Il governo ha affidato proprio a Sace il ruolo di sostegno al Green New Deal italiano, con una dotazione di 2,5 miliardi di euro per il rilascio di garanzie "verdi". Eppure in tutto il mondo Sace supporta progetti contestati dagli ambientalisti
- Sace (che sta per Servizi assicurativi del commercio estero) ha mandato di sostenere l'export e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, attraverso l'assicurazione del credito ed il rilascio di garanzie finanziarie.
- Grazie a questo paracadute pubblico, Sace può trasferire i propri impegni finanziari, cioè i rischi di cui si è fatta carico, sui conti del ministero dell'Economia, dove è stato istituito un fondo apposito, denominato "Fondo Sace".
- Una triangolazione arzigogolata che nei fatti si traduce in un sussidio pubblico ai privati. Ma quali privati?
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An unidentified man walks along oil pipelines belonging to Agip Oil company in Obrikom, Nigeria, Monday, March 6, 2006. Armed militants in Nigeria vowed Sunday to cut daily oil exports from this West African nation's troubled delta region by another 1 million barrels by the end of March, as OPEC nations prepared for a strategy meeting in Vienna this week. A wave of militant assaults on pipelines and oil facilities has already cut production by 455,000 barrels per day in Nigeria, which normally exports 2.5 million barrels of crude daily. (AP Photo/George Osodi)
È uno dei principali strumenti di politica economica nelle mani del governo, eppure se ne parla poco o niente. Sace, l'agenzia di credito all'esportazione italiana, può influenzare le sorti di interi settori industriali, mobilitando risorse paragonabili a quelle di una manovra finanziaria.
La vicenda Fca andata in scena la scorsa estate ha temporaneamente acceso i riflettori sull'agenzia, a cui è stato affidato il programma Garanzia Italia tramite cui la casa automobilistica ha potuto beneficiare di un maxi prestito di 6,3 miliardi di euro garantito proprio da Sace, e contro-garantito dal Tesoro. Trascorso il clamore iniziale, però, sull'agenzia è calato nuovamente il silenzio.
Di fronte a una fase in cui il ruolo della finanza pubblica assume sempre maggiore centralità, prestare attenzione all'operato di questo ente è quantomai importante per riuscire ad incidere sulla gestione e sulla distribuzione delle risorse che verranno iniettate nell'economia italiana.
Cos’è Sace
Controllata interamente da Cassa depositi e prestiti, che ha rilevato a sua volta la partecipazione detenuta dal ministero del Tesoro, Sace (che sta per Servizi assicurativi del commercio estero) ha mandato di sostenere l'export e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, attraverso l'assicurazione del credito ed il rilascio di garanzie finanziarie.
In altre parole, il suo ruolo è supportare la grande industria facendosi carico dei rischi (politici, economici e commerciali) delle imprese o delle banche.
Interviene, per esempio, nel caso in cui una commessa non venga pagata, qualora un progetto fallisse, o allorché la banca non riuscisse a recuperare il suo credito.
Fin qui tutto nella norma di una compagnia assicurativa, se non fosse che Sace gode di un privilegio fondamentale, ovvero quello di essere a sua volta assicurata dallo stato.
Grazie a questo paracadute pubblico, Sace può trasferire i propri impegni finanziari, cioè i rischi di cui si è fatta carico, sui conti del ministero dell'Economia, dove è stato istituito un fondo apposito, denominato "Fondo Sace". Una triangolazione arzigogolata che nei fatti si traduce in un sussidio pubblico ai privati. Ma quali privati?
Eni, Fincantieri e MSC
Il portafoglio privato di Sace, che al 2020 ammontava a 46 miliardi di euro, è dominato da due soli settori, quello crocieristico e quello del petrolio e gas. Comparti a loro volta caratterizzati da un'elevatissima concentrazione, con un numero ristretto di imprese che occupano buona parte del mercato. Eni, Fincantieri, MSC, sono i grandi beneficiari delle garanzie Sace.
Come dimostra il rapporto appena pubblicato da Re:Common “Stato di Garanzia”, dal 2016 al 2020 l’agenzia ha supportato il comparto dell’oil&gas con ben 8,6 miliardi di euro, il 14 per cento del totale delle risorse mobilitate da Sace nello stesso arco di tempo.
Il 2019 è coinciso con un’impennata dei finanziamenti a questo settore, su cui hanno indubbiamente inciso le operazioni deliberate da Sace in favore dei progetti di Eni e Saipem in Mozambico, che ammontano a 1,6 miliardi di euro.
Il nodo sempre più stretto con cui Sace si è legata al comparto fossile italiano in questi anni ha creato un pericoloso conflitto di interessi, vincolando la sostenibilità finanziaria della prima alle performance di Eni e di altre aziende energetiche. Essendo però Sace a sua volta controllata dal Tesoro (seppure tramite Cdp), le sue partecipazioni in progetti fossili rischiano di incentivare politiche che possano favorire le aziende del settore, con Eni in cima alla lista.
