Nell’agenda del boss e capo ultrà laziale, nomi di politici e personaggi noti: da Sandro Cochi a Pino Insegno. Una sorta di manuale d’istruzioni utile a mostrare quanto il crimine nella città di Roma sia enigmatico e fluido
Conduttori, politici, imprenditori e medici: dalla Rai alla regione, passando per il futuro governo delle destre. Nella rubrica di Fabrizio Piscitelli, ultrà e narcotrafficante, ucciso a Roma il 7 agosto di cinque anni fa, ci sono numeri di amici, conoscenti e di quei mondi a cavallo tra politica, curva, spettacolo e intrattenimento.
Massimo Carminati, il nero intramontabile della Banda della Magliana, di nuovo in giro a fare affari, lo chiamerebbe il mondo di mezzo. La rubrica di Piscitelli, che Domani ha consultato, è un manuale d’istruzioni per capire quanto il crimine a Roma sia enigmatico e fluido, un fiume carsico che attraversa la città. Per l’omicidio del narco-ultrà a processo c’è l’argentino Esteban Calderon, accusato di aver ucciso con un colpo di pistola la Strega, o Diabolik, i due nomignoli affibbiati a Piscitelli.
Sul fronte del processo sembra emergere chiaro uno spaccato, già indicato nell’agosto 2021 da questo giornale che aveva fatto il nome di Leandro Bennato. A volere morto Piscitelli c’è stato un fronte largo che vede partecipe e favorevole anche Michele Senese, re di Roma da 30 anni, al quale Bennato è legato. L’unico attualmente a processo per l’omicidio è il presunto esecutore materiale. Torniamo alla rubrica. Chi è presente nell’agenda privata del narco-ultrà non ha nulla a che fare con gli affari criminali della Strega, ma la commistione racconta i mondi frequentati dal re della curva laziale, il boss che a Roma nord era come un sultano.
Il primario amico
Alla lettera P della rubrica spunta Andrea Pacileo. Chi è? Uno psichiatra dell’ospedale San Giovanni, rischia il processo per corruzione e procurato allarme. Avrebbe, con certificati e visite fittizie, favorito il narcotrafficante Elvis Demce. Proprio lui, l’amico di Piscitelli, uno dei malavitosi albanesi più rappresentativi nella Capitale, oggi in carcere dopo anni di bella vita e impunità. Una impunità accresciuta anche dalla compiacenza di alcuni professionisti, tra questi ci sarebbe proprio Pacileo. Durante le visite fittizie il narcotrafficante albanese incontrava amici d’affari, protetto dall’urgenza sanitaria.
I carabinieri hanno ricostruito le visite di Demce al reparto di psichiatria della struttura ospedaliera, totalmente estranea alle contestazioni. Pacileo avrebbe aiutato il narcos con falsi certificati per uscire dal carcere, assegnandogli poi una terapia basata su una condizione medica inesistente, tutto in cambio di soldi. Lo stesso malavitoso chiacchierone confidava a un sodale la strategia: «Bipolare, schizofrenico, paranoico, sociopatico, auto ed etero lesionista... me sto a buttà pure a tossico. Solo questa me ce mancava, mo c’ho tutto. Alcolista e tossico».
Una vecchia pratica, quella di fingersi pazzo, portata a Roma da Michele Senese, chiamato proprio “‘o pazzo”. Per anni, con false perizie e certificazioni, è entrato e uscito dal carcere. Ma perché Piscitelli aveva il numero di Pacileo? Perché anche lui, e su questo non ci sono contestazioni da parte degli inquirenti, era un paziente del noto psichiatra. Abbiamo provato più volte a chiamare Pacileo, ma il numero risulta staccato.
La favoletta della doppia vita
Se Pacileo ha un guaio con la giustizia, i nomi che seguono risultano d’interesse perché raccontano i rapporti con Piscitelli e la sua rete di conoscenze, ma sono totalmente estranei alle indagini. Alla lettera S c’è Paolo Signorelli, tifoso laziale, giornalista, e nel governo di Giorgia Meloni, portavoce del ministro-cognato, Francesco Lollobrigida. Signorelli si è dovuto dimettere dopo le chat pubblicate che raccontavano la sua confidenza e amicizia con Piscitelli.
