L’indagine sugli ultras e le cosche della procura di Milano ha ramificazioni anche nello stadio della Capitale. I legami del narco ultrà laziale Piscitelli “Diabolik” con i boss che hanno messo un piede anche nella curva Sud.
C’erano tutti al funerale di Fabrizio Piscitelli, il “Diabolik” della curva nord della Lazio, ucciso in pieno giorno nell’agosto del 2019 a Roma. Piscitelli è stato il sovrano degli ultrà e moltissimo altro: narcotrafficante, cresciuto sotto l’ala protettiva del boss di camorra Michele Senese, è stato tra i fondatori del gruppo degli Irriducibili, capi indiscussi del tifo laziale di fede neofascista. L’agenda personale del Diablo è la sintesi di come funziona il potere in Italia: ci puoi trovare il celebre volto televisivo, il politico, l’imprenditore della Roma bene a fianco di banditi di ogni categoria e risma.
Il corteo funebre con saluti fascisti e cori da stadio è, dunque, l’immagine sbiadita di una grande famiglia ultrà che lega i destini delle curve di Lazio, Roma, Inter e Milan. Il ritratto di famiglia nel frattempo è più ricco di personaggi e di evoluzioni criminali: l’inchiesta della procura di Milano, dei pm Paolo Storari e Sara Ombra, ha svelato il patto tra i capi delle curve milanesi che più che ai colori tifavano per gli affari sporchi e puliti. La fotografia scattata dagli investigatori della guardia di finanza racconta di promiscuità tra mondi distanti solo in apparenza: vip milionari in cerca di protezione dai gorilla delle curve, pregiudicati legati ai clan della ‘ndrangheta utili a imprenditori e gestire gli affari dello stadio, la politica per ogni necessità. Il mosaico milanese è sovrapponibile alla mappa di Roma, nelle cui arterie che conducono allo stadio Olimpico scorre una miscela di sangue, cocaina, soldi e camorra.
Sugli spalti della Curva Sud, Roma, e della Curva Nord, Lazio, da qualche tempo sono mutati gli equilibri. Avanzano i nuovi capi dell’era post Diabolik, che migliaia di pagine di rapporti di polizia e documenti giudiziari da sempre lo descrivono come un figlioccio di Michele Senese, “o Pazzo”: uno dei boss della Capitale, cresciuto nei clan di Camorra e trapiantato in riva al Tevere dove ha costruito il suo impero criminale con la violenza e lo ha consolidato poi con il denaro. I tempi cambiano e proprio il pazzo avrebbe detto sì all’eliminazione del suo discepolo.
Milano chiama Roma
Sotto la bandiera nera con il volto di Diabolik che sventola nelle curve nord gemellate di Inter e Lazio, crescono business che valgono parecchio. Nelle carte dell’inchiesta milanese c’è traccia di questa sinergia tra neroazzurri e biancocelesti: Marco Ferdico, il capo della Nord interista arrestato dalla finanza, è tra quelli che ha ereditato l’antico rapporto. Ed è colui che ha aperto le porte di San Siro all’amico Antonio Bellocco, ras della ‘ndrangheta in Lombardia ucciso all’inizio di settembre da un altro capo ultrà interista che si sentiva assediato dal nuovo che avanzava a passo svelto nelle delicate dinamiche criminali interne alla curva. Le carte rivelano i nomi del direttivo del gruppo Ultras della Lazio, ossia la federazione del tifo che ha preso il posto degli Irriducibili dopo la morte di Piscitelli.
C’è Franco Costantino, legatissimo a Diabolik. Segue Claudio Corbolotti, pure lui fedelissimo del Diablo, con un passato politico nella segreteria di Gianni Alemanno ai tempi in cui era sindaco di Roma, nel 2019 invece ha guidato un manipolo di tifosi a piazzale Loreto per mostrare uno striscione inneggiante a Mussolini. C’è anche Simone De Castro, il più giovane del gruppo, classe ‘87: l’ultima volta che le cronache locali lo citano è maggio 2024, per un agguato in pub di romanisti. Infine l’ultrà che ha rappresentato la diarchia al comando della curva laziale insieme a Piscitelli: Alessandro Morgelli detto il “Cinese”, ancora oggi è considerato uno dei capi assoluti della Nord, che orfana del Diablo non ha mai preso pubblicamente le distanze dai traffici che lo storico capo ultrà aveva messo in piedi negli anni: merchandising, biglietteria, e traffico di droga con le maggiori famiglie criminali della città e della regione.
«Ai vertici del tifo laziale c’è anche Orial Koalj», scrivono i detective. Kolaj, origine albanese, fa il pugile nei mediomassimi. Recenti informative della polizia descrivono Kolaj oltreché legato a Piscitelli come intimo del narcotrafficante Elvis Demce e della banda degli albanesi amici del Diablo e della curva Nord. E come il Diablo in ottimi rapporti con il clan Senese. Un importante pentito che sta parlando nel processo per l’omicidio di Diabolik ha descritto Kolaj con queste parole: «Un ragazzo molto pericoloso. Mio cugino mi disse che aveva avuto una storia di omicidi in Albania e so che era uno che non aveva problemi a sparare». Kolaj fa l’istruttore, da anni è fuori dalle indagini.
Eppure il pugile laziale, non indagato, viene indicato come l’anello di congiunzione con il capitolo milanese di questo romanzo criminale ambientato tra San Siro e l’Olimpico. Gli investigatori di Milano hanno infatti intercettato alcune telefonate tra Kolaj e Andrea Beretta, il capo ultrà accusato dell’omicidio di Bellocco, lo ‘ndranghetista. I due si conoscono per via di «contatti pregressi con il noto Piscitelli “Diabolik”».
