La vicenda che vede coinvolto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, con il sospetto di un eventuale “dossieraggio” di cui il ministro sarebbe oggetto, è al vaglio dei magistrati. Tuttavia, al di là delle risultanze cui essi giungeranno, sembrerebbero emergere modalità operative di accertamento, relative a segnalazioni di operazioni sospette, lacunose quanto a procedure interne. È fuori luogo affermare - come fa qualche politico - che il sistema di verifiche sulle Sos vada smantellato. Bisognerebbe, invece, appurare che ogni amministrazione pubblica si sia dotata di regole interne di funzionamento, idonee a evitare un utilizzo distorto e arbitrario della discrezionalità di chi vi opera
È nota la vicenda che vede coinvolto il ministro della Difesa, Guido Crosetto, con il sospetto di un eventuale “dossieraggio” di cui il ministro sarebbe oggetto, operato attraverso un esponente della Guardia di Finanza (GdF), Pasquale Striano.
Il finanziere, in servizio presso l’ufficio Sos (Segnalazioni di operazioni finanziarie sospette) della Direzione nazionale antimafia (Dna), è indagato per l’ipotesi di accesso abusivo a sistema informatico, cioè per l’intrusione non autorizzata in banche dati, attraverso cui avrebbe acquisito informazioni non solo sul ministro Crosetto, ma anche su altri soggetti.
Al di là delle risultanze cui giungeranno i magistrati circa il “dossieraggio”, sembrerebbero emergere modalità operative di accertamento – relative a dati particolarmente delicati riguardanti la sfera privata delle persone, contenuti nelle Sos – oltremodo lacunose quanto a procedure interne. Per inquadrare la questione, nonché per chiarire alcuni dubbi emersi nei giorni scorsi, è necessario preventivamente ricostruire il sistema dei controlli entro cui il finanziere operava.
Il sistema dei controlli
Il sistema può essere delineato anche attraverso quanto esposto nelle audizioni alla Camera di Maurizio Vallone, direttore della Direzione investigativa antimafia, il 10 ottobre 2020, di Federico Cafiero de Raho, all’epoca procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il 13 ottobre 2020, e di Giuseppe Zafarana, allora comandante generale della guardia di Finanza, il 20 ottobre 2020.
La legge pone a carico di determinati soggetti privati alcuni obblighi, tra i quali la segnalazione di operazioni sospette, ai fini dell’individuazione di ipotesi di riciclaggio e finanziamento al terrorismo.
La platea dei soggetti tenuti al rispetto di tali obblighi comprende, oltre a intermediari bancari e finanziari, anche operatori non finanziari (concessionari di gioco, società di trasporto valori, ecc.) e professionisti giuridico-contabili (notai, commercialisti e avvocati).
L’autorità incaricata di acquisire i flussi finanziari e i dati inoltrati dai soggetti obbligati è l'Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d'Italia. L’Uif ne effettua l'analisi e li trasmette al nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di Finanza e alla Direzione investigativa antimafia (Dia), organismi competenti agli accertamenti investigativi.
Questo assetto di controlli è integrato con le funzioni svolte dalla Dna. Quest’ultima è destinataria – tramite procedure di scambio automatizzate – di un flusso di comunicazione di dati anagrafici dei soggetti segnalati, per la verifica della loro correlazione a procedimenti giudiziari in corso per reati di criminalità organizzata e terrorismo. La Dna estrae le Sos che riguardano tali procedimenti e le trasmette alla procura distrettuale procedente, omettendo ulteriori approfondimenti.
Il ruolo di Striano
La Dna riceve anche Sos non riferibili a soggetti indagati, bensì collegabili a persone fisiche o giuridiche presenti nel sistema Sidna/Sidda (Sistema informativo direzione nazionale antimafia e i Sistemi informativi direzioni distrettuali antimafia).
Gli accertamenti su queste segnalazioni vengono svolte dal gruppo di lavoro costituito presso la Dna – composto da personale distaccato dal nucleo di polizia valutaria della guardia di Finanza e dalla Dia – per ogni approfondimento e per l’eventuale trasmissione alla direzione distrettuale competente. È in quest’ambito che operava Striano, come esponente della guardia di Finanza presso la Dna.