Sace è inoltre coinvolta in alcune delle opere più dannose per il clima attualmente in fase di realizzazione nel Pianeta. Tra questi c'è Arctic Lng-2, un enorme impianto di liquefazione di gas in costruzione nella regione artica siberiana.
Nell'ottobre del 2020, Re:Common era entrata in possesso di un documento riservato che rivelava l’interesse di Sace a partecipare a questo progetto, attraverso il rilascio di una garanzia da circa un miliardo, probabilmente in favore delle società italiane coinvolte - Saipem - così come delle banche che potrebbero finanziarlo - Intesa Sanpaolo.
La notizia di pochi giorni fa è che, sebbene Francia e Germania sembrerebbero essersi tirate fuori da questo progetto, Sace ha deciso di andare avanti con l’istruttoria, che è ora in dirittura d'arrivo. Una decisione che mostra chiaramente come quest’agenzia non si faccia scrupoli quando c’è da sostenere l’agenda estrattivista del Sistema-Paese.
Sace non ha smentito nemmeno il suo coinvolgimento nell'oleodotto East African Crude Oil Pipeline (EACOP), pensato per trasportare petrolio dai giacimenti ugandesi a ridosso del Lago Alberta fino alla Tanzania. Diverse le società italiane coinvolte, tra cui Saipem, Nuovo Pignone e quasi sicuramente Bonatti.
Il ruolo nel Green New Deal
Nonostante tutto questo, il governo ha affidato proprio a Sace il ruolo di sostegno al Green New Deal italiano, con una dotazione di 2,5 miliardi di euro per il rilascio di garanzie "verdi". Finora, l'agenzia ne ha approvate nove, per un totale di 700 milioni, di cui la prima in favore del colosso dell'acciaio Arvedi, e un'altra verso Ghella, azienda leader nelle grandi opere infrastrutturale. Non proprio campioni della sostenibilità.
Al 2020, il totale delle contro-garanzie statali a favore di Sace si attestava sui 23 miliardi di euro, oltre un terzo dell’esposizione complessiva dell’agenzia. Una quota che però è destinata ad aumentare sempre di più a seguito delle misure approntate dal governo nei mesi scorsi.
Con il decreto Liquidità, infatti, il governo ha incrementato il potere dell’agenzia di credito, stanziando risorse pubbliche senza precedenti per farsi carico degli impegni già assunti da Sace, che così è stata lasciata libera di rilasciare nuove garanzie. A conferma di questo, il volume delle operazioni dell'agenzia nel 2020 ha quadruplicato quello del 2019.
A beneficiarne, però, sono sempre gli stessi. L'esiguo lotto di sette imprese, tra cui FCA, Fincantieri e il colosso del petrolchimico Maire Tecnimont, ha ricevuto garanzie complessive per ben 8,6 miliardi di euro, tutte contro-garantite dallo Stato.
Decide il ministero dell’Economia
Lo stesso Decreto Liquidità ha anche riformato la governance di Sace, assoggettandola alla direzione del ministero dell’Economia, il quale agisce di concerto con il ministero degli Affari esteri e un Comitato interministeriale istituito ad-hoc. Si va però verso un vero e proprio passaggio di proprietà dell'agenzia, come previsto dal Decreto Agosto, che da Cassa depositi e prestiti tornerebbe al Tesoro per la cifra di 4,25 miliardi di euro.
Si torna quindi alla vecchia configurazione di Sace a guida diretta del ministero dell’Economia. Ma l’esperienza degli ultimi venti anni ci dice che non necessariamente una linea di comando più corta aumenta la trasparenza di questa agenzia o previene il suo coinvolgimento in progetti alquanto controversi.
Nel 1999 lo scandalo della diga di Ilisu, che avrebbe inondato il sito archeologico unico di Hasankeyf nel Kurdistan turco, portò la SaceSace alle luci della ribalta. Dopo il ritiro del governo inglese dal progetto, in seguito a proteste popolari in mezza Europa, anche la Sace fu costretta a ritirare la garanzia per Impregilo (ora Salini) che lasciò il progetto.
Ciononostante, dieci anni dopo la Sace ha garantito le operazioni di Salini in Etiopia, sempre relative a mega-dighe devastanti per le comunità locali nella valle dell’Omo. Ad inizio del 2000 la Sace ha garantito i prestiti a favore di Snamprogetti, allora appartenente al gruppo Eni, nel progetto corrotto di Bonny Island in Nigeria, per cui in seguito l’Eni patteggiò negli Usa le accuse di corruzione con una sanzione di 365 milioni di dollari.
Nel 2014, un altro progetto corrotto ha visto il coinvolgimento di Sace a sostegno del contratto di oltre 600 milioni di euro della Maire Tecnimont per la centrale a carbone di Punta Catalina in Repubblica Dominicana, per cui l’Odebrecht ha patteggiato le accuse di corruzione in Brasile e Stati Uniti e la Tecnimont è finita sotto indagine a Milano.
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