Il Dicastero per la dottrina della fede ha dichiarato la scomunica latae sententiae per monsignor Carlo Maria Viganò, l'ex nunzio negli Stati Uniti accusato e ora riconosciuto colpevole di scisma. La scomunica è stata comminata d'ufficio (Viganò non si è mai presentato in aula) per avere abbandonato la comunione col Vescovo di Roma e la chiesa cattolica.

«In data 4 luglio - ricorda l'ex S. Uffizio - il Congresso del Dicastero per la dottrina della fede si è riunito per concludere il processo penale extragiudiziale a carico di monsignor Carlo Maria Viganò, arcivescovo titolare di Ulpiana, accusato del delitto riservato di scisma. Sono note le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell'autorità magisteriale del Concilio ecumenico Vaticano II».

«All’esito del processo penale - scrive il dicastero presieduto dal cardinale Victor Manuel Fernandez - monsignor Carlo Maria Viganò è stato riconosciuto colpevole del delitto riservato di scisma. Il Dicastero ha dichiarato la scomunica latae sententiae. La rimozione della censura in questi casi è riservata alla Sede Apostolica. Questa decisione è stata comunicata a Viganò in data 5 luglio».

A Viganò non sarà più consentito celebrare la messa e gli altri sacramenti, ricevere i sacramenti, esercitare uffici o incarichi o ministeri o funzioni ecclesiastici o porre atti di governo.

Il senso della scomunica - sottolineano i media vaticani - è quello di essere una pena medicinale che invita al ravvedimento, quindi si resta sempre in attesa di un ritorno della persona alla comunione». 

Cosa ha fatto Viganò

L’accusa rivolta all’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti è tra le più gravi. Il canone 1364 del diritto canonico recita: «L’apostata, l’eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae». Il processo aperto dal Vaticano, ampiamente previsto, è un procedimento penale extragiudiziale.

Da anni Viganò attacca papa Francesco nelle sue dichiarazioni pubbliche, negando la sua legittimità. Non solo: si è espresso contro i princìpi del Concilio Vaticano II, definito «il cancro ideologico, teologico, morale e liturgico di cui la bergogliana “chiesa sinodale” è necessaria metastasi».

Nell’agosto del 2018 era arrivato a chiedere le dimissioni di Bergoglio accusandolo di aver coperto, con il silenzio, il cardinale americano Theodore McCarrick, accusato di aver molestato sessualmente un 18enne nel 1977.

A queste vicende è seguita una deriva di Viganò anche verso posizioni negazioniste sull’epidemia del 2020, tanto da aver avuto anche la parola nelle manifestazioni organizzate in Italia dai no-vax. In seguito, con toni esaltati e complottisti, l’arcivescovo ha appoggiato Donald Trump e attaccato Joe Biden, denunciando in ripetute occasioni un progetto massonico di dominio del mondo.

Dopo la vittoria di Giorgia Meloni alle elezioni italiane commentò: «Possiamo ragionevolmente pensare che la prossima Presidente del Consiglio vorrà rivedere le proprie posizioni filoatlantiste e europeiste, tornando ad assumere quel ruolo di vera alternativa di Destra all’egemonia dell’ordoliberismo e della sinistra».

Fino alla diffusione all’inizio del 2024 di notizie, non accertate ma nemmeno smentite, di una sua nuova ordinazione come vescovo da parte di un prelato reazionario e filonazista scomunicato.

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