«Ho lo spray al peperoncino», dice in tono rassicurante una ragazza al telefono su un autobus notturno che sta percorrendo via Nomentana, un’importante arteria di Roma. E non è la sola a cercare delle soluzioni per attraversare lo spazio pubblico percepito come ostile.

Il modo in cui le donne, ma anche le soggettività non binarie e coloro che nella comunità Lgbtqia+ si riconoscono nel genere femminile, attraversano lo spazio pubblico di sera e di notte, esprime una paura socialmente costruita che è frutto dell’oppressione patriarcale. Se lo spazio delle donne è sempre stato quello della casa, l’uscita dalla dimensione domestica ha significato una conquista dello spazio pubblico. Questo spazio conquistato, però, non è sinonimo di sicurezza. I corpi femminili fuori dalle proprie case di notte sono considerati inappropriati e diventano oggetto di attenzioni.

In risposta, si innescano dei meccanismi di difesa come deviazioni di percorso, telefonate per tenersi compagnia, cambi di passo, chiavi strette tra le mani. Tutto ciò contribuisce ad alimentare quella che viene definita “geografia della paura delle donne”, ossia una mappatura personale che traccia le zone che non sono ritenute sicure.

Secondo una recente indagine di Eumetra commissionata dal centro antiviolenza Telefono Donna – realizzata su un campione di giovani donne e uomini tra i 16 e i 25 anni – il 66 per cento delle giovani donne italiane ha paura di aggressioni e molestie fisiche nello spazio pubblico. Dall’altra parte solo il 22 per cento degli uomini afferma di adottare simili accorgimenti.

Spray al peperoncino

Tra gli accorgimenti c’è anche lo spray al peperoncino: «Lo porto con me quando devo andare in qualche posto più isolato e tornare tardi. Non l'ho mai usato, però in qualche occasione mi è stato utile avvicinarmelo a portata di mano per sentirmi più tranquilla», racconta Valentina. «Preferisco sempre non tornare da sola se è tardi, però con quello almeno posso decidere se voglio farlo. Quando non ce l’ho alcune volte evito proprio di fare certe cose».

Chiara, invece, ha comprato lo spay al peperoncino dopo quello che definisce “un episodio brutto” avvenuto in una via del centro di Bologna. Anche lei non l’ha mai usato, ma afferma che tenerlo in mano è rassicurante. Chiara lo ha acquistato in un’armeria, ma in realtà è molto semplice procurarsene uno: lo si trova con facilità in farmacia e il costo si aggira attorno a 20 euro a bomboletta. Basta fare una ricerca online per ampliare la scelta e trovarne di varie dimensioni e forme che vanno da quello che somiglia a una pistola a quello camuffato da penna.

Le regole

Le linee guida sull’uso dello spray al peperoncino sono state redatte dal ministero dell’Interno con il decreto ministeriale 103 del 12 maggio 2011, in cui vengono definite le «caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa che nebulizzano un principio attivo naturale a base di Oleoresin Capsicum e che non abbiano attitudine a recare offesa alla persona».

Affinché una bomboletta di spray al peperoncino sia legale, e possa essere venduta, non può superare i 20 ml di prodotto, non deve avere una gittata superiore ai 3 metri e la concentrazione di sostanza urticante deve avere una percentuale ben definita. A questi obblighi si aggiungono anche quelli relativi al divieto di vendita ai minori di 16 anni, devono essere fornite le istruzioni ed è obbligatorio indicare che l’uso di questo tipo di prodotti è consentito solo per sottrarsi a una minaccia o a una aggressione che ponga in pericolo la propria incolumità. Di conseguenza, tutti i dispositivi che non rispettano queste indicazioni sono soggetti alla normativa sulle armi.

Uso e abuso

Nonostante in Italia si possa usare lo spray solo per legittima difesa, non sono rari i casi in cui viene usato per generare delle situazioni di panico e mettere a segno furti, a volte causando feriti e vittime. È quello che è avvenuto in più di un’occasione. Lo ricordano le vicende di piazza San Carlo a Torino, del 3 giugno 2017, quando durante la finale di Champions tra Juventus e Real Madrid lo spray è stato usato in un luogo affollato generando il caos, con tre morti e migliaia di feriti. Diversi anche i concerti in cui l’uso improprio dello spray ha provocato vittime, il caso più famoso è quello di Corinaldo (Ancona), dove l'8 dicembre 2018 morirono 6 persone in seguito al panico che si scatenò tra il pubblico di un concerto.

In questo contesto, la paura delle donne nello spazio pubblico viene strumentalizzata per avvalorare scelte politiche securitarie. Tra i politici, infatti, c’è chi come Matteo Salvini si è speso in favore dello strumento, spiegando che le bombolette non vanno criminalizzate perché «lo spray al peperoncino ha salvato tante donne da violenze e stupri: va usato in maniera intelligente. Chi ne abusa va arrestato», affermava Salvini nel 2018.

Autodifesa femminista

Lo spray al peperoncino non rende le strade più sicure per le donne, ma le rassicura. «Lo spray al peperoncino è uno strumento, non è l'autodifesa, non va a lavorare sulle cause», spiega Alessandra Chiricosta, filosofa e marzialista. Chiricosta continua parlando di autodifesa femminista e afferma: «È scorretto limitarsi all'azione combattente, l’autodifesa femminista include la necessità di una formazione culturale ai temi della violenza e della violenza di genere». Per Chiricosta bisogna chiedersi: «Da cosa ti stai difendendo? Quando si parla di autodifesa femminista non ci si difende da un’aggressione singola ma da un'ideologia pervasiva».

Spesso di fronte a un’aggressione ci si paralizza e si innesca la risposta “fight or flight”: nella situazione di pericolo «valuti e se ti rendi conto che la puoi affrontare combatti, in caso contrario scappi», dice Chiricosta che aggiunge come in realtà «nella maggior parte delle aggressioni reagiamo con un blocco totale».

Luoghi sicuri

Se lo spray al peperoncino non è la soluzione e l’autodifesa femminista è un percorso complesso, c’è una risposta collettiva alla paura delle strade di notte. Sempre più associazioni e iniziative dal basso, legate dal senso di appartenenza e dalla cura, si auto organizzano e creano delle reti di mutuo supporto.

È il caso dell’associazione DonnexStrada che con il progetto Punti Viola (oggi sono 150 sparsi per l’Italia) ha dato vita a un network di luoghi sicuri per contrastare episodi di violenza nello spazio pubblico. Per progettare una città più sicura servono azioni concrete e i Punti Viola sono un esempio: «Un qualsiasi esercente può diventare un luogo sicuro per una persona che si trova in difficoltà emergenziale oppure che subisce un tipo di violenza che non è contestuale – come la  violenza domestica – e sa che in quel punto troverà una persona preparata ad accoglierla che poi si metterà in contatto con professionisti e professioniste», afferma Giovanna Conte di DonnexStrada.

Il valore aggiunto dell’associazione sta infatti nel team composto da psicologhe, avvocate e altre esperte che forniscono supporto legale, psicologico, nutrizionale e ginecologico. «Sapere che all’interno della tua città c'è il parrucchiere o il fornaio che aderisce alla rete e che se ti succede qualcosa puoi entrare dentro sapendo di trovarti in un safe space è importante», conclude Conte.

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