Quando il manager pubblico usciva dalla casa dell’imprenditore amico si dedicava a lunghi soliloqui descrittivi della quantità dei soldi incassati. Non aveva calcolato due inconvenienti. Il primo è che mentre parlava i militari della Guardia di finanza lo ascoltavano, il secondo che l’ultimo soliloquio è stato interrotto dalle fiamme gialle che lo hanno arrestato in flagranza di reato con addosso 15mila euro.

L’ultima inchiesta della procura di Roma punta al cuore dello stato dove gli inquirenti sospettano un giro di mazzette, «un articolato sistema corruttivo» con ramificazioni sia all'interno del ministero della Difesa, sia in Sogei spa, controllata al cento per cento dal ministero dell’Economia e delle finanze e sia infine al ministero dell'Interno. Una nuova operazione che si preannuncia un terremoto giudiziario che suggerirebbe alla politica tutta una vera emergenza il cui contrasto non è più differibile: la corruzione.

Un terremoto non solo per la caratura dei dicasteri coinvolti, ma anche dei soggetti indagati: in tutto diciotto e tredici aziende. I militari hanno arrestato Paolino Iorio, numero due di Sogei, riconfermato lo scorso marzo, direttore generale della spa pubblica, partner della pubblica amministrazione nell’ambito delicatissimo dei sistemi informatici. La spa si occupa di modernizzare il paese, ma qualcuno da quelle parti non rinuncia ad affidarsi a metodi mai archiviati: le mazzette.

È lui l’uomo dei soliloqui in auto, mentre usciva dalla villa dell’imprenditore Massimo Rossi, titolare dell’azienda Italware. La procura sospetta un giro articolato di mazzette: Iorio incassava tangenti in cambio degli appalti pubblici, l’impegno era ad acquisire beni e servizi per cento milioni di euro dall’azienda dell’imprenditore.

C’era una periodicità negli incassi, una frequenza di circa due volte al mese, «principalmente presso l'abitazione di Rossi, laddove Iorio sembrava ritirare delle somme di denaro nell'ordine di decine di migliaia di euro, come risulterebbe anche da alcuni soliloqui effettuati da lorio all'interno della propria vettura e monitorati in sede di intercettazione ambientale».

Prima degli incontri c’era una fase preparatoria nella quale Rossi riceveva «denaro contante con modalità sospette e attraverso consegna diretta e non tracciabile», si legge nelle carte notificate dagli indagati.

L’uomo di Musk

Tra gli indagati c’è anche Andrea Stroppa, è il referente di Elon Musk, in Italia. Un brillante informatico, appena trentunenne, che sarebbe stato agganciato dall’ufficiale di Marina Antonio Angelo Masala: anche quest’ultimo figura nel registro degli indagati.

Proprio ascoltando le conversazioni di Masala, gli inquirenti hanno scoperto che quest'ultimo aveva appreso del progetto del governo italiano di acquisizione del «sistema satellitare realizzato e fornito da un noto gruppo statunitense (Starlink di Musk, ndr), e così «approfitta dello svolgimento presso il VI reparto di cui fa parte di una riunione sul tema per agganciare e contattare successivamente il referente italiano del gruppo, Andrea Stroppa».

L’obiettivo di Masala era quello di far entrare Olidata, coinvolgendo il manager Cristiano Rufini, all’interno dell’affare e per questo programmava «lo svolgimento di una certamente illecita attività di propalazione a beneficio di Stroppa (e, suo tramite, dei suoi referenti) di notizie riservate in ordine a decisioni assunte nel corso di riunioni ministeriali».

A Stroppa e agli indagati gli inquirenti hanno sequestrato cellulari e dispositivi informatici in cerca di riscontri alle ipotesi investigative, visto che siamo ancora in una fase preliminare delle indagini.

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