Via libera al ricorso congiunto per separazione e divorzio con un unico atto. Lo ha deciso la Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza numero 28727 su una questione sollevata dal tribunale di Treviso.

La riforma Cartabia del processo civile aveva introdotto la possibilità del ricorso congiunto ma le interpretazioni dei giudici sembravano limitare notevolmente questa possibilità. La sentenza della Cassazione ora rende possibile questo ricorso sia ai divorzi consensuali sia a quelli giudiziali, offrendo sia un risparmio di tempo sia una limitazione dei costi per le parti.

Questo nuovo approccio mira a stabilizzare gli accordi, prevenendo futuri sconvolgimenti e incertezze economiche. La recente decisione della Cassazione fornisce chiarezza in merito a questa pratica, affermando il principio per cui «in tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art 473 bis 51 cpc è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio».

I coniugi pronti al divorzio dovevano prima avviare una procedura di separazione, cioè trovare un accordo, pagare la parcella all’avvocato, versare un contributo unificato e poi, se volevano proseguire con il divorzio dovevano ricominciare tutto daccapo. Due cause per raggiungere lo stesso obiettivo. Da adesso sia per i casi consensuali sia per quelli giudiziali, si anticipa l’istanza di divorzio. Il giudice, decorsi sei mesi per le consensuali e 12 mesi per le giudiziali, può emettere la sentenza.

L'Organismo congressuale forense ha accolto con favore questa decisione, elogiando la Corte di Cassazione per aver risolto le divergenze interpretative e ristabilito un criterio uniforme di applicazione dell'art 473 bis n.49 cpc. Questo verdetto è stato emesso in seguito a una richiesta di chiarimento avanzata dal Tribunale di Treviso, che ha invocato l'art 363 bis cpc2 per ottenere indicazioni in sede di legittimità su una questione di diritto particolarmente complessa.

Dopo l'entrata in vigore della riforma Cartabia, si era registrato un proliferare di pronunce contrastanti in vari Tribunali italiani, da Treviso a Firenze, da Genova a Milano, da Vercelli a Lamezia Terme, da Bari a Padova. L'Organismo congressuale forense aveva quindi sollecitato il Ministero a intervenire con una norma per chiarire la disciplina. Ora, grazie alla decisione della Cassazione, si è giunti a un’interpretazione chiara.

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