivolgono con deferenza per riferire circa il loro operato, per ottenere interventi finalizzati a dirimere controversie con altri malavitosi, per ottenere autorizzazioni ad assumere iniziative di varia natura e a lui forniscono somme di denaro chiaramente provento di delitto», scrive il giudice Luigi Balestrieri nell'ordinanza che dispone gli arresti.
Michele Senese è già in carcere per omicidio, ora viene raggiunto da questa nuova ordinanza di misura cautelare. Senese, originario di Afragola, è nato nel 1957, di anni ne ha 63. Senese è re da almeno tre decenni e il problema, a Roma, è proprio questo. Quanto tempo può restare un boss libero? Senese ha visto poco o niente il carcere fino al 2013 quando finisce dentro per omicidio. Quando entrava in carcere si fingeva pazzo e usciva, così è diventato re. ‘O pazzo usava la follia, la malattia psichica come strumento per evadere dalle patrie galere a norma di legge. Da anni grazie a perizie mediche ha evitato la detenzione, scontando in ospedali giudiziari e cliniche la sua pena oppure evitando il processo perché lui è ‘o pazzo. Così è cresciuto non solo il suo potere, ma anche l’aura di inafferrabile, di impunito.
Dal 2013 il clan si riorganizza. Estorsioni, omicidi, gambizzazioni, ma tutto gira attorno al grande affare: il traffico internazionale di stupefacenti, il vero business di Senese. Il gruppo Senese si compone di diversi uomini di vertice oltre al boss in carcere, a partire dai familiari, come la moglie Raffaella Gaglione che svolge un ruolo di organizzatrice. C'era chi supportava la rete del narcotraffico e del recupero crediti come Ugo e Domenico Di Giovanni, Maurizio Cannone, Giandavide De Pau; c'era chi si occupava degli investimenti dei soldi sporchi nell'economia legale come Gabriele Cipolloni, Pasquale De Martino, Roberto Macori; c'era chi 'governava' per conto del clan il traffico di stupefacenti a Tor Bella Monaca, come Manolo Monterisi. Il clan Senese, con base territoriale a Roma sud, ha avuto la capacità di diventare un clan romano, con un'organizzazione federata, ma gruppi autonomi mantenendo l'impronta camorristica. Questo li ha resi potenti e impuniti.
Questa identità criminale composita è chiarita in un'intercettazione, contenuta nella misura cautelare, che registra la conversazione in carcere tra Luigi Esposito, detto Gigino 'a nacchella, legato al clan camorristico Licciardi, e il figlio Luigi. «I romani sai perché non fanno mai (le associazioni a delinquere di stampo mafioso, ndr) loro sono a gruppo, però fanno tutto, poi stoppano (….) invece noi teniamo la mentalità che noi dobbiamo fare il malavitoso (…) se voi state là, no? Dovete fare il romano», dice il boss al figlio.
Federati in un cartello, ma autonomi per evitare la contestazione del reato associativo mafioso. Il clan Senese vive 5 fasi, la prima risalente al 2008, l'ultima più recente quando il capo, Michele Senese, finisce in carcere dal giugno 2013 per l'omicidio di Giuseppe Carlino. Senese non ha mai smesso di occuparsi della compravendita della droga, dell'assistenza economica agli affiliati, del riciclaggio di denaro sporco, di estorsione e controversie tra gruppi criminali. L'organizzazione poteva fare affidamento sull'aiuto anche di un maresciallo dell'arma dei carabinieri, Antonio Stavolone, indagato perché, in cambio della promessa di prestazioni sessuali, accedeva nel sistema a disposizione delle forze dell'ordine per cercare notizie su soggetti su richiesta di uno degli arrestati, Antonio Pizzuto, uomo di fiducia di Domenico Di Giovanni. Nell'inchiesta figurano decine di indagati per spaccio di stupefacenti, l'attività preminente del cartello criminale, ma emergono rapporti strutturati con il clan Casamonica, in particolare con il narcos Salvatore, e anche con il gruppo riconducibile a Fabrizio Piscitelli, noto come "Diabolik", capo ultrà della Lazio, ucciso in un agguato a Roma il 7 agosto 2019, «quale soggetto deputato alla commercializzazione della sostanza stupefacente».
Lo stesso Piscitelli era indagato nell'indagine per aver ricevuto, insieme ad altri, un quantitativo di 158 chili di stupefacenti, così come indagato è un braccio destro di Diabolik, Ettore Abramo, che, insieme a un altro soggetto non identificato, di chilogrammi ne ha ricevuti 100, mai sequestrati. Tra gli indagati Pasquale De Martino che si era occupato, nel 2009, di nascondere a Trastevere il boss di camorra Giuseppe Sarno. Tutti devoti, vicini, contigui a Michele 'o pazzo. Senese era per tutti lo zio, «Quanto gli voglio bene», dice un affiliato. Gianluca Orsini, criminale oggi pentito, lo racconta così: «Arrivò con due moto, due guardaspalle, tutti e due sicuramente armati, un altro che portava la macchina..,vennero in sei, sette. Arrivò e conobbi, conobbi Michele Senese».
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