Giornata mondiale dell’acqua, Istat pubblica un report sulla situazione idrica in Italia nel periodo 2020-2024. La frammentazione dei gestori comporta sprechi e mala gestione. Le perdite totali dalle reti idriche sono cresciute del 10% dal 1999
Dal 1992 il 22 marzo è la Giornata mondiale dell’Acqua. Venne istituita dalle Nazioni Unite ed era lo stesso anno in cui a Rio de Janeiro si teneva il Summit della Terra, si promulgava la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in cui si cominciava a discutere di combustibili fossili, di inquinamento e appunto, di scarsità dell’acqua. Sono passati più di trent’anni e in occasione di questa ricorrenza Istat pubblica un report sulla situazione idrica in Italia nel periodo fra il 2020 e il 2024, concentrandosi su tematiche e rilevazioni diverse nei diversi anni presi in considerazione. Vediamone alcune.
+10% di perdite idriche
Nel 2022 i dati più lampanti sono l’enorme frammentazione gestionale dei servizi idrici italiani per uso civile, ossia per le case delle persone, le scuole, gli ospedali, non per la produzione.
Sono 2.110 i gestori, di cui l'82,4% pubblici e il 17,6% privati. Nonostante siano ampiamenti diminuiti dal 1999, in seguito alla riforma del servizio idrico integrato del 1994, resta una forte frammentazione in alcune regioni (soprattutto del Sud, ma anche in Valle d’Aosta).
Frammentazione implica difficoltà nel gestire in maniera coerente le infrastrutture e infatti l’altro dato importante è che le perdite totali di acqua in Italia sul fabbisogno totale nel 2022 sono state del 42,4%, mentre erano del 32,6% nel 1999: un aumento del 10% in un lasso di tempo in cui i periodi di siccità sono aumentati, a una velocità e intensità spaventose.
Per questa ragione il 2023, il secondo più caldo dopo il 2024, ha visto misure di razionamento nella maggior parte dei capoluoghi di Sicilia, Calabria, Abruzzo, Puglia e Sardegna. Si parla di 14 comuni, un terzo dei capoluoghi del Centro e Sud Italia e di questi, Trapani e Agrigento hanno subito restrizioni per quasi tutti i giorni dell’anno: i residenti avevano turni di erogazione, fasce orarie di rubinetti chiusi e di rubinetti aperti.

Un altro divario meridionale
Non stupisce dunque che l’insoddisfazione maggiore per i costi dell’acqua si ritrovino nel Mezzogiorno: 55,2% nelle isole, 45,6% nel Sud e 42% al Centro, contro una media del Nord del Paese, molto meno affetto da restrizioni oltre che da disservizi, che si aggira attorno al 30%.
Una sproporzione anche più grande la troviamo per quanto riguarda la sfiducia degli italiani nel bere l’acqua del rubinetto. La media nazionale è del 28,7% nel 2024, con però una forbice che va dal 18,4% del Nord-est al 49,5%, nonostante il 76,2% delle famiglie valuti abbastanza soddisfacente la qualità dell’acqua per «odore, sapore e limpidezza». Era l’86,7% però nel 2023.
E secondo i dati di Istat, la preoccupazione dei cittadini per l’acqua è altissima: nel 2024 quasi il 70% degli intervistati si dichiarano preoccupati per gli effetti dei cambiamenti climatici, il 30% teme il dissesto idrogeologico, quasi il 38% l’inquinamento delle acque. Non stupisce, vista la quantità di comuni toccati negli ultimi anni da misure di razionamento e non solo nel periodo estivo. Ma potrebbero influire anche le alluvioni che hanno toccato l’Emilia Romagna, la Toscana e la Sicilia negli scorsi mesi, provocando allagamenti e straripamenti con alti rischi di inquinamento delle acque.
Una notizia lievemente positiva c’è, ed è che il 2022 ha registrato un leggero calo di prelievi di acque minerali per la produzione industriale (18,9 milioni di metri cubi), a conferma del calo più robusto che si era visto nel 2020 dopo cinque anni di crescita ininterrotta fra il 2015 e il 2020.
Lotta agli sprechi
L’Agenda europea per il 2030, fra i suoi 17 obbiettivi ne ha uno dedicato esplicitamente all’acqua, si parla di «garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell'acqua e delle strutture igienico sanitarie». Disponibilità e gestione sostenibile significa soprattutto ridurre drasticamente gli sprechi, agendo da una parte sulle perdite della rete idrica e dunque sulla sua gestione il più integrata e razionale possibile. E dall’altra sul consumo: il grosso degli sprechi non avviene però tanto nelle singole case, abbiamo per lo più imparato a chiudere il rubinetto quando ci laviamo i denti: sappiamo che è una buona abitudine ma non il problema principale.
I consumi da tenere d’occhio sono principalmente quelli delle industrie e del settore agroalimentare con i relativi costi e sforzi di gestione delle acque reflue, alla cui gestione nel 2022 è stato destinato un quarto della spesa totale per la protezione dell’ambiente.
È bene ricordarlo, in questa giornata mondiale dell’acqua. Per la difesa – dal cambiamento climatico, dalla contaminazione, dalla scarsità d’acqua – ci vogliono fondi, impegno e partecipazione da parte del settore pubblico. È già urgente, lo sarà sempre di più.
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