Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri aveva promesso una città verde in campagna elettorale. Ma adesso sembra cedere alle pressioni dei costruttori che vorrebbero speculare su terreni “protetti”
«Perché Roma diventi la città verde che abbiamo in mente, metteremo in atto da subito azioni per portare a zero il consumo di suolo, tuteleremo il territorio e la biodiversità». Questo si leggeva nel programma con cui l’ex ministro dell’economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, è diventato nel 2021 il sindaco della Capitale. Alla prova dei fatti, però, l’impalcatura “green” dell’amministrazione capitolina di centrosinistra sembra essere crollata su sé stessa, e su un caso concreto.
Il progetto
Siamo a Roma est, lungo l’asse che collega la via Prenestina al polo logistico ferroviario della stazione Tiburtina, all’interno dell’oasi naturale sorta attorno ai ruderi dell’ex fabbrica Snia Viscosa, a qualche chilometro di distanza dall’area in cui dovrebbe sorgere il nuovo stadio della Roma. Nel 2022 è stato rilasciato un permesso a costruire alla Srl Ponente 1978 per un progetto di «restauro, risanamento e parziale ristrutturazione» di sette fabbricati che versano in uno stato di abbandono.
Sono locali della vecchia fabbrica dismessi dal 1955: due reparti chimici, gli uffici generali, la portineria, i reparti meccanici. Un totale di 40 mila metri quadrati utili di nuova edificazione. Il progetto originario del costruttore Pulcini, abituato in passato a dare del tu a Massimo Carminati, come raccontano gli atti giudiziari, era di mettere a valore quei ruderi centenari acquistati 30 anni fa per trasformarli in depositi e magazzini dedicati alla logistica.
Ma l’idea fu bocciata nel 2018 dall’amministrazione di Virginia Raggi. Poi però la giunta Gualtieri ha rilasciato il permesso di costruire, scatenando una mobilitazione popolare che ha avuto l'effetto, nei mesi scorsi, di bloccare i lavori. Ma adesso il piano di edificazione dell’area riprende forma sotto un’altra veste, suggerita dallo stesso Pulcini.
La lettera
C’è una lettera, datata 5 febbraio del 2024, indirizzata dalla proprietà all’assessore all’Urbanistica Maurizio Veloccia, che racconta molto del potere dei costruttori romani. Nella missiva, infatti, l’azienda Ponente 1978 contesta al dipartimento di programmazione e attuazione urbanistica di Roma Capitale le cifre stimate per l’eventuale esproprio dell’area.
Si legge: «Allo stato attuale dei luoghi, tenendo altresì presente la potenzialità edificatoria, in forza di un titolo edilizio vigente, nonché dei parametri immobiliari riferiti a cespiti di eguale categoria presenti nelle vicinanze, tale perizia ha prodotto un valore di € 61.845.092,50 - ben lontano dai 5.000.000 che risulterebbero stimati dal Dipartimento Pau».
E per superare l’impasse che porterebbe a un lungo contenzioso legale, è la stessa società a suggerire una soluzione: «D’accordo con la Sgr, (società di gestione immobiliare di Cassa depositi e prestiti, ndr) si stanno concertando le iniziative in atto, rappresentando che la sospensione dei lavori non può protrarsi ulteriormente e che ai fini di un positivo proseguo dei progetti di realizzazione del centro universitario in accordo di partenariato, la scrivente manifesta disponibilità ed interesse».
Il protocollo
È questa la chiave di volta che permetterebbe alla società di Pulcini di aumentare in maniera esponenziale, a conti fatti, il valore della rendita immobiliare. Ed è un punto, quello della costruzione del centro universitario, su cui la stessa azienda insiste in un’altra lettera al sindaco Gualtieri che risale al 10 maggio scorso.
La società lamenta il rinvio della stipula del protocollo di intesa tra il comune di Roma e il consiglio di amministrazione dell’Università la Sapienza che darebbe avvio all’intera operazione. In particolare, afferma l’azienda: «Il protocollo consiste nella predisposizione di uno studio di fattibilità senza impegni, finalizzato alla verifica delle fonti di finanziamento pubblico». La preoccupazione della proprietà di fare in fretta è proprio legata, per sua stessa ammissione, «all’esaurirsi dei finanziamenti pubblici per la costruzione di studentati e attività universitarie che altre città stanno richiedendo».
Il riferimento, qui, è alle decine di progetti che le società di risparmio Sgr, afferenti a Cassa depositi e Prestiti, sta portando a compimento in diverse città italiane costruendo partnership miste pubblico-privato per realizzare studentati in aree da riqualificare con i fondi del Pnrr. Risorse che, come già calcolato da Domani, stanno finendo per la maggior parte nelle casse di enti e fondazioni che potrebbero produrre un aumento dei prezzi per i posti letto per adeguarli agli standard di mercato. E in assenza di una disponibilità della Sapienza a firmare il protocollo, la Ponente ha avvisato il comune di Roma che avrebbe ripreso il progetto originario del polo logistico contenuto nel vecchio permesso di costruire.
Così, durante la seduta del cda della Sapienza del 25 giugno scorso, è arrivato il parere favorevole alla firma del protocollo che «impegna l’Ateneo ad avviare un rapporto di collaborazione con il Comune, su base non esclusiva e senza obbligo di risultato, al fine di valutare le possibilità di utilizzo dell’area per esigenze universitarie, nonché per la valorizzazione del contesto naturalistico».
Sul documento si legge anche che «è interesse di Roma Capitale e dell’Università fornire una risposta alla carenza di alloggi universitari economicamente accessibili nonché valutare la possibilità di implementare la dotazione di aule, laboratori di ricerca e servizi di supporto».
L’appello
Ma come questa massiccia edificazione si possa coniugare con la conservazione naturalistica dell’area dichiarata monumento naturale, e che rappresenta l’ultimo dei polmoni verdi rimasti nella zona di Roma est, resta un mistero.
Dice Marco Corirossi, portavoce del Forum permanente del Parco delle Energie, il comitato che da decenni si batte per l’istituzione dell’oasi naturalistica nell’area dell’ex Snia: «Diversi studi scientifici hanno dimostrato che chi nasce da queste parti ha un’aspettativa di vita inferiore di un anno rispetto alla media cittadina, a causa delle condizioni sociali e ambientali. Per questo, diversi scienziati hanno rilevato che l’eccezionale processo di rinaturalizzazione va preservato ampliando il perimetro di tutela dell’area, per la biodiversità e per i servizi ecosistemici alla popolazione».
E poi aggiunge: «Che diventi un polo logistico o di servizi universitari, 280mila metri cubi di cemento a Largo Preneste rappresentano una minaccia insostenibile, che respingeremo con tutte le nostre forze, vogliamo un bosco intorno al lago». Infine, Corirossi si appella a Gualtieri e al cda della Sapienza: «Il sindaco dovrebbe stanziare i 5 milioni per l’esproprio e poi utilizzare i fondi Ue per l’ambiente per realizzare un parco naturalistico di archeologia industriale sul modello di altre capitali europee, mentre l’Università parta dagli studi accademici per determinare un futuro ecologico all’ex Snia, invece di prestarsi ad un operazione di finanza immobiliare privata», conclude.
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