- Il sistema Salerno è finito travolto dall’indagine della magistratura che approfondisce i rapporti tra politica e mondo delle cooperative.
- Ma quello delle cooperative è solo una delle questioni che riguardano il sistema di potere che Vincenzo De Luca, eterno primo cittadino, ha edificato a partire dal lontano 1993.
- «Questa è un’indagine importante, ma è la minutaglia, serve certamente a dimostrare la vicinanza dei potentati economici alla politica, ma quello che indica questa inchiesta è altro: una certa tregua è definitivamente finita, è chiusa l’epoca della disattenzione», dice l’ex giudice Michelangelo Russo.
Il sistema Salerno è finito travolto dall’indagine della magistratura che approfondisce i rapporti tra politica e mondo delle cooperative. L’inchiesta fotografa la situazione relativa alla cura del patrimonio pubblico che in consiglio comunale, a partire dal consigliere Giuseppe Ventura, era già stata sollevata: doppi costi, scarsa pulizia, sprechi in un quadro di proroghe continue che hanno favorito gli uomini forti del mondo delle coop. Favori, vantaggi che, secondo la procura, hanno avuto come contropartita pacchetti di voti. Ma quello delle cooperative è solo una delle questioni che riguardano il sistema di potere che il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, eterno primo cittadino, ha edificato a partire dal lontano 1993.
«Salerno non è più la città dei grandi sogni, del parco del Mercatello inaugurato dal presidente Oscar Luigi Scalfaro, dei grandi progetti di rilancio delle periferie, dell’ambizione di una città possibile, oggi è terra di conquista di mega potentati economici, il trionfo della filiera del cemento e della speculazione, è in corso un assalto al territorio», dice a Domani l’ex magistrato Michelangelo Russo.
Particolare la storia di Russo che oggi è diventato uno dei più strenui avversari del sistema politico salernitano, ma che nel 2016 ne ha salvato il dominus. Russo da presidente della corte di appello ha assolto Vincenzo De Luca dall’accusa di abuso d’ufficio, un’eventuale condanna in secondo grado avrebbe confermato la sospensione e il tramonto di una carriera politica, nata grazie a manette e arresti, richiesti all’epoca proprio dal Russo pubblico ministero.
Un magistrato nella storia
Corsi e ricorsi storici di una storia cittadina dove spesso i poteri, giudiziario e politico, si incrociano e, a volte, si mischiano. Era il 1993 quando l’allora sindaco Vincenzo Giordano viene travolto dall’inchiesta sulla tangentopoli salernitana, arrestato, processato e assolto. A chiedere l’arresto proprio Michelangelo Russo che ha ricordato la conclusione del processo in cassazione con la prescrizione del reato. Russo torna anche sull’assoluzione di De Luca, un caso finito anche in parlamento per una possibile incompatibilità del giudice.
«Io rifarei cento volte la stessa sentenza approvata dalla cassazione, fu una sentenza eccezionale», dice Russo che oggi non risparmia severi giudizi sul sistema Salerno.
Domani ha raccontato le critiche mosse da Russo alla scelta di nominare Claudio Tringali, ex giudice, come assessore alla trasparenza della nuova giunta varata dal sindaco Enzo Napoli. Proprio adesso che la giunta è travolta dallo scandalo cooperative con funzionari indagati, dirigenti arrestati e Napoli indagato per turbativa d’asta.
Russo torna sulla questione. In che modo l’incarico di Tringali può rappresentare un freno alle indagini? «Tringali è ancora autorevole, la sua nomina è un segnale condizionante, il messaggio che passa è questo ‘guardate che noi abbiamo un contatto diretto con i giudici’. Così si condiziona indirettamente chi potrebbe voler parlare o denunciare che non lo farà perché lo riterrà inutile. Le persone possono credere che lui possa influire nello sviluppo delle indagini. Tringali, persona perbene e retta, di certo non lo farà, ma alle persone normali arriva un segnale chiaro».
