In un vecchio racconto, Il più felice, lo scrittore napoletano trapiantato a Milano: Giuseppe Marotta – da non confondere con Giuseppe Marotta, detto Beppe, presidente dell’Inter – si chiedeva chi fosse l'uomo più felice di Milano, passando in rassegna diversi tipi umani, e nessuno sembrava felice per quello che aveva nel presente, ma tutti sembravano che avessero conosciuto la felicità nel passato, poi finendo per smarrirla.

È con questo spirito che a Milano tornano Antonio Conte, Romelu Lukaku e Lele Oriali. Tornano dopo una sconfitta senza attenuanti al Maradona, con tre gol incassati dall’Atalanta di Gian Piero Gasperini, con il reparto migliore della squadra – la difesa – sotto processo, e con l’uomo che doveva essere protagonista – l’attaccante Romelu Lukaku – che qualche settimana prima aveva segnato un gol di prepotenza al Milan e che poi era apparso con i piedi inchiodati nella partita successiva o se li era lasciati inchiodare dal difensore dell’Atalanta: Isak Hien.

Ma Conte, seppure da sconfitto – tatticamente e fisicamente, negli spazi e nella velocità da Gasperini –, torna a Milano contro la sua Inter da primo in classifica, e con lui in panchina torna – da avversario della squadra di una vita – Lele Oriali che, come dice la canzone di Ligabue: sta lì nel mezzo. Insomma, è un viaggio tutto in salita il loro. Anche perché l’Inter di Simone Inzaghi è una squadra più forte dell’Atalanta di Gasperini, con calciatori migliori in ogni ruolo.

Si potrebbe dire che A Milano non fa freddo come il titolo del libro di Giuseppe Marotta, non Beppe, per dire ai calciatori del Napoli che hanno già vinto una volta, dieci giorni fa, ma non basterebbe, perché contro il Milan non c’erano tutti i ricordi, che ci saranno contro l’Inter, a pesare. Sostanzialmente solo il campo è lo stesso, e anche se ora il Milan ha un altro umore, dopo aver battuto il Real Madrid al Bernabéu in Champions League, rimane una squadra inferiore all’Inter per calciatori, gioco e aspettative.

Dei diversi modi di andar via

Ma all’Inter, Antonio Conte è stato l’uomo del ritorno al “titulo” – il diciannovesimo scudetto – e con un secondo posto e una finale di Europa League, tutto in un biennio. È stato l’allenatore con la distanza ingiusta, per via del covid, ma anche dell’orgoglio ritrovato, del carattere riemerso e del gioco prepotente, aggressivo e ossessivo. E dentro quel gioco c’era l’altro tornante, inteso non come ruolo in campo ma come ex calciatore che rimette piede ancora una volta sul campo dell’Inter e con una maglia diversa, questa volta il Napoli e non la Roma, questa volta in una squadra che lo ha voluto fortissimamente voluto, e dove è al centro dell’attacco e del progetto proprio come lo era all’Inter e proprio per mano dello stesso allenatore, Antonio Conte.

Quel Romelu Lukaku che se ne è andato da Milano non nel migliore dei modi, lasciando fratture e malumori, silenzi e vuoti. E poi c’è Oriali che nessuno avrebbe voluto lasciar andare via: bandiera, presenza, sostanza dell’Inter, che torna a Milano da innamorato di Napoli come spesso racconta Conte.

Dei tre è l’unico vero uomo del nord che torna al nord, ma questa volta con la tuta del Napoli, e come un personaggio di Woody Allen vedrà casa sua abitata da altri e dove un tempo era padrone, con la benedizione di Massimo Moratti e in compagnia di Giacinto Facchetti, ora sarà ospite. E se Lukaku ritroverà lo stesso clima ostile del cattivo dei western che torna nel saloon sbagliato, Conte e Oriali potranno macerarsi per un po’ nei ricordi belli divenendo dei personaggi del racconto di Giuseppe Marotta, da non confondersi con Beppe.

Non che Lukaku non li abbia, i ricordi belli milanesi, sponda Inter, ma a differenza degli altri: li ha bruciati più in fretta nei viaggi a Londra e poi nella sosta romana. Chelsea e Roma, e come c’è arrivato, gli spostamenti da fuggiasco gli hanno bruciato i ricordi belli interisti, li ha persi per troppa mobilità: che normalmente per un attaccante è un grande pregio, ma in questo caso la mobilità era fuori dal campo.

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Chi è il più felice

Si può pensare a Lukaku come a un grande pilota che cerca sempre una macchina diversa, finendo anche per perdersi. Saltando da una fuoriserie all’altra può succedere d’inciampare. È successo anche a Conte a Londra, sponda Tottenham. E forse persino ad Oriali, in casa, inciampando in Branca. Ma ora il Napoli li riporta a Milano in una nuova veste, zeppa d’aspettative e di riscatto. Una catena.

Conte ha trascinato Oriali, e insieme hanno voluto, atteso, avuto Lukaku. E ora i tre vanno a Milano a cercare non Il più felice, ma d’essere felici, vincendo e rimanendo primi, trovando una legittimità che sembra non volere nessuno, nemmeno Aurelio De Laurentiis che partendo per Los Angeles ha fatto sapere che il ritorno allo scudetto è un evento lontano, godetevi l’oggi che di doman non c'è certezza – calcistica. Ma nonostante le impressioni delaurentiisiane, i tre tornanti, ex milanesinteristi, hanno moltissimi motivi per vincere o per cercare di farlo.

Anche se Conte pratica la politica dei due forni: dimesso, moderato e umile al limite della timidezza in conferenza stampa; e aggressivo, tarantolato e opprimente in campo, dove vuole ribadire che uno scudetto e una finale di Champions League non fanno Inzaghi migliore. Oriali – che non lo dirà mai né in conferenza stampa né in campo – perché il mediano passa, ma non parla, vorrebbe vincere e dimostrare d’essere ancora l’uomo congiunzione che si prende cura dei ragazzi per farli diventare uomini, sta nel mezzo della loro linea d’ombra. E Lukaku – che sarà fischiato ancora una volta – vorrà segnare e zittire quei fischi almeno per un attimo, perché è sempre difficile tornare a casa, figuriamoci tornare a segnare contro la squadra che ti ha fatto grande.

Però il calcio non conosce le buone maniere, vive di strappi, di soppressione e sottomissione – calcistica s’intende – e quindi ha bisogno di atti di forza, ha bisogno di sublimare questi desideri e trasformarli in azioni, e dei tre, quello che deve incarnare la forza è Lukaku. E non basta.

Deve segnare e far segnare – come sembra in questa nuova stagione con Conte, un uomo assist prima che un uomo gol – per ribadire che non si è mai felici abbastanza nel ricordo, ma solo nel presente che vince sul passato, solo in una gioia più grande che sposta un po’ più in là quella impolverata e distante nel tempo. Se Lukaku segna e/o fa segnare e il Napoli vince, cambia tutta la stagione. E Milano diventa ancora una volta, per i tre, un luogo di felicità.

Ma se Lukaku non segna e/o non fa segnare e il Napoli perde, allora con l’attaccante belga anche Conte e Oriali rimangono per sempre prigionieri del racconto di Giuseppe Marotta, a cercare Il più felice. Non escono dall’asse dei ricordi, non cambiano direzione, rimettendosi in coda. Un viaggio a vuoto, in un posto di felicità del passato, Milano. E il Napoli si normalizza, smettendo di ingannarsi col sogno, come dice Aurelio De Laurentiis che a Milano preferisce Los Angeles, dove tutto è fiction.

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