- Sull’altare, vestito dei paramenti sacri, Marko Rupnik concelebra la messa nella basilica di Santa Prassede a Roma, a pochi metri da Santa Maria Maggiore.
- Rupnik concelebra in mezzo agli altri sacerdoti e impone le mani al momento dell’eucaristia, nonostante le restrizioni che gli sono state imposte dal suo superiore maggiore, padre Johan Verschueren, e che gli proibiscono, fra l’altro, «qualunque attività ministeriale e sacramentale pubblica».
- Marko Rupnik, teologo e artista noto in tutto il mondo, è infatti al centro di un’inchiesta avviata dai gesuiti in seguito alle accuse di abusi nei confronti di numerose donne consacrate.
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Sull’altare, vestito dei paramenti sacri, Marko Rupnik concelebra la messa nella basilica di Santa Prassede a Roma, a pochi metri da Santa Maria Maggiore.
Sono le nove del mattino di domenica 5 marzo e lo stato maggiore del centro Aletti è nelle prime file: la direttrice Maria Campatelli, Michelina Tenace, le artiste Eva Osterman e Maria Stella Secchiaroli, i gesuiti Milan Žust e Andrej Brozovic; Alberta Putti, docente di teologia dogmatica alla pontificia università gregoriana dirige il coro.
Dietro l’équipe siedono sacerdoti e laici che frequentano il centro e i ragazzi e le ragazze che gravitano intorno all’atelier di teologia. A tenere l’omelia c’è il gesuita argentino Matias Yunes, anche lui cresciuto al centro Aletti.
Rupnik concelebra in mezzo agli altri sacerdoti e impone le mani al momento dell’eucaristia, nonostante le restrizioni che gli sono state imposte dal suo superiore maggiore, padre Johan Verschueren, e che gli proibiscono, fra l’altro, «qualunque attività ministeriale e sacramentale pubblica».
Marko Rupnik, teologo e artista noto in tutto il mondo, è infatti al centro di un’inchiesta avviata dai gesuiti in seguito alle accuse di abusi nei confronti di numerose donne consacrate.
Le restrizioni nei suoi confronti erano già in vigore prima che lo scandalo venisse allo scoperto, lo scorso dicembre, e sono state ribadite in un comunicato ufficiale diffuso il 21 febbraio dalla Dir, la Delegazione per le case e opere interprovinciali romane della compagnia di Gesù.
Disposizioni che però non sembrano turbarlo visto che, almeno fino al 22 gennaio, addirittura predicava nella stessa Santa Prassede e, pochi giorni fa, era nella basilica di San Giovanni in Laterano a illustrare a un gruppo in visita i mosaici da lui realizzati nella cappella del pontificio seminario maggiore.
Lavoro sotto traccia
Più volte convocato dal suo superiore, non si è nemmeno presentato per dare la sua versione sulle accuse di abuso, come lo stesso Verschueren ha dichiarato nel comunicato della Dir sul lavoro dell’équipe costituita appositamente per raccogliere le denunce delle vittime. Non solo: secondo fonti interne, Rupnik sta continuando a lavorare sotto traccia anche nel vicariato di Roma.
Il centro Aletti, dal canto suo, fa quadrato intorno al suo méntore: il 28 febbraio ha diffuso una “lettera agli amici”, in cui sottolinea che, in attesa che la verità «si riveli», il lavoro ecclesiale e artistico del centro non si ferma.
«Dopo lunghi anni di affiancamento – scrive la direttrice Maria Campatelli – l’atelier è oggi guidato da un’équipe direzionale, in grado di assumere la responsabilità per un cantiere sia dal punto di vista teologico-liturgico e artistico-creativo, che dal punto di vista tecnico-amministrativo. Questo ci consentirà di tener fede a tutti gli impegni sin qui presi e ad assumerne altri di nuovi». Non una parola sulle donne abusate dal gesuita, nonostante l’indagine della compagnia abbia già accertato l’attendibilità delle testimonianze ricevute – almeno 15 persone, di cui 13 donne e due uomini.
Se da un lato c'è il silenzio assoluto sulle vittime, dall’altro è chiara l'intenzione del Centro Aletti di portare avanti l'opera di Rupnik, se pur in modo “ecclesiale”.
Ma è possibile scindere fra la comunità di via Paolina e il suo fondatore, quando le persone che oggi lo animano non prendono le distanze da un sacerdote che è stato scomunicato latae sententiae per aver assolto in confessione una donna con cui aveva avuto un rapporto sessuale (scomunica poi rimessa), e che è già stato oggetto di un procedimento ecclesiastico al dicastero per la dottrina della fede proprio per abusi?
Il cerchio magico intorno a Rupnik è fatto da fedelissimi (e soprattutto fedelissime) che si sono formati con il suo insegnamento e sotto la sua influenza: Maria Campatelli, Michelina Tenace, Manuela Viezzoli sono tutte ex suore della comunità Loyola che hanno seguito padre Rupnik al momento della rottura con Ivanka Hosta, nel 1994, in seguito alla fuga di una suora dalla comunità in Slovenia.
Ricordiamo inoltre che proprio all’interno del centro Aletti si sono consumati alcuni degli abusi, fra cui il rapporto a tre del gesuita con due giovani sorelle della comunità di Loyola negli anni '90 (come abbiamo raccontato su Domani il 18 dicembre 2022).
Ancora diverse cose devono emergere dalla storia del centro Aletti, questa repubblica nel cuore della curia romana che pare ignorare non solo le indagini in corso dei gesuiti ma anche le parole del papa. Francesco, infatti, in un’intervista ad Ap ha dichiarato di essere rimasto «ferito» da quanto emerso su Rupnik e ha aggiunto di essere sempre stato all'oscuro della vicenda.
Un’affermazione che per la verità non convince, perché è difficile immaginare che il pontefice non sapesse della remissione di una scomunica che competeva solo alla Santa sede. Molti misteri, ben custoditi, ma il futuro del Centro Aletti è tutt’altro che scontato se, come afferma una nostra fonte, un dossier di più di mille pagine è al momento depositato al Dicastero per la dottrina della fede.
Rupnik, avvicinato da Domani al termine della messa, non ha voluto rispondere.
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