La Dna ha sottoscritto con la UiF, la GdF e la Dia appositi protocolli tecnici, di carattere info-investigativo, in base ai quali svolge il compito di approfondire, mediante interrogazioni a banche dati, il flusso documentale che riceve. Gli approfondimenti della Dna che non portano alla luce procedimenti in corso o che non generano atti d’impulso del procuratore nazionale antimafia, costituiscono comunque la base per poter effettuare attività investigative di natura sia preventiva sia repressiva a fini di indagini patrimoniali, di analisi di rischio e altro.
Il nucleo speciale della GdF svolge, infatti, un’attività di contrasto anche all’evasione fiscale e ad altri illeciti amministrativi. A questo riguardo, il generale Zafarana, nel corso dell’audizione, ha rilevato come «l’attività di approfondimento delle segnalazioni sospette rappresenti uno dei più efficaci strumenti di contrasto all’evasione fiscale, a conferma della bontà delle scelte normative (…) volte alla progressiva integrazione tra il sistema tributario e quello antiriciclaggio».
Le procedure interne
Quanto esposto consente di chiarire alcune inesattezze o perplessità emerse nei giorni scorsi sulla condotta di Striano. Il finanziere dovrebbe aver svolto la propria attività per conto del nucleo speciale della GdF in conformità a quanto previsto dal protocollo siglato tra tale ente e la Dna.
Egli stesso ha dichiarato di aver agito secondo un protocollo. Inoltre, le sue verifiche potrebbero aver riguardato un vasto ambito di indagine, considerato che la Dna, ove il finanziere operava, svolge accertamenti anche per conto del nucleo speciale della GdF, che si occupa tra le altre cose anche di evasione fiscale, come detto.
Ancora, essendo le verifiche effettuate da Striano di tipo preventivo, non dovevano necessariamente sfociare in una segnalazione alla procura, ma solo qualora nell’ambito di tali verifiche fosse stata rilevata un’ipotesi di reato.
Chiarito tutto questo, sorgono comunque domande inquietanti su altri profili. Dalle affermazioni di Striano emerge che egli agisse con una discrezionalità molto ampia nell’effettuazione degli approfondimenti, particolarmente invasivi, in relazione alle Sos ricevute.
Ma un’attività di controllo che riguardi la sfera privata delle persone dovrebbe sempre svolgersi secondo puntuali istruzioni fornite a chi la compie, seguendo una catena di comando ben definita. Inoltre, dovrebbe essere rigidamente regolamentata a livello interno, mediante una procedura vincolante che ne disciplini l’effettuazione.
Ciò soprattutto al fine di consentire, da un lato, la tracciabilità delle azioni poste in essere da chi opera controlli. Dall’altro lato, la verificabilità delle azioni stesse da parte di suoi superiori. Inoltre, la tutela dei dati personali reperiti nell’ambito delle investigazioni comporta che, a chi le compie, siano state date indicazioni precise su trattamento, conservazione o distruzione dei dati stessi.
Contro le distorsioni
Questi adempimenti, che costituiscono condizioni per la legalità dell’attività di controllo, erano stati puntualmente previsti e osservati per gli accertamenti svolti da Striano? Su questo profilo c’è opacità.
O forse c’è fin troppa chiarezza, considerato che il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, una volta arrivato alla Dna nel maggio 2022, resosi forse conto delle carenze che connotavano l’attività sulle Sos, ha provveduto a definire le procedure – evidentemente lacunose, fino a quel momento – relative a tali attività.
La magistratura valuterà se ricorrano ipotesi di reato. E soprattutto se Striano abbia potuto spaziare nell’acquisizione di informazioni – a fini di “dossieraggio” sul ministro della Difesa oppure solo a fini attinenti alle attività di propria competenza – a causa dell’eventuale assenza a livello interno dei necessari paletti operativi.
Perché, anche se fosse riscontrato che il finanziere abbia agito nell’ambito di protocolli sottoscritti con altri enti, ciò non basterebbe comunque a eliminare zone grigie, determinate da possibili carenze di regole interne e dei relativi controlli.
È fuori luogo proporre – come qualche politico sta facendo – che gli approfondimenti sulle Sos vadano ridotti o eliminati, smantellando un sistema che ha dimostrato di funzionare. Bisognerebbe, invece, verificare che ogni amministrazione si sia dotata di disposizioni e procedure idonee a evitare un utilizzo distorto e arbitrario della discrezionalità di chi vi opera. Per rendere efficiente, in ogni senso, la macchina pubblica, questo è il primo passo, e in ogni settore.
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