La presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati «si è sempre battuta per me...non dimentico». Parola del magistrato Carlo Maria Capristo, travolto dell’inchiesta della procura di Potenza insieme all’avvocato Piero Amara e a un misterioso poliziotto, Filippo Paradiso, che ha lavorato a palazzo Madama proprio come collaboratore della presidente del Senato (oggi Paradiso collabora al Viminale con il sottosegretario grillino Carlo Sibilia).

La vicenda che ha portato Amara e il funzionario della polizia in carcere è basata su accuse di corruzione in atti giudiziari, nomine in procura e favori incrociati. La Casellati non è indagata, ma è più volte citata dai protagonisti dell’inchiesta (coordinata dal procuratore capo Francesco Curcio) come figura istituzionale di riferimento quando l’avvocata berlusconiana era componente laico del Consiglio superiore della magistratura.  

La cricca di Taranto

La Guardia di finanza e la Squadra mobile della polizia, coordinati dal procuratore Curcio, hanno eseguito stamattina cinque misure cautelari nei confronti di avvocati e magistrati. Al centro delle trecento pagine dell’ordinanza c’è proprio Amara, che nelle scorse settimane è già finito sulle prime pagine dei giornali per le sue dichiarazioni in merito alla presunta “loggia Ungheria”, una sorta di associazione segreta costituita da toghe, professionisti, industriali e vertici delle istituzioni dedita – a suo dire – a scambi di favori, affari e nomine nella magistratura.

I pm di Potenza però contestano all’ex legale dell’Eni fatti che con i verbali su “Ungheria” c’entrano marginalmente. L’accusa di Curcio è infatti quella di corruzione in atti giudiziari: Amara avrebbe “comprato” la funzione dell’allora procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo (anche lui sotto inchiesta e destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora) attraverso scambi di favori e piaceri. Paradiso, anche lui in carcere, è accusato di essere stato intermediario tra i due, mentre gli altri indagati eccellenti sono Nicola Nicoletti, consulente dei commissari Ilva e socio della società di revisione Pwc, e l’avvocato  Giacomo Ragno, fedelissimo di Capristo e principe del foro di Trani.

La vicenda nasce e si sviluppa in Puglia, attorno al disastro dell’industria siderurgica Ilva. Capristo, procuratore di Taranto fino al 2020, avrebbe garantito una serie di incarichi e prebende ad Amara e Paradiso. Capristo avrebbe agevolato i due, scrive il gip, «per ottenere vantaggi nella sua carriera professionale».

Nelle carte si legge che «tale interessamento sia di Amara che di Paradiso si manifestava in una incessante attività di raccomandazione, persuasione, sollecitazione svolta in favore di Capristo dai corruttori su membri del Csm (da loro conosciuti direttamente o indirettamente) e su soggetti ritenuti in grado di influire sui questi ultimi in occasione della pubblicazione di posti direttivi (negli uffici giudiziari ndr) vacanti d’interesse di Capristo ( tra cui la procura della repubblica di Taranto)».

Contatto Casellati

Le indagini sulle «sollecitazioni dei corruttori» Amara e Paradiso hanno portato i detective della finanza e della polizia fino alle più alte cariche dello stato. In primis Maria Elisabetta Alberti Casellati, che all’epoca in cui Capristo cercava di sistemarsi a capo della procura di Taranto sedeva come laica in quota Forza Italia nel Consiglio superiore della magistratura. «Se fossimo stati ancora a Trani avremmo provveduto ad inviare un bel messaggio di congratulazioni alla Presidente del Senato», è il messaggio inviato a Capristo da un amico. Il magistrato replicava: «Hai proprio ragione Mimmo caro ... spero di invitarla quando potrà. E' una grande donna come sai bene e si è sempre battuta per me .... E io non dimentico». 

Casellati, che secondo la procura di Roma è stata “trafficata”, cioè usata dall’amico Paradiso a sua insaputa, ha già smentito di aver favorito la nomina di Capristo all’epoca in cui ricopriva l’importante ruolo al Csm, e sentita da Paolo Ielo aveva escluso pressioni. Domani aveva dato conto dell’interrogatorio di Casellati, in cui spiegava che «Capristo venne nominato a Taranto all’unanimità. Ma Paradiso non ha mai interloquito con me». 

Negli atti dell’indagine di Potenza il nome della presidente del Senato ricorre però più volte. A ricordare ai magistrati di un incontro tra Paradiso e Casellati per la nomina di Capristo è prima Giuseppe Calafiore, avvocato coinvolto in altri scandali giudiziari con il socio Amara. La squadra mobile ha depositato un’informativa in cui sembra confermare addirittura un incontro diretto tra Amara e l’allora componente del Csm: «Casellati, presidente del Senato dal 24 marzo 2018 e componente laico del Csm che deliberava la nomina di Capristo nel 2016, dunque, aveva incontrato Amara che sponsorizzava Capristo, e aveva poi effettivamente votato a favore di Capristo per il posto di Procuratore di Taranto», si legge nell’informativa di polizia citata dal giudice delle indagini preliminari. Casellati, contattata, tuttavia smentisce: «Mai visto o conosciuto».