Critiche anche all’idea di coinvolgere Franco Roberti, ex capo della procura di Salerno, ex capo della direzione nazionale antimafia, che a carriera finita è diventato prima assessore regionale con De Luca presidente e poi parlamentare europeo del Pd.
«Roberti, Tringali sono ottimi magistrati, però, come diceva Sandro Pertini non bisogna solo essere indipendenti dal potere politico ma anche sembrare e apparire tali». L’ex giudice in versione fustigatore non risparmia critiche anche all’incompatibilità del capo dell’opposizione Michele Sarno che è anche avvocato di Fiorenzo Zoccola, il ras delle cooperative in carcere per associazione a delinquere.
«Può sapere cose con le quali potrebbe condizionare le attività del comune visto che lui consiglia, assiste, ascolta il principale accusato, deve liberare la città da questa ambiguità, scelga di fare o il capo dell’opposizione o l’avvocato difensore di Zoccola». Ma Sarno, in tv a Non è l’Arena su La7, ha chiarito che non sente imbarazzo visto che da politico denuncia un sistema e Zoccola sta parlando con i magistrati.
Segnale chiaro che i racconti del ras delle coop vanno nella direzione del lento sgretolamento del meccanismo di potere. Il rapporto tra avvocatura, magistratura e politica finisce sullo sfondo quando Russo mette in fila le questioni aperte che riguardano la visione di città.
Il sacco di Salerno
«Questa è un’indagine importante, ma è la minutaglia, serve certamente a dimostrare la vicinanza dei potentati economici alla politica, ma quello che indica questa inchiesta è altro: una certa tregua è definitivamente finita, si è chiusa l’epoca della disattenzione», dice Russo.
L’ex giudice affronta il tema del ciclo edilizio, la città continua a coprirsi di cemento e mattone non per esigenze abitative, ma speculative. «C’è una vicenda relativa alla costruzione delle torri gemelle di quindici piani, in zona ex Marzotto, parliamo di 150 milioni di investimenti. Lì è stata spostata una strada, un ex consigliere comunale Giampaolo Lambiase, solleva la questione della regolarità, se siamo in presenza di una edificazione illegittima scatta la lottizzazione abusiva e c’è l’obbligo di confisca», attacca Russo.
Il consumo di suolo a Salerno e in provincia non si è arrestato neanche durante l’emergenza pandemica. Nel 2020 il cemento ha divorato quasi 40 ettari di suolo, circa l’8 per cento dell’intera superficie provinciale, la città ha un terzo del territorio consumato, con un aumento della cementificazione (dal 2019 al 2020) di altri 4,86 ettari. L’incremento maggiore accertato nel territorio provinciale. Si registrano mega progetti, autorizzati dalla regione, anche nella zona della costiera amalfitana. «Veri e propri buchi in una zona di pregio e ambientalmente delicata, sono tutti investimenti collegati a una filiera che va dalle cave ai cementificatori, un sistema economico che regge il modello salernitano», conclude Russo.
Imprenditoria di riferimento, posti di lavoro, consensi e sacco edilizio camminano a braccetto. Tra un mese si ricorda la tragedia del terremoto che, nel 1980, ha colpito terra campana. Quattro decenni fa, dopo il sisma, Enrico Berlinguer da Salerno lancia una sfida al paese: «la questione morale è divenuta oggi la questione nazionale più importante» e denunciava errori e speculazioni. Il cemento è diventato il motore dello sviluppo urbanistico e del consenso, il punto di incontro tra classi dirigenti, professionisti e politica, il fulcro del sistema che assegna posti e garantisce voti. Un sistema che si ritrova simile nel mondo delle cooperative travolto dall’inchiesta giudiziaria. Nel caso delle coop, l’imprenditore è Fiorenzo, detto Libero, Zoccola, infatti, ha il «potere di condizionare, attraverso le proprie capacità di attingere ad ampi bacini di voto, l'operato di un organo di vertice a livello comunale», scrive la giudice Gerardina Romaniello.
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