Con una nota congiunta Pd, M5s, +Europa, Iv e Avs hanno confermato la volontà di sfiduciare il ministro. A prendere le distanze solo Azione. Il generale libico è stato arrestato su mandato della Cpi, poi liberato e riportato in Libia con un volo di stato italiano
I partiti di opposizione presenteranno una mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Lo confermano in una nota congiunta Partito democratico, Movimento cinque stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva e +Europa, «in merito alla gravissima vicenda della liberazione e del rimpatrio con volo di Stato del torturatore libico Almasri». A prendere le distanze solo Azione: «Non è possibile che l'unica via per fare opposizione sia passare da una mozione di sfiducia all'altra. Ieri Santanchè oggi Nordio. Tutte peraltro completamente inutili», ha detto Carlo Calenda.
Il generale libico Osama Njeem Almasri, su cui pende un mandato di cattura della Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità, è stato arrestato dalla Digos lo scorso 19 gennaio a Torino. Due giorni dopo, però, Almasri si trovava su un volo di stato italiano di ritorno in Libia, dove lo attendeva una folla in festa. Quel giorno, mentre il ministro Nordio comunicava che stava valutando la trasmissione formale della richiesta della Cpi al procuratore generale di Roma per «il complesso carteggio», il Falcon 900 usato dai servizi era già partito da Ciampino in direzione Torino, per recuperare il capo della polizia giudiziaria di Tripoli e garantirgli il ritorno a casa.
Le accuse e la liberazione
Accusato di torture, stupri, uccisioni in Libia, il capo della polizia giudiziaria di Tripoli è uno dei vertici di primo piano della nota milizia della capitale libica chiamata Rada, creata per combattere il crimine organizzato e inglobata poi per arginare i flussi migratori. Nel 2021 Almasri è diventato poi il capo della prigione di Mitiga e ha iniziato supervisionare anche altre carceri come quelle di Heida, Ruwaimi e Ain Zara. Successivamente è diventato direttore della sezione Riforma e riabilitazione della polizia giudiziaria.
Molti migranti – passati per i centri di detenzione libici – hanno raccontato di omicidi e stupri commessi dalla milizia da lui guidata e addirittura hanno riferito di aver lavorato come schiavi per la costruzione della nuova pista dell’aeroporto di Mitiga, che sorge vicino alla prigione in cui erano detenuti e gestita proprio da Almasri.
Dall’inizio il governo ha giustificato il suo rilascio con un errore procedurale che, però, Nordio aveva il potere di sanare. Non lo ha fatto. Durante l’informativa in parlamento ha invece affermato che non ha dato seguito alla richiesta di arresto della Cpi perché il mandato era «pieno di inesattezze e contraddizioni» e «viziato fin dall’origine».
La vicenda ha creato non pochi attriti tra il governo italiano – già in uno scontro aperto con la magistratura interna – e la Cpi, verso la quale l’Italia ha un obbligo di cooperazione, oltre ad aver ospitato la firma del trattato istitutivo della Corte, nominato infatti Statuto di Roma.
Oggi pendono due processi sul caso Almasri: uno si trova al tribunale dei ministri, dopo un esposto presentato dall’avvocato Luigi Li Gotti per favoreggiamento e peculato, a carico della premier Giorgia Meloni, dei ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, e del sottosegretario Alfredo Mantovano; l’altro alla Cpi, che martedì ha aperto ufficialmente un fascicolo contro l’Italia per chiarire le responsabilità dello stato membro, ma non responsabilità individuali di persone fisiche. Solo dopo quest’ultima notizia, la linea concordata tra palazzo Chigi e via Arenula è quella di una distensione, un appeasment. Il ministero della Giustizia ha chiesto all’Aia di avviare consultazioni funzionali per una riflessione congiunta sulle criticità osservate nel caso Almasri.
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