Ulm, nel Baden-Württemberg, è la cittadina dove 145 anni fa nacque una delle figure più rilevanti del Novecento: Albert Einstein. L’unico riferimento allo scienziato è una fontana bronzea, peraltro non funzionante, con la sua immagine più evocativa. Uno sberleffo agli dei del marketing, quella linguaccia, che nel tempo è diventata icona pop: Einstein, i Rolling Stones, Alessandro Del Piero, oggi Jude Bellingham
Ulm – Dove l’Europeo non si gioca, dove le fan zone non esistono, in Germania è quasi un’estate come tutte le altre. Quasi, perché le associazioni turistiche tedesche notano un lieve aumento del turismo anche in alcune delle città non toccate dalla grazia Uefa, quelle che non ospitano partite, e anche perché, in fondo, soprattutto dopo il 5-1 della partita inaugurale della Nationalmannschaft contro la Scozia, si inizia a percepire l’entusiasmo anche alla periferia dell’impero. Poi, certo, tutto è relativo.
Come a Ulm, nel Baden-Württemberg, cittadina baricentrica tra Monaco e Stoccarda, nemmeno 130mila abitanti, dove 145 anni fa nacque una delle figure più rilevanti del Novecento, Albert Einstein.
In Italia ci saremmo probabilmente inventati di tutto per sfruttare la coincidenza, in ossequio all’incasso facile, figurarsi: se a Verona si paga per salire sul fasullo balcone di Romeo e Giulietta, la vera città natale di Einstein potrebbe fare davvero di tutto.
La fontana
Invece no, non fa letteralmente nulla, al punto che, in una encomiabile operazione verità, tutte le guide turistiche raccontano che sì, Einstein ci è nato a Ulm, ma papà Hermann e mamma Pauline si trasferirono a Monaco già nell'estate del 1880, quando Albert era poco più che un neonato, quando ancora l’età si misura in mesi.
Di più: «Se cercate la casa natale, rimarrete delusi», recita mestamente l’opuscolo turistico cittadino, spiegando che venne completamente distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Così, lì dove ora sorgono gli uffici giudiziari della città, si trova l’unico riferimento all'illustre (non) concittadino: una fontana bronzea, peraltro non funzionante, con la sua immagine più evocativa, quella con la linguaccia.
Uno sberleffo agli dei del marketing, quella linguaccia, che nel tempo è diventata icona pop: Einstein, i Rolling Stones, Alessandro Del Piero, oggi Jude Bellingham, perché la linguaccia di Euro 2024 è la sua e chissà, potrebbe anche diventarne l’icona.
L’entusiasmo tardivo
Ulm, intanto, è stata tagliata fuori anche dalle nazionali. Nel catalogo con il quale l'Uefa proponeva alle 24 partecipanti una quarantina di strutture da utilizzare per il ritiro, c’erano anche gli spazi del Maritime Hotel di Ulm, ma non li ha scelti nessuno, e così, alla fine, la città si è ritrovata totalmente marginale, ma almeno è stata scelta come base da alcune centinaia di tifosi – principalmente scozzesi, danesi, ungheresi e sloveni – le cui nazionali si trovavano a giocare, appunto, tra Monaco e Stoccarda. L’atmosfera?
Apparentemente floscia, anche tra i tedeschi, questo almeno prima della gara inaugurale: una manciata di bandiere alle finestre, davvero poche, nessuna proiezione su pubblica piazza – su quella della maestosa cattedrale, il 14 luglio, suonerà la Filarmonica di Vienna, ed è il giorno della finale del Mondiale, per capirci – ma diversi maxischermi nei club e televisori nelle birrerie, a dire la verità, e a dispetto dell'apparenza, affollatissime di ragazze e ragazzi con la divisa della nazionale. Schermo gigante led anche in una tensostruttura del quartiere Eselsberg, dove proprio il giorno di Germania-Scozia i tifosi del Vfb Ulm, la squadra cittadina, hanno deciso di festeggiare i 75 anni del club.
In centro poche persone in giro, ma finestre aperte e televisori accesi nelle case (siamo al livello del fantozziano «scusi, chi ha fatto palo?»), con le urla dei festeggiamenti decisamente superiori al numero dei gol, considerando i cinque, otto, dieci secondi di latenza tra un segnale e un altro.
Basta poco per accendere l’entusiasmo, e quel poco (o tanto, perché appunto è tutto relativo) sono stati i gol di Wirtz, Musiala, Havertz, Fullkrug ed Emre Can, tutti in una volta, e così anche la periferia ha capito che col calcio, in questa estate, forse si può volare.
Non è un caso che le bandiere alle finestre, il giorno dopo il migliore dei debutti, siano aumentate simbolicamente anche a Ulm: se è vero che Einstein ci è solo nato, in città è più celebrata la storia Albrecht Ludwig Berblinger, il sarto di Ulm, l’inventore-sognatore che inventò un marchingegno per volare simile al deltaplano. Era il 1811. Lo rifinì, provò a spiccare il volo, ma cadde nel Danubio. Proprio ciò che ora, sulle ali dell’euforia, dovrà evitare Nagelsmann.
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