C’è molta amarezza negli uffici di via Giulia, la sede della procura nazionale antimafia e antiterrorismo, l’ufficio guidato da Giovanni Melillo. Amarezza e disorientamento per la decisione del ministro della giustizia Carlo Nordio di prorogare il 41 bis all’anarchico Alfredo CospitoAlfredo Cospito, in sciopero della fame da oltre cento giorni per protestare contro il regime di carcere duro cui è sottoposto da maggio 2022.

La procura nazionale ha elaborato un parere dettagliato sulla pericolosità di Cospito suggerendo tuttavia la possibilità al ministro di riportarlo nel circuito dell’alta sicurezza, mantenendo misure adeguate sul controllo delle comunicazioni con l’esterno. In sintesi, l’ufficio di Melillo, non ha chiesto alcuna proroga del 41 bis. Ed è un parere che vale doppio, perché la procura nazionale, ha ascoltato sia le forze dell’ordine impegnate nel contrasto al terrorismo sia la direzione distrettuale antimafia di Torino, procura sul territorio e in diretto coordinamento con quella nazionale di via Giulia. Posizione diversa è stata invece inviata a Nordio dalla procura generale del capoluogo piemontese, molto netta nel dire che il 41 bis è ancora necessario per limitare l’azione di Cospito, condannato per la gambizzazione del manager di Ansaldo Nuclerare e per altri reati. 

«Non ricordo un precedente in cui il parere della procura nazionale sul carcere duro non sia stato tenuto in conto, altrettanto curioso che la valutazione della procura generale sia tenuta in considerazione più di quella della procura nazionale», dice un’autorevole fonte dell’Antimafia e antiterrorismo. Naturalmente al ministero la pensano diversamente ritenendo entrambi i pareri necessari per una valutazione complessiva. Di certo però dovrebbe avere valore più di altri quello espresso dalla massima autorità in materia. In questo senso è anomalo che nelle nove pagine con cui Nordio conferma il 41 bis per Cospito non c’è traccia dell’analisi della procura nazionale, quasi che non esistesse. È citata, invece, espressamente la procura generale di Torino: «La completa ricostruzione degli atti di violenza in continuità con gli insegnamenti di Cospito è contenuta nel parere della procura generale di Torino».

Nessuno dei magistrati della super procura per ora vuole parlare. «Hanno troppo rispetto per le istituzioni», commenta chi lavora al loro fianco. Non è escluso però che prossimamente da via Giulia arrivi una presa di posizione ufficiale. Anche perché i primi a essere esposti contro quello che il governo ha definito «pericolo anarchico» sono proprio i magistrati che lavorano tra queste mura, obiettivi indicati dai volantini dai gruppi anarchici al fianco di Alfredo Cospito, recluso in regime di 41 bis.

Antimafia isolata

La valutazione della procura nazionale inviata al ministro Nordio avrebbe dovuto suggere maggiore cautela: la procura di Melillo ha offerto al governo una via d’uscita straordinaria dal vicolo cieco in cui si era cacciato il governo Meloni. Ma ancora una volta ha pasticciato, preferendo il 41 bis all’alta sicurezza, il regime di grado appena inferiore suggerito dai magistrati di via Giulia. Così facendo Nordio e il governo, con una sequenza di dichiarazioni e atti, hanno ottenuto il risultato di esacerbare gli animi che popolano i presidi solidali con l’anarchico in un weekend di cortei e manifestazioni.  

Con l’antimafia Nordio ha sempre dimostrato freddezza. Indizi di tale atteggiamento si rintracciano nelle parole pronunciate in aula all’indomani dell’arresto di Matteo Messina Denaro, l’occasione per attaccare i pm “ossessionati” dalla borghesia mafiosa, che vedono la mafia ovunque. Il caso Cospito e l’aver considerato il parere della super procura di Melillo al pari di un consiglio di terza categoria non è che un ulteriore indizio di questa avversione.

Il parere della super procura, composta da magistrati esperti con esperienze sul campo sia contro le cosche che contro terroristi di ogni risma, comprendeva anche la posizione della distrettuale antimafia di Torino, soggetta al coordinamento nazionale della prima. Uffici, dunque, molto esposti, e che nonostante tutto hanno mantenuto, in un momento così delicato, la lucidità di analizzare l’affaire Cospito e dire al ministro che il 41 bis non è l’unica misura possibile, anzi: Cospito, a parere loro, poteva rientrare nell’alta sicurezza con le misure adeguate di controllo delle comunicazione con l’esterno. L’uscita dal 41 bis avrebbe peraltro fermato i contatti con le organizzazioni mafiose e frenato il tentativo di queste ultime di usare il corpo dell’anarchico per legittimare la loro trentennale richiesta di abolizione del carcere duro. Curioso, poi, che alla diffusione di messaggi all’esterno da parte di Cospito abbiano contribuito gli stessi membri del governo leggendo pubblicamente nella aule parlamentari i colloqui in carcere dell’anarchico. 

Nordio non ha saputo sfruttare l’occasione. «Ha preferito appoggiarsi alla procura generale di Torino che non dava alternative al 41 bis», dice un’autorevole fonte dell’antimafia e antiterrorismo. La scelta di Nordio si è fondata su «ragioni politiche più che altro, non aveva possibilità di sconfessare il governo», continua la fonte.

Pericolosità

Il parere della procura nazionale sottolinea la pericolosità di Cospito, non la riduce affatto. Ma colloca l’anarchico in un movimento eversivo senza una vertice e senza capi. «Cospito non consegna ordini all’esterno, parla e rivendica, ma le azioni anarchiche non sono innescate da un suo ordine», spiega una fonte vicina al dossier. 

La scelta di Nordio può essere la miccia di disordini e guerriglia urbana? Difficile fare previsioni, qualificate fonti dell’antiterrorismo spiegano che non c’è un allarme diverso rispetto al solito, quantomeno nessun segnale di un salto di qualità rispetto alle azioni costanti portate avanti dai gruppi anarchici negli ultimi 15 anni: pacchi bomba alle ambasciate e alle caserme, sabotaggi alle linee elettriche e telefoniche. «Il loro modo di agire è identico dal 2003, l’anno in cui è nata la Fai, federazione anarchica informale, gli anarco insurrenzionalisti cui appartiene Cospito», dice chi si occupa di intelligence sul magmatico mondo anarchico

Lo scenario, però, è di quelli in perenne evoluzione. Potrebbe darsi che le rivolte scoppino solo dopo il verdetto della Cassazione, che il 24 febbraio dovrebbe decidere sul ricorso presentato dalla difesa di Cospito contro l'ordinanza del tribunale di sorveglianza di Roma che ha confermato il regime speciale per quattro anni. Oppure nel caso estremo in cui Cospito si lasci morire in carcere. 

«È un quadro abbastanza confuso, sarebbe necessario abbassare i toni, c’è stato un innalzamento dell’attenzione  per i magistrati della procura nazionale, che restano un obiettivo», spiegano fonti che monitorano l’evolversi della situazione. 

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