- Un altro caso di caporalato attorno a una grande azienda del Nord Italia, scoperto grazie alle denunce dei sindacati di base.
- Il tribunale ha nominato un amministratore giudiziario per controllare i fornitori della Spreafico, colosso dell’ortofrutta del lecchese, nata negli anni Cinquanta e diventata una società dal fatturato milionario,
- Oltre allo sfruttamento dei lavoratori, la procura di Milano contesta un giro di false fatture. Domani ha scoperto che uno dei titolari delle srl che lavora con la società da almeno un decennio crea società fittizie.
Un altro caso di caporalato, di sfruttamento dei lavoratori, per lo più stranieri. Dopo l’indagine su Grafica Veneta, ieri è stato nominato un amministratore giudiziario per fare luce su due fornitori di una grande azienda del nord Italia, la Spreafico, colosso dell’ortofrutta del lecchese, nata negli anni Cinquanta e oggi società dal fatturato milionario. La guardia di finanza di Lecco, coordinata dal pubblico ministero Paolo Storari, ha anche effettuato un sequestro preventivo nei confronti della società per un controvalore di tre milioni di euro.
L’azienda ieri sera ha diramato un comunicato in cui spiega di aver ricevuto dal tribunale di Milano «una notifica in cui si rendeva noto che in seguito ad un'inchiesta per caporalato a carico degli esponenti delle cooperative Consorzio Lavoro Più e Consorzio Servizi Integrati, ex fornitori di logistica della nostra società, è stato nominato un amministratore giudiziario che avrà il compito di verificare i rapporti con le società di logistica che collaborano con il nostro gruppo». L’azienda ha dichiarato anche di essere certa riconosciuto il suo corretto operato.
Le indagini
Secondo le indagini della procura di Milano, che ha raccolto le denunce dei sindacati di base, lo schema di caporalato era perpetrato attraverso il reclutamento e lo sfruttamento di «manodopera straniera in stato di bisogno, priva di specializzazione e sottopagata» ed era utilizzato anche per evadere l’Iva, attraverso l’emissione e annotazione di fatture false, con conseguenti benefici fiscali sia per la committente principale, sia per le società cooperative che si alternavano nel tempo.
La Spreafico, avviata da Francesco Spreafico insieme ai fratelli Carlo e Ferdinando, è ora gestita dai nipoti Raffaele, Simone, Cesare e Mauro. Vanta otto stabilimenti, ognuno dei quali ha ricevuto una certificazione di qualità, e 12 aziende agricole. Luca Esestime, sindacalista dei Si Cobas, dice che prima che arrivasse il sindacato i lavoratori che avevano un contratto part time facevano molte più ore di quelle dichiarate, ricevendo la maggior parte dei pagamenti in nero. «Il nostro intervento», afferma il sindacalista, «ha portato a una maggiore regolarizzazione, ma vanno conciliate ancora le spese delle cooperative che si sono susseguite negli anni». Spreafico, infatti, ha una costante: prendere i lavoratori in appalto dalle cooperative prima e dalle srl poi. Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che – in base a quanto verificato da Domani – si tratta di imprese che presentano le caratteristiche delle società fittizie. E infatti la procura sta lavorando da mesi per accertare se la responsabilità dei mancati pagamenti degli operai sia riconducibile direttamente alla committente. Giorgio Basaltella, l’avvocato che sta seguendo la causa, spiega che il processo in corso riguarda l’evasione del pagamento agli operai, relativo ai Tfr, ai permessi e alle ferie non percepite, da parte di cooperative che non esistono più. Sono fatti che risalgono a più di due anni fa. A luglio, Spreafico aveva chiesto il rinvio di una udienza al tribunale di Milano, assicurando di avviare una trattativa con il sindacato di base e i lavoratori. I vertici dell’azienda ortofrutticola avevano avanzato la proposta di accordarsi per un 20 per cento della quota prevista. «Noi abbiamo rifiutato, eravamo disposti ad accettare da un 40 per cento a salire», dice Esestime.