Tutti amici di Diabolik e tutti connessi, o devoti, ai Senese. Roma è un laboratorio, come vanno ripetendo gli esperti di fenomeni mafiosi. Lo sanno persino i protagonisti della suburra romana e del milieu milanese: «Roma non è casa di nessuno fidati», diceva Bellocco all’amico e socio di Curva Ferdico. Il suo è un punto di vista qualificato: la sua famiglia da 20 anni è operativa con una succursale nella Capitale: «Fidati, siamo stati 20 anni là e tutt'ora ci siamo…Roma non è di nessuno, Roma è selvaggia…Milano è più controllabile». Selvaggia, ma con molti padrini che hanno deciso di non farsi la guerra. E dopo la morte di Diabolik qualcosa è accaduto nelle due curve dell’Olimpico. A partire da quella della Lazio dove, appunto, Kolaj avrebbe assunto un ruolo via via più rilevante e al contempo, come svelano le intercettazioni su un gruppo di narcos albanesi, avrebbe stretto un legame con Giuseppe Molisso, braccio destro di Senese, suscitando l’ira dei vecchi amici.
«Fe-Fe-Fedayn»
Le radici dell’impero di Michele Senese si estendono un po’ ovunque all’ombra dello stadio Olimpico. Attraverso alcuni documenti e l’analisi di materiale foto e video rintracciabile su alcuni profili social, Domani è in grado di raccontare un altro capitolo di questo romanzo, che è iniziato a Milano, ha toccato la zona nord della Capitale e ora prosegue fino al quadrante Est, fortino romano della famiglia Senese e dei famigerati Casamonica, il gruppo di origine Sinti che ostenta lusso pacchiano, spadroneggia e stringe alleanze sia con la camorra sia con la ‘ndrangheta.
Partiamo, dunque, da una data: il 24 marzo 2024. In una casa del quartiere Quadraro, a una riunione conviviale ha partecipato un nutrito gruppo di uomini. Un’occasione goliardica, alcuni video finiscono sul web. Uno in particolare ha destato l’attenzione di molti: attorno al tavolo una trentina di persone, a un certo punto parte un coro da stadio, che è il tradizionale canto di un gruppo ultrà della Curva Sud giallorossa. Il padrone di casa vanta una parentela strettissima con il capo clan Senese, di origine napoletana e poco interessato a questioni di sport. Ebbene, da quanto risulta a questo giornale e confermato da numerose fonti investigative, i Senese hanno messo radici anche nella Curva Sud sfruttando il vuoto lasciato da un gruppo di tifosi che si è sciolto da poco, quello dei Fedayn. Il loro posto è stato occupato da “Gruppo Quadraro”. Sugli spalti governati dagli ultras nulla avviene per caso. I Fedayn, infatti, non esistono più formalmente, dopo che la loro “pezza” è stata scippata in un agguato organizzato da agguerriti tifosi serbi della Stella Rossa di Belgrado. La “pezza” in gergo ultras è un po’ come fosse una carta d’identità di un gruppo, lo striscione sul quale è impressa la sigla, Fedayn, nel caso specifico. Subirne il furto nel vocabolario delle curve equivale a perdere l’onore, e dunque la dignità. Chiusa in maniera traumatica la stagione Fedayn, ecco comparire il “Gruppo Quadraro” con amici molto sospetti al seguito.
Oltre ai Senese troviamo anche altre figure borderline, legate al sistema Diabolik: per esempio, Kevin Di Napoli. Una foto lo ritrae con la maglietta “Gruppo Quadraro”. Non è uno qualunque: ha un passato da picchiatore di Diabolik. «Ho cambiato vita, quelli sono errori di gioventù», ha più volte ribadito il pugile che, in quella foto ritrovata da Domani è immortalato accanto al rapper Tony Effe, il nemico di dissing di Fedez (l’artista che usava il capo ultrà del Milan per la sua protezione e per progettare affari). Di Napoli è stato ferito in un agguato qualche mese fa. «Una rapina finita male», ha chiarito subito il pugile anche se gli inquirenti approfondiscono anche altre strade. Il crimine a Roma ha sempre adorato gradinate e spalti perché è il luogo ideale per coltivare alleanze, creare consenso, fare soldi. Il calcio, i giocatori, sono il cavallo di troia per entrare nei salotti dei vip e dello spettacolo, delle serate mondane dove la cocaina scorre a fiumi.
A raccontare per primo questo intreccio tra mondo di sotto e mondo di sopra è stato Giuseppe Casamonica. Lo ha fatto nel processo che lo ha visto condannato per mafia a Roma. Il boss si occupava della vigilanza di un locale e aveva conosciuto calciatori e le rispettive mogli, con una aveva intrecciato anche una relazione: si trattava di Tamara Pisnoli, ex moglie di Daniele De Rossi. E così torniamo da dove siamo partiti, a Diabolik, il narco ultrà che ha fatto scuola. Alcuni giorni prima dell’agguato in cui è sato ucciso, aveva incontrato un ex di Pisnoli assieme a Raffaele Purpo, detto “er Mafia”, per anni capo storico dei Fedayn giallorossi. Purpo al suo matrimonio ha avuto due testimoni d'eccezione: Piscitelli “Diabolik” e Gennaro Senese, il fratello del boss ucciso nel ‘97 e il cui cognome ci riporta a oggi, al nuovo Gruppo Quadraro della Curva Sud e alle relazioni pericolose con la camorra.
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