Il 2024 ha portato in dote altri clienti a Massimo D’Alema. L’ex primo ministro sta offrendo le sue consulenze ad aziende italiane attive in Brasile, nazione attualmente presieduta dal Luiz Inácio Lula da Silva, per tutti Lula, suo collega e amico dagli anni ’90. I fatti certi di questa storia al momento sono solo questi: le altre informazioni disponibili sono poche e contraddittorie. A partire dal nome dei clienti finali dell’ex capo dei Ds.

Domani ha appreso che uno di questi clienti sarebbe Almaviva, ricavi per 1,2 miliardi di euro nel 2023 in 79 paesi nel mondo. Alle nostre domande, l’ex premier ha detto di avere in corso un contratto di consulenza in Brasile, ma di non aver alcun accordo diretto con il gruppo romano: «Almaviva ha una consulenza con una società che non è la mia, io collaboro con questa società», ci ha risposto.

Abbiamo chiesto conferma ad Almaviva: le società del gruppo – è stata la risposta - «non hanno all’attivo contratti di consulenza con l’ex presidente del Consiglio, Massimo D’Alema.

In Brasile, dove il Gruppo è presente da circa 20 anni, è stato recentemente attivato un contratto consulenziale per lo studio e l’analisi pre-commerciale dello scenario di mercato, con una società che non risulta collabori con il presidente D’Alema». Insomma, le versioni non combaciano.

Multinazionale

Famosa per i call center, in quasi 30 anni di storia Almaviva è diventata una multinazionale che offre vari servizi informatici. Il suo fatturato dipende soprattutto dalle attività estere. A fondare il gruppo è stato Alberto Tripi, che oggi è presidente e “special advisor” di Confindustria per l’intelligenza artificiale (scelto dal neo presidente Emanuele Orsini). La gestione operativa di Almaviva, però, è in mano a Marco Tripi, 55 anni, figlio del fondatore, che riveste anche il ruolo di presidente di Almaviva Brazil, la controllata più importante del gruppo.

L’ex leader del centro sinistra, 75 anni, già primo ministro, ministro degli Esteri e parlamentare per sette legislature, ha preferito non dirci come si chiama la società con cui collabora in Brasile, né qual è il suo compito specifico. Ma ha precisato alcuni punti. «Negli anni in Brasile ho creato rapporti con diversi imprenditori brasiliani – ha detto – ho lavorato molto, stiamo parlando di imprese private, non di enti pubblici».

Gli abbiamo chiesto se in Brasile si occupa anche di relazioni istituzionali per conto dei clienti. «Per Almaviva non c’è alcuna relazione istituzionale, si tratta di rapporti con imprese private. Ma se un imprenditore italiano mi chiede di essere presentato a un ministro, beh, questo fa parte del lavoro di accompagnamento». Sul compenso dice di avere «un contratto che prevede di accompagnare queste società italiane che operano in Brasile: il compenso è legato ai contratti fatti, alle success fee». Nessuna cifra fissa, tutto a provvigione. Stima del fatturato per quest’anno? «Una valutazione realistica è di circa 30mila euro».

Compensi inglesi

D’Alema è uno dei tanti ad aver fatto il salto da politico a consulente per le imprese, come per esempio i colleghi Tony Blair e Gerhard Schroeder. «Io sono 11 anni che non sono parlamentare, ho una società in Italia, pago le tasse, presento i bilanci, quando li pubblicheremo troverete lì le informazioni sulle mie attività brasiliane», ci ha detto.

Da quando ha lasciato gli incarichi parlamentari, D’Alema ha continuato a fare attività politica, soprattutto attraverso la Fondazione Italianieuropei, ma non ha mai percepito uno stipendio pubblico. Ha provato a tornare in Parlamento nel 2018, candidato al Senato per Leu: non ce l’ha fatta. Oggi partecipa a dibatti, presentazioni, rilascia interviste, ma sotto il profilo finanziario punta tutto sull’imprenditoria: vini e consulenze alle imprese.

L’ultimo bilancio della sua DL&M Advisors, che si occupa di quest’ultimo settore, dice che le consulenze vanno benissimo: fatturato di 2,9 milioni di euro, liquidità per 1,3 milioni, patrimonio netto di 2,5 milioni, debiti per circa 660mila euro, quasi tutti non bancari. La società ha come scopo la «consulenza nell’ambito dei processi di internazionalizzazione dei mercati africani, asiatici, Far east, Middle east e Balcani». Mancano quelli americani, ma lo statuto può essere sempre ampliato.

L’impresa incassa tanto, ma anche le spese non sono poche: nel 2023 ha sborsato quasi 1 milioni di euro per non meglio specificati servizi. Alla fine l’utile netto per l’ex premier è stato di 1,3 milioni di euro. Clienti? Non sono menzionati nel bilancio, ma un’indicazione geografica c’è: la stragrande maggior parte del fatturato è arrivato da aziende italiane, mentre una parte (300mila euro) aveva come mittente l’Inghilterra.

Nel frattempo, D’Alema ha sicuramente ampliato il suo parco clienti. Come ha rivelato Open, all’inizio del 2023 ha aperto la A&I, società di consulenza registrata in Albania. Un Paese dove l’ex premier ha molti sostenitori, data la scelta del governo italiano da lui presieduto di sostenere i bombardamenti della Nato contro i serbi a difesa della popolazione albanese del Kosovo. Ma sui dettagli della sua attività, anche in questo caso, D’Alema non vuole dire molto.

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