- Tramite un canale telegram, l’applicazione di messagistica, uno studente laziale adescava le vittime che si rivolgevano a lui per ottenere la certificazione verde e poter così accedere a bar, ristoranti e palestre.
- «Ad un certo punto, però, viene agganciato da un gruppo di hacker di russi, attivi nel giro, che gli chiedono di smetterla. Il ragazzo desiste e allora in qualche modo lo assoldano per fare questa attività di compravendita» spiega Lucia Muscari dirigente del compartimento della Polizia postale Liguria.
- Di comune accordo quindi, il giovane studente inviava i documenti “vergini” delle vittime ai russi che li usavano per altre truffe e aprire: conti online, account su diverse piattaforme e-commerce e così via, con i dati delle vittime.
L’avarizia inganna. Inganna gli avari e i truffatori. È il caso di un giovane studente laziale, incastrato dalle indagini della polizia postale per una frode sui green pass falsi.
Tramite un canale telegram, l’applicazione di messagistica, adescava le vittime che si rivolgevano a lui per ottenere la certificazione verde e poter così accedere a bar, ristoranti e palestre.
Tra queste una modella di Genova, che si era affidata a lui per ottenere un certificato verde. Dopo aver pagato una somma di 150 euro e avergli inviato i dati dei suoi documenti è rimasta intrappolata nello schema del giovane truffatore.
Il ragazzo, figlio di due medici, ha provato a estorcerle più denaro di quanto pattuito all’inizio ricattandola per diversi giorni. Ma la tattica si è rivelata controproducente.La vittima, sotto ricatto, ha deciso di raccontare tutto alla Polizia postale che ha iniziato le indagini.
Lo schema
Gli inquirenti dell’unità della Financial Cybercrime della Polizia postale hanno fin da subito deciso di seguire il flusso di denaro rubato. Dalla Liguria sono arrivati al Lazio: «Abbiamo intercettato un medico e il sistema ci era sembrato subito chiaro», spiegano i detective.
Un medico che distribuisce green pass falsi non è atipico e il cerchio sembra chiudersi.
Ma non è andata così, dopo un’analisi più approfondita il vero truffatore si è rivelato suo figlio.
«Il nome del padre rimane sulla traccia del denaro perché alcuni soldi venivano versati da suo figlio sul suo conto, ma in realtà il medico non c’entrava niente», dice Lucia Muscari dirigente del Compartimento della Polizia Postale Liguria che ha seguito le indagini. Spesso i soldi venivano caricati direttamente sull’account Paypal del padre, ignaro dell’intera dinamica.
«Questo ragazzo ha avuto un’ottima un’intuizione e ha capito che è il momento d’oro dei green pass falsi. Ha studiato le dinamiche di rete provando a sostituirsi a un profilo che era stato chiuso» spiega Muscari.
Le sue capacità tecnologiche lo hanno portato a dare vita a canali Telegram in cui aderivano migliaia di utenti, la maggior parte dei quali erano dei bot falsi, per accreditarsi come un venditore affidabile.
Il giro illegale di affari è cresciuto giorno dopo giorno: in poco tempo riesce a raccogliere una somma considerevole superiore ai ventimila euro.
Gli hacker russi
«Ad un certo punto, però, viene agganciato da un gruppo di hacker di russi, attivi nel giro, che gli chiedono di smetterla. Il ragazzo desiste e allora in qualche modo lo assoldano per fare questa attività di compravendita» spiega la dirigente della Polizia postale.
Di comune accordo quindi, il giovane studente inviava i documenti “vergini” delle vittime ai russi che li usavano per altre truffe e aprire: conti online, account su diverse piattaforme e-commerce e così via, con i dati delle vittime.
«Le forme sono infinite, gli hacker devono diversificare metodi e forme di pagamenti. Più andremo avanti e peggio sarà, ogni giorno escono fuori tattiche e strategie a cui non avremmo mai pensato», dice Muscari.
I genitori ignari
La particolarità del caso è che «i genitori erano contenti perché il ragazzo diceva di ottenere i soldi con la vendita di applicazioni che servono per facilitare i giochi online ed era riuscito a guadagnare molti soldi», dice Muscari.
I soldi guadagnati venivano investiti in criptovalute, telefoni di ultima generazione e altre apparecchiature digitali, nonché in abiti griffati.
Le indagini della procura di Genova continueranno. Per indagare sugli hacker russi bisogna seguire strade diverse, di carattere transnazionale visto che operavano su territorio straniero. «La rete consente una buona globalizzazione da questo punto di vista, non c’è più territorio», spiega Muscari.
Il dato di cronaca di oggi è emblematico ma non è l’unico. Le truffe online sono sempre più diffuse e Telegram è lo strumento cardine per portarle a termine visto che garantisce un elevato livello di segretezza.
Nel caso del giovane studente laziale possiamo ricavare con certezza un dato: con una spesa media di circa 150 euro a testa sono oltre centotrenta le persone che si sono rivolte a lui richiedendo un green pass falso per poter accedere ai locali.
Tutte persone disposte a compiere un reato pur di non inocularsi il vaccino o sottoporsi al rito continuo dei tamponi.
Meglio arricchire truffatori e hacker russi piuttosto che vaccinarsi.
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