Azzurra, Il Moro di Venezia e Luna Rossa rappresentano gli ultimi 41 anni della vela italiana nella più antica competizione internazionale arrivata sino a noi, per la conquista del trofeo più famoso di questo sport: l’America’s Cup. Competizione che disputerà quest’anno, dal 12 al 20 ottobre, la trentasettesima edizione nelle acque spagnole di Barcellona, dove il defender Emirates Team New Zealand sfiderà il vincitore della Louis Vuitton Cup, che è iniziata questa settimana nelle stesse acque con le regate preliminari, al meglio delle 13.

Louis Vuitton Cup che, cambiando nome a seconda dello sponsor, è arrivata al quindicesimo appuntamento e nella quale si sfideranno cinque equipaggi per designare il challenger che incontrerà i neozelandesi: American Magic, Ineos Team UK, Luna Rossa, Alinghi, Orient Express Racing Team e, per questa edizione, anche l’Emirates Team New Zealand fuori classifica.

Si disputerà un doppio round robin – girone all’italiana –, dove ogni squadra affronterà le altre cinque per due volte. Le prime quattro classificate si qualificheranno alle semifinali, la prima classificata potrà decidere chi affrontare.

Le semifinali saranno al meglio delle 9 regate, la finale sarà, invece, al meglio delle 13. Il team vincitore della competizione acquisirà il diritto di sfidare Emirates Team New Zealand per l’assegnazione dell’America’s Cup 2024.

Louis Vuitton Cup che Il Moro di Venezia e Luna Rossa hanno vinto rispettivamente nel 1992 e nel 2000, perdendo la seconda due volte contro i neozelandesi nel 2007 e nel 2010, ma non riuscendo mai a vincere il trofeo più ambito. Luna Rossa Prada Pirelli Team ha poi vinto la Prada Cup 2021, perdendo per la seconda volta l’America’s Cup contro i neozelandesi, attuali campioni in carica.

L’edizione della svolta

Mari, venti e, soprattutto, scafi via via diversi che raccontano meglio di ogni altra cosa la storia e l’evoluzione di questo sport. Basta guardare le immagini di Azzurra del 1983 e quelle di Luna Rossa oggi per comprendere quanto studio matematico ispirandosi alla tecnologia aeronautica sia stato impiegato e impegnato per realizzare le imbarcazioni, i catamarani, che si contendono lo storico trofeo, lì dove i regolamenti e il loro rispetto determinano i confini entro i quali operare e costruire, ognuno con strategie e filosofie diverse.

L’edizione del 1983, quella in cui Azzurra portò per la prima volta la bandiera italiana in questa competizione, è considerata anche quella che di fatto ne ha cambiato la storia: bastò, infatti, un’invenzione per mostrare al mondo la lentezza dei 12 metri, con Australia II che si presentò con una chiglia con le alette, riuscendo così a battere Liberty nelle acque di Newport per 4-3. L’equipaggio italiano si batté bene con una barca lunga 19,98 metri e larga 3,81, costruita in lega di alluminio e con la chiglia di piombo, capace di navigare sotto i 10 nodi di bolina; dove erano ancora gli uomini a fare la differenza nel Match Race, la regata a due che da sempre caratterizza l’America’s Cup.

E quattro anni dopo furono le onde del Pacifico a mandare in pensione i classici 12 metri S.I. (che sta per stazza internazionale), inaugurando l’era degli scafi in fibra di vetro, più leggeri e manovrieri, facendo intuire il futuro della competizione.

Si passò, poi, agli IACC – International America’s Cup Class –, tipo d’imbarcazioni a vela specifiche per la competizione: un monoscafo monoalbero con lunghezza di circa 25 metri, con limiti di tolleranza compresi tra 23 e 25,5.

La regola di stazza IACC ammetteva un range di spostamento variabile da 16mila a 25mila kg con imbarcazione a vuoto. Quando si considera l’assetto in navigazione, con il carico di 16 persone di equipaggio e il rappresentante dell’armatore, vele e accessori, il dislocamento complessivo permesso dal regolamento era di 27.500 kg, con la zavorra che ne costituiva circa il 70 per cento.

In bolina – cavo che serve a tirare verso prora il lato verticale sopravvento delle vele quadre perché stringano il vento il meglio possibile – la superficie velica è di circa 340 metri quadrati, che può salire a 680 in andatura di poppa considerando la randa e lo spinnaker o il gennaker. Prestazioni ottimali di uno scafo ACC sono ottenute con vento reale compreso tra gli 8 e i 20 nodi.

Ed è con questo tipo di imbarcazione che Il Moro di Venezia e Luna Rossa hanno dato il meglio di sé.

Sempre più veloci

Nel 1992 i primi IACC si rivelarono ben più veloci e spettacolari: non a caso iniziarono le dirette televisive delle regate. Il Moro di Venezia di Raul Gardini era lungo 22,90 metri e largo 5,50 per un dislocamento di 24,5 tonnellate, il quale grazie alla costruzione in materiale composito e all’enorme superficie velica toccava velocità a doppia cifra.

Dal marcamento totale dell’avversario si passava in qualche occasione a una regata basata sulla velocità. Per la prima volta l’Italia vinse la Louis Vuitton Cup e si presentò alla sfida finale contro gli americani, perdendola. Toccò poi a Luna Rossa, armata da Patrizio Bertelli, patron di Prada. Nel 2000 vince subito la Louis Vuitton Cup con un’evoluzione della formula IACC, con lievi incrementi nella “potenza” delle barche.

Si ripresenterà, dopo una pausa, nel 2013 con i catamarani classe AC72: l’enorme vela rigida da 260 metri quadrati unita alla leggerezza del mezzo dotato dei primi hydrofoil – ali che permettono di volare sull’acqua, vera grande rivoluzione aggiornatasi continuamente – e la possibilità di sollevare uno dei due scafi lanciavano l’imbarcazione a oltre 40 nodi di velocità; provocando continui ribaltamenti e incidenti gravissimi.

Questi, uniti ai costi folli, con budget che si aggiravano sui 100 milioni di euro, portarono alla decisione di scendere di taglia: AC62 e poi AC50, non senza polemiche e la mancata partecipazione di Luna Rossa.

Equipaggio che torna nel 2021 come Luna Rossa Prada Pirelli Team con gli AC75 vincendo la Prada Cup, che aveva preso momentaneamente il posto della Louis Vuitton Cup, e perdendo poi per 7-3 l’America’s Cup contro i (soliti) neozelandesi.

Scafi leggeri, aerodinamici, capaci di decollare e di galleggiare con estrema facilità e velocità, dove tutto, anche l’equipaggio, deve essere “nascosto” per evitare resistenze durante le regate. In un primo momento si era pensato che la competizione si stesse snaturando, una corsa tra le boe invece che una battaglia tra equipaggi, ma in queste condizioni e con queste imbarcazioni l’equipaggio è fondamentale, anche se numericamente molto inferiore a quelli del 1983, per esempio.

Luna Rossa ha quattro timonieri, tre trimmer e nove cyclors, il trimmer è l’addetto alla regolazione delle vele, il più sagace è di fatto il tattico di bordo e si dice che i più bravi sentano istintivamente il vento, i ciclisti, invece, pedalando, alimentano i sistemi idraulici in modo da permettere ai trimmer di regolare vele e albero, ma solo otto velisti saliranno a bordo per ogni regata. Chissà se questa volta le acque spagnole e i venti delle Baleari, con quello da est che soffia fino alla fine di ottobre, arrideranno ai colori azzurri.

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