- La procura di Brescia chiude con addebiti le indagini su quattro magistrati milanesi protagonisti della più feroce guerra all’interno della procura lombarda e avvia ad archiviazione la posizione del capo Francesco Greco per la loggia Ungheria.
- Per il pm Paolo Storari, il magistrato che ha rivelato il contenuto dei verbali dell’avvocato Piero Amara, la procura bresciana parla di abusi e violazioni nell’ambito della sua professione.
- Chiuse le indagini anche per i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro con l’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio nel processo Eni-Shell Nigeria.
Consegnare brevi manu all'ex membro del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo i verbali secretati dell'ex avvocato Eni Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria non è stato motivo sufficiente per spostare d'urgenza dal suo ufficio il pm milanese Paolo Storari, l'uomo che ha innescato la più imponente guerra tra magistrati d'Italia. Nessun «comportamento gravemente scorretto» avevano scritto i componenti della sezione disciplinare del Csm, davanti al quale era finito Storari, per rigettare lo scorso agosto le richieste del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi.
Per la procura di Brescia, al contrario, qualcosa di scorretto c'è stato in quella fuga di notizie dell'aprile 2020 dal fascicolo d'inchiesta sul cosiddetto «complotto Eni» al quale lavorava con la collega Laura Pedio. E nell'atto di chiusura indagini aperte proprio su quella fuga di notizie riservate, Storari viene descritto come il pm che ha «violato» senza alcuna «ragione d'ufficio» i propri doveri e ha «abusato» della sua qualità di magistrato titolare dell'inchiesta rivelando all'ex membro del Csm Davigo le preziose informazioni sulla presunta loggia raccontata da Amara, all'interno della quale ci sarebbero stati magistrati (o ex) come il potente Gianni Tinebra, morto qualche anno fa, o Sebastiano Ardita che siede al Csm, ma anche l'avvocato in odor di candidatura quirinalizia Paola Severino o l'omnipresente Luigi Bisignani, rintracciato anche negli elenchi della loggia P2. E molti altri attori importanti del tessuto economico o delle gerarchie statali.
Non solo: Storari ha consegnato a Davigo – ed è questa la novità emersa dalle indagini bresciane - anche le trascrizioni di tre file audio dell'avvocato Giuseppe Calafiore, fedelissimo di Amara e finito anche lui insieme al primo nell'inchiesta di Siracusa sul finto depistaggio Eni che è poi risalita fino a Milano. Il tutto senza una ragione che autorizzasse un gesto di questo tipo. Ed è per questo motivo che Storari è ora ufficialmente indagato per «rivelazione e utilizzazione del segreto d'ufficio» in concorso con Davigo.
Quest'ultimo, ricevuti i verbali in formato word (informali e senza firme) li aveva prima consegnati al collega del Csm Giuseppe Marra «per il solo scopo di motivare la sua rottura dei rapporti personali con Sebastiano Ardita» e poi aveva informato della loro esistenza un numero importante di consiglieri: Ilaria Pepe, per farla allontanare da Ardita, Giuseppe Cascini, Fulvio Gigliotti, Stefano Cavanna, il vice presidente David Ermini, il senatore del Movimento 5 stelle Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia e, dulcis in fundo, anche due sue collaboratrici.
La prima è Marcella Contrafatto, diventata celebre per aver inviato i file Amara a due quotidiani; l’altra è Giulia Befera, emersa solo in un secondo tempo. Per la Contrafatto i pm di Roma che la indagavano hanno chiesto il rinvio a giudizio con l'accusa di calunnia.
La procura di Brescia ha chiuso le indagini anche per i pubblici ministeri Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, famosi per aver condotto il processo Eni-Shell Nigeria che si è concluso lo scorso marzo con l'assoluzione di tutti gli imputati, a cominciare dall'ad del Cane a sei zampe, Claudio Descalzi. I due magistrati erano stati iscritti nel registro degli indagati della procura bresciana sulla base delle accuse rivolte loro dallo stesso Storari.
Il pm ha sostenuto, in sede di interrogatorio, che i due colleghi avessero celato ai giudici alcune prove in grado di screditare l'ex manager Eni Vincenzo Armanna, imputato anch'egli e grande accusatore nel processo dei suoi colleghi dell'affaire nigeriano Opl 245, la maggiore tangente (1,09 miliardi di dollari) mai pagata da un'azienda italiana. In particolare Storari aveva citato delle chat equivoche di Armanna, contenute in una bozza di informativa della Guardia di Finanza legata alle sue indagini sul presunto complotto Eni, e un video girato da Amara, che i due colleghi non avevano voluto valorizzare nonostante i suoi input. Per loro si procede per «rifiuto d'atti d'ufficio». Nei confronti di De Pasquale il Csm ha aperto una procedura di incompatibilità ambientale.
In ultimo la procura ha chiesto l'archiviazione per il procuratore capo di Milano Francesco Greco, finito in questa tornata di indagini sulla procura lombarda per omissione d'atti d'ufficio legata ai suoi presunti ritardi nel fare indagini sulla loggia Ungheria una volta appresa la notizia da Amara. Ritardi denunciati sempre da Storari e che hanno portato all'iscrizione nel registro anche del procuratore aggiunto Laura Pedio. Per il quale è ancora tutto aperto.
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