Dalla camorra a Matteo Messina Denaro, dai colletti bianchi complici alle latitanze dorate. Sono alcune delle indagini condotte dal tenente della guardia di Finanza, Pasquale Striano, indagato dalla procura di Perugia per accesso abusivo ai sistemi informatici
Il clan dei Casalesi, la camorra dei Moccia, gli amici imprenditori di Matteo Messina Denaro, ma anche la fuga di Marcello Dell’Utri in Libano, il senatore forzista e amico di Berlusconi condannato per collusione con la mafia. Sono alcune delle indagini alle quali ha lavorato il tenente della guardia di Finanza, Pasquale Striano, indagato dalla procura di Perugia per accesso abusivo ai sistemi informatici.
Appaiono impropri i paralleli che hanno assimilato l'investigatore a infedeli servitori dello stato, spacciatori di informazioni nei corridoi delle procure italiane. Se c'è stata violazione o illecito lo accerteranno i giudici, l’indagine è seguita direttamente dal procuratore Raffaele Cantone dopo che i magistrati romani hanno trasmesso il fascicolo alla procura umbra.
Le indagini iniziali, avviate dopo una denuncia del ministro Guido Crosetto, hanno individuato il finanziere come autore di alcuni accessi a banche dati pubbliche, che secondo i pubblici ministeri potrebbero essere non leciti. Il militare era distaccato alla sezione della direzione nazionale antimafia che si occupava delle operazioni finanziare sospette individuate dagli istituti di credito, quindi segnalate alla Banca d'Italia.
Segnalazioni che poi vengono girate alla procura antimafia e al Nucleo di polizia valutaria della guardia di finanza, prima di confluire in banche dati per essere vagliate.
Sentito dai magistrati umbri convinti che esistano nell’antimafia delle “mele marce” che travalicavano in maniera illecita i limiti del loro lavoro, il militare ha rivendicato la piena correttezza del suo operato. Ribadendo il mandato ricevuto dal suo ufficio alla direzione nazionale antimafia: agire d'impulso sulla base anche di iniziativa personale.
Spesso ha incrociato i nomi di potenti e intoccabili, i quali si trovavano in affari con loschi figuri dai quali partivano le sue investigazioni. Ora sotto indagine finisce lui, i pm vogliono capire la regolarità di quegli accessi, l’utilizzo degli stessi e delle informazioni disponibili. La procura di Perugia ha già sentito diversi testimoni e conta di chiudere presto gli approfondimenti.
Le indagini
L'investigatore reietto si è occupato di Matteo Messina Denaro, di imprenditori e politici vicini al padrino di Cosa nostra. Ha firmato le indagini che hanno portato al sequestro di un miliardo di euro a Vito Nicastri, il re dell'eolico, vicenda citata dai giornali internazionali nel giorno dell'arresto della primula rossa.
È stato tra i nemici numero uno del clan più potente e rappresentativo della malavita napoletana, i signori della camorra, i Moccia con base a Roma. Ha contribuito alle inchieste per riportarli in carcere e sequestrargli i beni, dopo che avevano banchettato con politica e imprenditori. La mafia, la camorra e la 'ndrangheta, anche lì ha messo il naso il militare, spesso i livelli criminali si incrociavano con uomini politici e dell’imprenditoria.
In Emilia-Romagna, dove la ‘ndrangheta aveva messo mani e piedi nell’economia, si è occupato di misure di prevenzione, come azzerare le mafie spogliandole delle risorse e delle imprese. Un gruppo di lavoro guidato da Omar Pace, stimato colonnello della Finanza, che si è tolto la vita l’11 aprile del 2016 nel suo ufficio alla Dia, dove era distaccato. Una morte avvolta ancora nel mistero e con troppe domande senza risposta.
Striano ha investigato poi sulla latitanza di Marcello Dell’Utri, irreperibile dopo che la corte di Cassazione lo aveva condannato a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Il braccio destro di Silvio Berlusconi venne trovato in un lussuoso albergo di Beirut, in Libano, e successivamente estradato.
Così come Striano ha partecipato alle indagini, sentito anche nel processo, sul presunto contributo offerto dall’ex ministro Claudio Scajola (condannato in primo grado) alla latitanza di un altro forzista, Amedeo Matacena. È in corso l’appello. Una vita in trincea, ma ora per il segugio si apre un altro fronte che lo vede dall’altra parte della barricata.
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