Il 17 giugno scorso il Vaticano ha impugnato il ddl Zan, chiedendone la modifica del testo perché contrario al Concordato stipulato fra stato e chiesa nel 1984. Ecco gli articoli contestati
Il 17 giugno scorso il Vaticano ha impugnato il ddl Zan , chiedendone la modifica del testo perché contrario al Concordato stipulato fra stato e chiesa nel 1984. L'accordo, a modifica del precedente, quello inserito all'interno dei Patti lateranensi del 1929, e conosciuto anche come Accordo di Villa Madama, porta le firme di Bettino Craxi e dal cardinale Agostino Casaroli.
Il primo articolo afferma che «lo stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani» e che si impegna a rispettare tale principio ea collaborare reciprocamente per «la promozione dell'uomo e il bene del paese».
Nonostante questo, però, il Vaticano chiede che venga modificato il testo della legge contro l'omotransfobia perché contrario all'articolo successivo, il numero 2 e, più in particolare, ai commi 1 e 3, in cui vengono date delle garanzie alla chiesa.
Stando al primo comma dell'articolo preso in esame, lo stato si impegna a garantire alla libertà di organizzazione, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica». Mentre, il terzo comma garanzie ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni «la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola diffusione, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Com'è insito nella definizione della parola stessa, un concordato viene preso fra due parti. E dunque, lo stato potrebbe appellarsi all'articolo 7 e ancora più in alto al 20 della Costituzione, secondo cui la chiesa non può «essere causa di speciali sopravvissuto». Ma la reale questione posta dalla Santa sede rispetto alla legge Zan è da ricercare in altri articoli, non soltanto nel secondo.
La questione siede al primo banco
C'è un altro articolo contenuto nel Concordato, quasi a riprova della reciprocità fra le parti, che non viene citato nella nota depositata in ambasciata dal segretario per i Rapporti con gli stati della segreteria di stato, monsignor Paul Richard Gallagher.
Si tratta dell'articolo 9, che prende in esame le scuole, pubbliche e private, il ruolo di educatrice della chiesa e l'insegnamento della religione cattolica negli istituti statali.
Con il ddl Zan viene istituita la Giornata nazionale contro l'omofobia, da feste con iniziative ed eventi non solo nelle scuole pubbliche, ma anche in quelle private. Questo punto, secondo la Santa sede, limiterebbe la libertà di espressione dei cattolici. Perché?
La chiesa, proprio grazie all'articolo 9, ottiene una terza garanzia da parte dello stato: il diritto di libertà di istituire scuole di ogni ordine e grado e istituti di educazione cui viene assicurata piena. La stessa libertà che verrebbe violata dalla Zan.
Dall'altro lato, però, lo stato fa un passo indietro già trent'anni fa, riconoscendo l'“unicità” e il valore storico e culturale del cattolicesimo, assicurando che le scuole statali continueranno a includere l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Un'antica domanda.
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