Le tracce della genesi della nomina a procuratore di Taranto e delle possibili pressioni per spingere Capristo emergono anche dalle chat sequestrate a Luca Palamara, il magistrato accusato di corruzione a Perugia nell’inchiesta che svelato il sistema della spartizione degli uffici direttivi di procure e tribunali.

Palamara e un suo collega commentavano la figura di Capristo, di cui si direbbero «cose pessime». Tuttavia Palamara si giustificava scrivendo «purtroppo troppe cose mi hanno schiacciato», evidentemente alludendo, precisano gli investigatori, al «peso delle pressioni ricevute per la nomina di Capristo, nonostante questi godesse di pessima reputazione». Possibile Palamara parlasse proprio della Casellati o di altri membri interni del Csm? Fatto sta che, al netto dei pregiudizi «pessimi», Capristo fu davvero votato all’unanimità per guidare la procura che doveva gestire i processi ambientali più delicati del paese.

Paradiso e l’amica presidente

Paradiso e Casellati si conoscono da tempo, come ha confermato la presidente ai pm di Roma. Il verbale è ora agli atti dell’inchiesta di Potenza. «Di lui mi parlò benissimo Gianni Letta», ha spiegato Casellati ai magistrati capitolini. «Letta mi chiese se potevo accoglierlo nel mio staff...io lo accolsi a ottobre 2018 al Senato a titolo gratuito nella qualità di consigliere per organizzazione di convegni». Dal gennaio 2019, poi, Paradiso termina l’esperienza, sostituito da Claudio Galoppi che dal Csm affianca l’amica Casellati come consigliere giuridico a palazzo Madama. Paradiso si traferisce al ministero dell’Interno come collaboratore di Carlo Sibilia fino all’arresto. 

«Nel periodo in cui ero al Csm», ha detto Casellati ai pm, Paradiso «mi parlava di questioni di geografia giudiziaria molto generali. Non ho memoria di interlocuzioni su specifiche nomine». Casellati insomma non ha «memoria» precisa. Capristo, al contrario, «non dimentica» che l’avvocatessa che sogna il Quirinale «si è battuta per me».

Arriva Boccia

I magistrati, ordinando l’arresto di Paradiso e Amara e l’obbligo di dimora per Capristo, dunque, credono che le informazioni ottenute da Calafiore siano veritiere. L’avvocato siciliano parla con i pm non solo degli incontri con la Casellati per sostenere Capristo, ma anche di altri interventi effettuati, innanzitutto quelli su Luca Palamara, anche lui al tempo membro del Csm. «Il Calafiore rivelava l'interesse economico concreto di Amara su Taranto, sia per l'aspetto professionale sia in relazione alle società a lui riconducibili, e riferiva del comportamento fattivo tramite il Paradiso, consistito nell'intercessione presso la Casellati, nell'indicazione della persona di Fabrizio Centofanti per fare pressione su Palamara, nel consenso alla nomina prestato dalla consigliera Paola Balducci su interessamento dell'onorevole Francesco Boccia e su input di Paradiso e Capristo; rivelava inoltre che Amara aveva interessato della vicenda anche l'onorevole Luca Lotti», si legge nelle carte dell’accusa.

La coppia Amara-Paradiso opera dunque per i pm a tutto campo, anche perché l’ex ministro del Pd Boccia, sentito dai pm lucani, «confermava che Capristo (o Paradiso, il politico non ricorda bene ndr) gli avevano chiesto informazioni sulla procedura di nomina da parte del Csm del Procuratore di Taranto, confermava di averne parlato con la Balducci, la quale gli riferiva che il Capristo era uno dei "papabili"». Boccia (non indagato) escludeva di aver fatto pressioni di sorta.

«Nessun illecito»

Ma l’attività di “relazioni istituzionali” degli arrestati nei confronti delle alte cariche dell’organo di autogoverno della magistratura, secondo i magistrati di Potenza, non sono penalmente sindacabili. Tanto che l’ordinanza precisa chiaramente che «sia in fatto che in diritto, l'attivazione Amara-Paradiso con attività di lobbing per la nomina del Capristo a Taranto non implica alcuna indagine sulla validità della nomina o la liceità della condotta dei membri del Csm». Una questione estranea alla richiesta del pm nel procedimento «e in relazione alla quale non viene delineato alcun profilo di rilevanza penale, che del resto esulerebbe dalla competenza di quest'ufficio».

Se c’è scandalo, insomma, non è giudiziario. Ma “solo” politico: chat e interrogatori che disegnano un sistema in cui faccendieri e poliziotti sono in grado di avvicinare membri del Csm, politici e potenti per chiedere favori e raccomandazioni all’amico da far promuovere per il proprio tornaconto non sarà illegale. Ma non fa certo bene all’immagine delle istituzioni repubblicane e della magistratura.

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