Proprio Lollobrigida, nell’agosto 2019, interveniva per chiedere funerali pubblici per il narco-ultrà, le ragioni di quel suo intervento restano ignote visto che la commissione parlamentare antimafia, che indaga sull’affare Diabolik, ha avviato le sue attività recependo una relazione nella quale si parte da un assunto totalmente mendace, che la doppia vita di Piscitelli fosse ignota fino alla morte.
La favoletta dell’uomo di sport e tifoso fino all’incredibile scoperta della sua vita da boss. Non è così, chi fosse Piscitelli era noto ai criminali, agli inquirenti, agli osservatori della materia che ne avevano già scritto e a buona parte dei sampietrini della città. Torniamo alla rubrica.
Pino è un amico
«Fabrizio Piscitelli? Fabrizio era un mio amico». Il numero di cellulare di Pino Insegno, attore e conduttore televisivo vicino alla premier Giorgia Meloni, è tra quelli in rubrica cartacea e personale del narco-ultrà. A Insegno – che ha prestato la voce nel docufilm firmato da Stefano Calvagna su un altro Fabrizio, Toffolo, tra i protagonisti della tifoseria laziale – chiediamo un ricordo di Diabolik a cinque anni dalla sua morte.
«Non posso rilasciare interviste senza l’autorizzazione della Rai», risponde. Ma prima di riattaccare, quando gli viene detto che il suo numero privato è nella rubrica del narcotrafficante ucciso nel parco degli Acquedotti a Roma, ribatte che sì, è normale, «Fabrizio era un amico».
Il politico
Nessuna dichiarazione, «per evitare le solite strumentalizzazioni della stampa», dice Alessandro Cochi, dipendente della giunta regionale e in particolare della segreteria dell’assessorato al Turismo, Ambiente e Sport. È il braccio destro di Elena Palazzo, l’assessora meloniana nella giunta guidata da Francesco Rocca. È proprio Cochi a rappresentarla in molti eventi sportivi in regione. Anche il numero dell’ex consigliere comunale del Pdl, nonché già delegato allo Sport ai tempi del sindaco Gianni Alemanno, è nella rubrica di Fabrizio “Diabolik” Piscitelli.
Il motivo? «Fabrizio era un tifoso, posso parlarne solo ricordandolo sotto questo punto di vista, era dinamico e costruttivo», risponde Cochi. Per il resto nulla vuole aggiungere da politico, il Cochi “salvato” in rubrica da Piscitelli col diminutivo di Sandro, anche «perché non mi piace fare dichiarazioni quando qualcuno muore». Morto ammazzato in un delitto di chiara matrice mafiosa.
Se il politico è poco loquace con Domani a proposito del capo ultrà degli Irriducibili, non lo è tuttavia sui social, dove si lascia andare a commenti su diverse questioni d’attualità. L’ultima “opinione”, per esempio, è sulla strage di Bologna. «Gli atti dei processi fatti (e negati) non rappresentano purtroppo la verità assoluta. Per quelli ci sono voluti colpevoli di comodo per vittime e feriti deviati, strateghi del terrore e della destabilizzazione», il commento sul drammatico attentato neofascista del 2 agosto 1980.
L’agenda di Fabrizio Piscitelli è ricca di nomi e numeri, ci sono infermieri, imprenditori del settore della vigilanza privata, giocatori, manager e giornalisti sportivi, avvocati e servitori dello stato. Nomi e numeri riportati con grande meticolosità e precisione: in quei fogli ci sono semplici amicizie, ma anche affari, legami e relazioni del narco-ultrà.
Tra i nomi ci sono anche gli amici fasci e quelli della banda criminale come Alessandro Telich, salvato come “er tavoletta”, uno che vendeva cellulari criptati e bonificava ambienti e auto con società a Dubai, ma anche Luigi Ciavardini, ex Nar, condannato per falsa testimonianza nelle indagini per la strage di Bologna.
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