Dalle coop alle srl
Oltre alle due cooperative che hanno portato alla nomina dell’amministratore straordinario, i Si Cobas hanno denunciato anche i casi della Pullog srl e We Logi srl, quest’ultima attualmente in appalto con l’azienda. We Logi, esercente nel settore di pulizia e facchinaggio, è stata costituita il 10 febbraio 2021 e a distanza di due mesi, il primo aprile, ha affittato il ramo d’azienda della Pullog, acquisendone tutto il personale e conservando l’appalto con Spreafico. Dopo 15 giorni dall’insediamento di We Logi in azienda, il 15 aprile, Pullog dichiara fallimento, «una sorpresa per tutti», dice Esestime, lasciando inoltre inevaso il pagamento delle ferie e parte del Tfr agli operai. Per questo motivo, il Si Cobas ha presentato una diffida chiedendo il riconoscimento dei pagamenti a We Logi, che aveva di fatto ereditato, insieme ai dipendenti, tutti i pagamenti inevasi a carico di Pullog. La srl, in un primo momento ha negato la responsabilità dei mancati pagamenti, ma a fine luglio, dopo che il sindacato di base e i lavoratori hanno minacciato di andare in sciopero, ha accettato di caricare tutte le ferie residue maturate da Pullog.
Bighetti de Flogny
Domani ha scoperto che la Pullog ha chiuso due anni dopo la sua costituzione. Il titolare della srl risulta essere un cittadino francese, Philippe Bighetti de Flogny, il quale sembra essere solito aprire e chiudere imprese in cui investe poche centinaia di euro. Bighetti, infatti, ha cancellato un’altra srl, la Pbf, nel 2017, per poi costituire la Pullog nel 2019 e chiuderla dopo due anni. Entrambe avevano la sede legale a Torino, stesso indirizzo e numero civico. Un’attività cui Bighetti sembra solito seguire da oltre un decennio, quando risultava amministratore delegato di un’impresa immobiliare, poi ceduta alla signora Patrizia Bechis. L’impresa in questione, però, ha la sede legale in mezzo al nulla, fra casolari abbandonati ai margini di Torino e a due passi dal lago Bechis. We Logi, invece, è nata con un capitale sociale dichiarato di 10mila euro, ma finora i proprietari, Francesco Marcotulli e Mauro Mazzotta, hanno versato soltanto 2.500 euro. Luca Esestime conferma di aver visto spesso Marcotulli, «molto giovane (classe 1990), si occupa lui di tutto». Attualmente, in appalto con We Logi, c’è anche un’altra azienda, la Logitec, che si spartisce con We Logi il lavoro da svolgere. In Spreafico, infatti, il lavoro è quasi stagionale, in base alla disponibilità della frutta da pulire, tagliare e poi distribuire. I comparti affidati alla Logitec, secondo quanto riporta Esestime, richiedono un elevato numero di ore lavorative, quindi serve implementare il personale, mentre il settore affidato a WeLogi, quello delle banane, è stato internalizzato da Spreafico e automatizzato con il ricorso a un macchinario. Gli altri lavoratori sono costretti ad accedere alla cassa integrazione, almeno finché sarà possibile, poi il rischio è di arrivare agli esuberi. «Noi abbiamo chiesto di scegliere un solo fornitore, perché durante l’anno c’è un incremento e decremento della produzione interna, così si fanno ruotare i lavoratori e tutti guadagnano una giusta cifra», afferma Esestime. Ma perché un’azienda come la Spreafico si affiderebbe a srl fittizie? Domani ha chiesto ai dirigenti se sono a conoscenza di questa situazione, chiedendo spiegazioni in merito, ma da Spreafico si sono limitati a fornire risposte evasive, facendo sapere che «gli argomenti citati sono tenuti nella massima considerazione, anche con approfondimenti, tanto interni quanto con le parti sindacali».
Ora la procura ipotizza che l’azienda non abbia evaso solo le domande.
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