Ieri, al diciassettesimo minuto della partita tra la Fiorentina e l'Inter, quando le due squadre erano sullo 0-0, il giocatore della Fiorentina Edoardo Bove ha cominciato a barcollare e poi è crollato a terra, privo di conoscenza. I suoi compagni e gli avversari hanno cominciato a disperarsi, subito sono arrivati medici e infermieri che l’hanno soccorso, caricato su un’ambulanza, rianimato con un defibrillatore, e infine portato nel reparto all’Ospedale Careggi, dove è stato ricoverato nel reparto di Terapia Intensiva.

Il primo re ferto al momento del ricovero dice che Bove ha sofferto di un «arresto cardiaco dovuto a torsione di punta», in presenza di una contusione al torace. Fortunatamente, nella mattinata di oggi il calciatore viola è stato estubato, è sveglio e lucido, e interagisce con i medici. I primi accertamenti «hanno escluso danni acuti a carico del sistema nervoso centrale e del sistema cardio respiratorio».

Adesso che il peggio è alle spalle, possiamo cercare di capire cosa sia successo a Edoardo Bove, il ventiduenne calciatore della Fiorentina in prestito dalla Roma. Il referto sostiene che ha subito un “arresto cardiaco dovuto a torsione di punta”: cosa significa?

La diagnosi

Bove ha avuto una tachicardia ventricolare chiamata a torsione di punta a causa del suo aspetto all’elettrocardiogramma (ECG). Ogni battito del nostro cuore inizia con un impulso che origina in un gruppo di cellule che formano il nodo senoatriale – il cosiddetto «pacemaker cardiaco»; poi questo impulso attiva prima gli atri – le camere superiori del cuore – e poi i due ventricoli – le camere inferiori del cuore, molto più grandi e potenti – che pompano il sangue verso il resto del corpo.

La contrazione dei ventricoli provoca la comparsa di una alta «punta» sul tracciato ECG. Quando tutto va bene, la punta dell’ECG che segnala la contrazione dei ventricoli è regolare, ritmica, e sempre rivolta verso l’alto. Ma in qualche caso sfortunato i ventricoli cominciano a contrarsi sempre più velocemente fino a raggiungere il ritmo di 200-250 battiti al minuto, e a quel punto le loro pareti cominciano a “fibrillare”, cioè a vibrare senza riuscire più a pompare il sangue verso la periferia del corpo: il sangue non arriva più al cervello, e chi ne soffre perde conoscenza e, – se non si interviene in tempo defibrillando il cuore – muore.

Quando il cuore è preso da questa tachicardia ventricolare, il tracciato dell’ECG sembra impazzire: le punte sono sempre più ravvicinate, a causa del ritmo frenetico del battito, e alcune sono rivolte verso l’alto, altre verso il basso, come se si torcessero. Da qui il nome di tachicardia a torsione di punta.

ANSA

La tachicardia ventricolare con torsione di punta è provocata da qualsiasi disturbo della contrazione delle cellule muscolari cardiache, che sono chiamate cardiomiociti. Il nostro cuore è formato da tante cellule muscolari che si contraggono al seguito di correnti elettriche: l’impulso nervoso generato dal pacemaker fa aprire minuscoli canali sulla membrana del cardiomiocita attraverso i quali entrano ioni sodio, che depolarizzano la membrana; il cardiomicita si contrae, così il cuore batte; poi si aprono canali del potassio sulla membrana del cardiomiocita, così ioni potassio escono, la membrana si ripolarizza; il cardiomicita si decontrae e il cuore si rilassa.

Le ipotesi

Da cosa può essere provocato questo disturbo della contrazione delle cellule muscolari cardiache? Qualcuno ha ipotizzato che Bove abbia avuto un arresto cardiaco a causa di una ipopotassiemia, cioè un basso livello di ioni potassio nel sangue. Se c’è poco potassio nel sangue, le cellule cardiache una volta contratte non riescono più a rilassarsi, e allora il cuore si blocca e non pompa più il sangue. Ma l’ipopotassiemia capita a chi soffre di malattie gravi che comportano un grave malassorbimento, oppure a chi vomita molte volte al giorno perché sta assumendo farmaci chemioterapici, o a chi perso molti liquidi per disidratazione. Difficile che un atleta professionista come Edoardo Bove, sottoposto a rigidi controlli e che probabilmente assume una dieta super-controllata – abbia sofferto di ipopotassiemia.

Qualcuno ha ipotizzato che Bove abbia avuto un arresto cardiaco dovuto al trauma al torace che aveva subito pochi minuti prima in uno scontro con l’interista Dumfries, ma io tenderei a escluderlo. Raramente, un colpo violento al torace in prossimità del cuore – come per esempio un pugno allo sterno, o un placcaggio violento del football americano – possono provocare un arresto cardiaco mediato dall’azione del sistema nervoso autonomo, ma in questo caso l’arresto cardiaco avviene immediatamente dopo il trauma e l’atleta perde subito conoscenza: non è accaduto nel caso di Bove.

Resta un’altra ipotesi: Bove è fortunatamente sfuggito a quella che in gergo viene chiamata «morte improvvisa dell’atleta», il più delle volte causata da una canalopatia cardiaca. Le canalopatie cardiache – le due più frequenti sono la sindrome del Q-T lungo e la sindrome di Brugada – sono malattie genetiche provocate da una mutazione del gene che codifica uno dei canali ionici dei cardiomiciti. In qualche raro caso, queste malattie non danno sintomi, restano silenti, e possono manifestarsi all’improvviso durante uno sforzo atletico violento. Se soffrisse di una di queste malattie, che sono curabili, Bove sarà probabilmente costretto a lasciare il calcio. Ma resta un ventiduenne che potrà godersi il resto della sua lunga vita.

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