David era speciale: me ne accorsi subito, quasi trent’anni fa quando iniziai a lavorare insieme a lui alla Rai. Da allora non l’ho mai lasciato, sino a quando è entrato in politica
David era speciale. Me ne accorsi subito, quasi trent’anni fa. Non aveva nulla del giornalista cinico e distaccato. Da allora non l’ho mai lasciato, sino a quando è entrato in politica. Con lui ho fatto un lungo, avventuroso percorso professionale da una rete all’altra, sino al Tg1 Rai. Anzi a dire il vero io seguivo lui, di qualche anno e con molta più esperienza di me.
Eravamo insieme a Samarcanda e negli altri bei programmi di Santoro, che ci stava insegnando il coraggio e la testimonianza diretta, a non nasconderci dietro la telecamera. All’epoca in una televisione ingessata, tutto ciò era rivoluzionario.
Ero con David, quando Michele salutò la Rai per Mediaset, ci ritrovammo al tavolo anche con Sara Scalia. Ci guardammo negli occhi: eravamo già un gruppo di lavoro. Lavorare con David, è stato tutt’uno con essergli amico, con la moglie Sandra, i suoi adorati figli. Lavoro, pranzi, viaggi insieme, come in un clan, in cui spesso le vicende personali si fondevano con il lavoro.
Rai2 con Vita in Diretta (cambiammo il nome da Cronaca in diretta) per testimoniare la nostra volontà di attenuare la allora morbosa presenza di cronaca nera nel programma. Io a fare il suo braccio destro e poi inviato dall’Albania, insieme a colleghi come Grazia Graziadei, ora vicedirettrice del Tg1.
Poi il terremoto del 1996, una diretta di due ore in prima serata che dimostrò inequivocabilmente quel che già era: un formidabile cronista in grado di mantenere la bussola in ogni circostanza ma anche di restituire emozioni, senza timore di esporsi.
Il successo
Arrivano i riconoscimenti da parte di Enzo Siciliano (allora Presidente Rai) e Giovanni Tantillo direttore di Rai1. Gli affidano un programma di prima serata, io al suo fianco come autore. Nacque Novantotto. Sei puntate di prima serata, un folle circo fatto di sei camion che dovevano fissare un gigantesco set televisivo ogni martedì in qualche punto d’Italia.
Di nuovo una bella serie di seconde serate, nella Rai2 di Freccero, La nostra storia, insieme a un altro grande compianto giornalista, Beppe Cremagnani. Poi un sabato accompagnamo Walter Veltroni che ispeziona la Galleria Borghese, chiusa da 14 anni. Nasce il documentario “Paolina e le Altre”, che David presenterà in prima serata in occasione della riapertura della Galleria e del vertice europeo.
Infine l’approdo al Tg1, lo seguo anche là, prima nel programma pomeridiano, poi alla conduzione del Tg1 delle 13.30. Di nuovo in un bel piccolo gruppo di colleghi e amici, Paolo Giuntella, Romano Tamberlich, Lamberto Sposini, Raffaele Genah, il suo grande amico Massimo De Strobel io, il più giovane del gruppo, a imparare.
Sempre alla ricerca di nuovi orizzonti professionali mai spaventati dal nuovo. David diventa vicedirettore e conduce l’edizione delle 20, David è leader delle battaglie interne al Tg1 per evitare compromessi e subalternità. Sempre con determinazione, sempre con compostezza.
Il ricordo di quando mi chiama in Afghanistan, ero in trattativa con i talebani per ottenere la sequenza video che mostrava le circostanze terribili della prigionia di Daniele Mastrogiacomo. Devo lasciare il satellitare e tutto e per sei ore scompaio. Al ritorno dopo la difficile trattativa la prima telefonata è di David, la voce preoccupata e quasi di rimprovero di un fratello maggiore. Ma anche poi la gioia di poter annunciare insieme quello scoop che spiegava quanto era necessario fare ogni cosa per liberare Mastrogiacomo, insieme nell’edizione delle 20.
David si dedica alla politica con un risultato subito eccellente. E lì è un’altra storia: il suo discorso contro il fascismo al Parlamento europeo mi commuove perché fa sentire la trama dell’insegnamento di suo padre, della generazione che ci ha preceduto, sino all’ultima intervista che gli ho fatto all’inizio della pandemia in Petrolio Antivirus.
La nettezza delle sue parole. Ce la faremo solo se saremo insieme. Sì David, insieme. Grazie per quello ci hai lasciato, tuo Duilio.
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