- In Italia i numeri della pandemia sono in calo, ma raccontano anche un’altra storia: ci sono molti più casi oggi di quando un anno fa ci apprestavamo a entrare nella stagione fredda.
- Nel frattempo, facciamo molti meno tamponi che in passato e anche se restiamo uno dei paesi europei con più restrizioni, insieme a Francia e Germania, la situazione potrebbe cambiare.
- I casi di Israele e Stati Uniti mostrano che anche con alte percentuali di vaccinati, le riaperture senza restrizioni possono produrre pericolosi picchi di contagi.
Mancano meno di due settimane all’inizio dell’autunno e per quanto riguarda la pandemia di Covid-19 l’Italia si trova allo stesso tempo messa meglio e messa peggio di un anno fa.
La situazione è migliore perché oggi abbiamo vaccinato oltre il 70 per cento della popolazione sopra i 12 anni e questo fa sì che, a parità di numero di casi, le conseguenze gravi della malattia, come decessi e ricoveri, sono solo una frazione di quelle di un anno fa.
È peggiore perché ci avviamo all’inizio della stagione fredda, con l’aumento delle attività al chiuso, e verso l’inizio della scuola con una circolazione del virus molto più forte di un anno fa, causata da una variante molto più contagiosa.
Nel frattempo, l’aumento di casi e decessi in paesi come Israele e Stati Uniti, che hanno percentuali di vaccinati simili alle nostre, mostrano quali conseguenze può avere abbassare la guardia in questo momento.
Un po’ di numeri
Il monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità pubblicato ieri mostra numeri incoraggianti. L’indice Rt è in calo a 0,92, mentre l’incidenza settimanale di nuovi casi è scesa da 74 contagi ogni 100mila abitanti a 64.
Un confronto con l’anno scorso, però, è meno incoraggiante. Nel settembre 2020, a pochi giorni dall’inizio delle scuole, c’erano circa 35mila persone contagiate, circa 10 decessi e un migliaio di nuovi casi al giorno. Adesso abbiamo circa 130mila persone positive al virus, circa 50 decessi e oltre 5mila nuovi casi al giorno.
La situazione è inoltre molto diversa da regione a regione. La Sicilia, ad esempio, continua a restare in zona gialla, con un numero di ricoveri che mantiene sotto pressione gli ospedali della regione.
Sardegna e Calabria hanno superato la soglia di allarme per il numero di malati Covid-19 ricoverati rispettivamente in terapia intensiva e area medica, ma restando sotto il livello di allarme per uno dei due valori evitano il passaggio in gialla.
Guardia abbassata?
Nel frattempo, l’attenzione con cui le autorità sanitarie seguono l’evolversi della pandemia sembra essersi ridotto.
I tamponi sono il principale strumento per misurare l’andamento della pandemia, prevedere i suoi eventuali picchi ed isolarne i focolai. Gli esperti sono concordi nel dire che, dopo i vaccini, costituiscono l'arma migliore contro la pandemia.
Ma il numero di tamponi molecolari che vengono effettuati in Italia non solo non è aumentato, ma negli ultimi mesi si è addirittura dimezzato. Lo scorso marzo, si facevano circa 200mila tamponi molecolari al giorno, oggi siamo ridotti a poco più di 100mila.
Nel frattempo, le statistiche nascondono in parte questo fatto, poiché è aumentata esponenzialmente la quantità di tamponi rapidi antigenici. Ma questo tipo di tampone è quello fatto per gli screening dei dipendenti delle aziende, per ottenere il green pass: insomma, viene fatto da persone tendenzialmente sane (solo lo 0,1 per cento degli antigenici individua positivi, contro il 4 percento dei molecolari).
Prudenza
Non solo cerchiamo il virus meno che in passato, ma diverse regioni hanno messo in campo ogni sorta di escamotage per evitare di subire nuove restrizioni. I posti di terapia intensiva disponibili hanno ballato continuamente nelle scorse settimane, nonostante il personale medico rimanesse lo stesso. Soluzioni di ogni tipo sono state individuate dalle regioni per dimettere il più in fretta possibile i pazienti, così da liberare posti letto e restare entro le soglie di allarme.
Ma nonostante questo l’Italia rimane uno dei paesi più prudenti d’Europa. Secondo lo Stringency Index, un’indice della severità delle misure anti pandemia elaborato dal portale Our world in data, l’Italia è allo stesso livello di Francia e Germania, con un indice pari a 66. Ben più severo di paesi come Regno Unito, Spagna, Stati Uniti ed Israele.
Il caso di Israele
Nel paese le restrizioni sono state completamente eliminate questa estate e a luglio, Asher Salmon, dirigente del ministero della Salute, aveva commentato che forse la decisione era stata presa «troppo presto».
Oggi, con il 68 per cento della popolazione vaccinata, Israele ha quasi 800 nuovi casi al giorno ogni milione di abitanti ed è sul podio dei paesi al mondo con più contagi. I decessi sono 3,1 al giorno per milione di abitanti, meno degli Stati Uniti, ma il triplo dell’Italia.
Negli ultimi giorni, il picco è sembrato esaurirsi, ma prima di esserne certi bisognerà osservare l’impatto che avrà sui numeri la riapertura della scuola avvenuta in questi giorni. Nel frattempo, anche gli Stati Uniti stanno iniziando a mostrare una dinamica simile.
Le prossime settimane ci mostreranno con quanta serietà il nostro paese si prepara all’autunno, ma guardando all’estero potremo dare uno sguardo anche a quali conseguenze comporta non farlo.
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