- Nella Sicilia che si prepara alle elezioni regionali con il ritorno dei vecchi dinosauri, c’è qualcosa che non tramonta mai, una costante che unifica il paese: la piaga della corruzione.
- L’ultimo caso è stato scoperto dalla guardia di Finanza di Catania che ha arrestato in flagranza di reato,Carmelo Mignosa, primario di cardiochirurgia del policlinico universitario della città etnea.
- La procedura di nomina di Mignosa era stata fortemente contestata da due consiglieri regionali del Pd che avevano presentato, lo scorso settembre, una interrogazione rivolta all’assessore alla sanità Ruggero Razza, fedelissimo del governatore Nello Musumeci.
Nella Sicilia che si prepara alle elezioni regionali con il ritorno dei vecchi dinosauri, c’è qualcosa che non tramonta mai, una costante che unifica il paese: la piaga della corruzione. L’ultimo caso è stato scoperto dalla guardia di finanza di Catania che ha arrestato in flagranza di reato, Carmelo Mignosa, primario di cardiochirurgia del policlinico universitario della città etnea.
Ai domiciliari è finito anche Valerio Fabiano, rappresentante legale di una società di prodotti medicali con sede nella provincia etnea, per l’ipotesi di corruzione per l'esercizio delle funzioni o dei poteri conferiti.
La gara da 17 milioni di euro
Le fiamme gialle hanno monitorato una gara d’appalto per la fornitura di materiale specialistico di cardiochirurgia per un importo complessivo di circa 17 milioni di euro che vedeva come presidente della commissione tecnica proprio Carmelo Mignosa.
Dal momento dell’indizione della stessa, il primario ha cominciato a intrattenere rapporti con alcuni imprenditori, tutti interessati all’aggiudicazione di uno o più lotti della predetta gara d’appalto, tra cui Fabiano. I militari hanno scoperto le condotte corruttive piazzando una telecamera nello studio del primario documentando in tempo reale che, nel corso di un incontro tra i due, l’imprenditore, utilizzando particolari accorgimenti e cautele, ha lasciato una busta, contenente denaro contante, poco dopo riposta dal dirigente sanitario nel proprio zaino.
L’inchiesta ha consentito di scoprire diverse provviste di denaro in contanti a casa di Mignosa, in particolare 2 mila euro all’interno della busta recuperata dallo zaino, nonché ulteriori 21.400 euro nell’appartamento. Somme che sono state sottoposte a sequestro in quanto ritenute «utilità connesse a precedenti dazioni per i medesimi scopi illeciti», si legge nel comunicato della procura di Catania, guidata da Carmelo Zuccaro.
Il giudice Carla Aurora Valenti ha disposto i domiciliari per entrambi. Subito dopo il fermo, poi convalidato, gli indagati hanno confessato. «Carmelo Mignosa ammetteva che, dopo la consegna della somma di denaro, essendo suo compito indicare quali prodotti servivano e quali no, avrebbe aumentato l’utilizzo dei prodotti della ditta del Fabiano, purché, comunque, fossero necessari per le esigenze operatorie», si legge nell’ordinanza. L’inchiesta è destinata ad allargarsi visto che Mignosa ha indicato altri imprenditori ‘generosi’ con lui, corruttori del primario nominato pochi mesi fa.
Proprio la procedura di nomina di Mignosa era stata fortemente contestata da due consiglieri regionali del Pd che avevano presentato, lo scorso settembre, una interrogazione rivolta all’assessore alla sanità Ruggero Razza, fedelissimo del governatore Nello Musumeci.
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