Solo quattro università italiane si collocano tra le prime cento migliori europee, ma il nostro paese vanta il primato nella produttività scientifica. Nessun altro stato ha così tante università in questa top 100, ossia 25, di cui due sono addirittura nelle prime venti: il Politecnico di Bari e di Torino
Solo un’università italiana è fra le prime cinquanta in Europa, secondo una classifica stilata da Qs Ranking. La statistica valuta 688 università di 42 paesi europei, tra cui anche Turchia, Armenia, Azerbaigian e la Georgia. Considerando le prime cento in graduatoria, le italiane sono solo quattro. Il Politecnico di Milano si piazza a quota 47, la stessa università aveva fatto il miglior risultato italiano anche nella classifica mondiale.
Seguono: la Sapienza al 65esimo posto, l’Università di Bologna al 78esimo e quella di Padova all’89esimo. A dominare la classifica si trovano i più famosi istituti inglesi con Oxford al primo posto e Cambridge, l’Imperial College e Ucl rispettivamente al terzo, quarto e quinto. Il secondo posto se lo è conquistato invece un politecnico svizzero, l’Eth di Zurigo.
Nella classifica globale, il Politecnico di Milano è 123esimo, seguono per l’Italia La Sapienza al 134esimo posto e l’Università di Bologna al 154esimo.
Il primato scientifico
C’è però un altro aspetto su cui l’Italia fa meglio in Europa: la produttività scientifica. Nessun altro paese ha così tante università nella top 100 – 25 in tutto – con addirittura due atenei nei primi venti, ossia il politecnico di Bari al tredicesimo posto e quello torinese al 17esimo.
È un dato ancora più significativo se si considera che il nostro paese spende poco per ricerca e sviluppo rispetto ai suoi omologhi francesi e tedeschi che di atenei in questa seconda top 100 ne hanno solo 13.
Nello specifico noi spediamo solo l’1,5 per cento del Pil per ricerca e sviluppo, mentre ne spendono il 2,2 per cento i francesi – il cui Pil è 1 volta e mezza il nostro – e il 3,1 per cento i tedeschi che hanno addirittura il doppio del nostro Pil.
Mobilità studentesca
Un altro degli indicatori in cui il nostro paese si piazza in prima fascia è la mobilità degli studenti, ovvero la percentuale degli iscritti che usufruiscono di programmi di scambio internazionale. La Ca’ Foscari di Venezia è addirittura quarta al mondo, seguita a ruota dalla Cattolica di Milano (sesta) e poi da quella di Bolzano (15esima) e il PoliMi (20esimo).
Lo stesso però non avviene al contrario. Le università italiane sono ancora poco appetibili per gli studenti stranieri, rappresentano una minima eccezione solo o il PoliMi, l’università di Siena e la Cattolica piazzandosi al 34esimo, 44esimo e 48esimo posto della classifica.
Altri indicatori
Ci sono atenei che ottengono dei buoni risultati anche se si considerano altre variabili. Il Politecnico di Milano è 20esimo al mondo quanto a reputazione dei suoi laureati presso i datori di lavoro e 29esimo per reputazione accademica. Invece nel riconoscimento reciproco tra i colleghi elle altre università la Sapienza di Roma è 17esima e Bologna 18 esima.
I problemi
Sul numero di docenti invece non riusciamo a piazzarci in alto. Dai primi anni del Duemila il blocco dei turn over ha fatto sì che il numero dei docenti si riducesse di almeno 10mila unità, tanto che oggi i docenti di ruolo sono poco meno di 47mila.
Il rapporto studenti-professori infatti non riesce nemmeno a raggiungere quota 300 della classifica. La media italiana è di 20 studenti per ogni docente, contro i 17 di Parigi e i 13 di Berlino. Unica eccezione per l’Italia è l’università privata del San Raffaele che spunta il trentesimo posto.
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