Sabato i nonni materni del piccolo di 6 anni, approfittando di una giornata insieme al bambino, lo hanno portato nel loro paese d’origine. «Non è un rapimento, abbiamo agito per il suo bene, adesso è dove i genitori volevano che stesse», si difendono. La zia Aya, nominata tutrice del ragazzo a Pavia: «Siamo preoccupati, il nonno condannato per maltrattamenti sulla moglie. non può vivere con loro»
Il piccolo Eitan, unico sopravvissuto alla tragedia del maggio scorso sulla funivia Stresa-Mottarone in provincia di Verbania, si trova al centro di una contesa familiare. La procura di Pavia ha infatti aperto un'inchiesta per sequestro di persona dopo che il piccolo di sei anni è stato portato in Israele dal nonno materno Shmuel Peleg, che lo ha sottratto alla zia Aya che vive in Italia – nel Pavese – e che ne è anche tutrice legale. L’uomo ha approfittato della giornata che il bambino doveva passare con lui e la moglie per portarlo via, tenendo la zia all’oscuro di tutto.
La donna ha espresso grande preoccupazione per il piccolo, che «è arrivato in Italia che aveva solo un anno e 18 giorni, ha vissuto tutta la sua vita» nel nostro paese e che lunedì avrebbe dovuto iniziare la prima elementare. La signora Aya ha anche aggiunto che il nonno materno «è stato condannato per maltrattamenti nei confronti della sua ex moglie, la nonna materna», con tre istanze di appello rigettate dal tribunale israeliano.
Intervenuta alla radio israeliana 103 Gali Peleg, zia materna del bambino, ha invece difeso la scelta della sua famiglia, spiegando di aver agito «per il bene» di Eitan: «Lo abbiamo riportato a casa, così come i genitori volevano per lui». I Peleg sostengono che non si tratta di rapimento, ma di essere stati «obbligati» visto che «non avevamo più saputo quali fossero le sue condizioni mentali e di salute e potevamo solo vederlo per breve tempo». La zia materna ha poi aggiunto che «la custodia alla zia paterna risulta irregolare».
Non sapeva nulla dell'accaduto l'avvocato Franz Sarno, legale solo sul fronte del risarcimento del danno per la tragedia della funivia del Mottarone di Shmuel Peleg, nonno materno: «Ho appreso questa notizia stamattina, è stata una doccia fredda, io mi occupo solo del risarcimento del danno, avevo sconsigliato di fare questa guerra sulla pelle del minore», ha detto.
«Eitan è cittadino italiano»
La zia paterna del piccolo Eitan, Aya, ha parlato alla stampa dei precedenti di maltrattamenti del nonno materno: «Per questa condanna Shmuel ha presentato tre istanze di appello a tre gradi di giudizio in Israele e tutti e tre hanno rigettato i suoi appelli, sottolineando la gravità e la ricorrenza degli eventi violenti nei confronti della ex moglie». La donna ha chiesto alle autorità israeliane «di guardare in profondità nelle cartelle cliniche pubbliche e non private per scoprire la verità sullo stato di salute mentale e fisico della zia materna, Gali Pelel Peri. Con questi presupposti è impossibile che le autorità israeliane possano prendere in considerazione le richieste di adozione o affidamento avanzate dalla famiglia materna».
«Eitan – ha detto ancora la zia paterna – è cittadino italiano, non solo israeliano. Pavia è la sua casa dove è cresciuto, noi lo aspettiamo a casa. Siamo molto preoccupati per la sua salute. Sabato è avvenuto un evento gravissimo, un’altra tragedia per Eitan che, come programmato, è stato preso dal nonno materno Shmuel per una giornata in compagnia dei nonni. Ha lasciato la casa solo con i suoi vestiti estivi, il girello e la carrozzina, dicendo alle cugine “ci vediamo stasera” e promettendo di comprare anche a loro un giocattolo. Eitan non è tornato mai a casa».
La donna, ricordando che da lunedì il bambino avrebbe dovuto iniziare a frequentare la scuola elementare, ha chiarito: «Nell’ultima settimana ha già fatto il suo primo giorno, insieme alla cugina della stessa età e hanno fatto l’inserimento. Eitan è stato iscritto alla scuola dai suoi genitori, a gennaio 2020, nello stesso istituto in cui ha frequentato l’ultimo anno della scuola materna». Infine, Ay, ha dichiarato che il nonno materno le avrebbe dovuto consegnare, su «ordine del giudice», il passaporto del nipote. Ordine che però «è stato ignorato», nonostante «tutte le istanze della famiglia Peleg» in merito al passaporto erano state respinte.
«Abbiamo agito per il suo bene»
«Non abbiamo rapito Eitan e non useremo quella parola, l'abbiamo portato a casa e abbiamo dovuto farlo perché non avevamo notizie sulla sua salute e la sua condizione mentale. Abbiamo agito per il suo bene»: così si è espressa invece Gali Peleg, zia materna del piccolo, in un'intervista alla radio israeliana 103. «Eitan - ha aggiunto - ha urlato di emozione quando ci ha visto ed ha detto “finalmente sono in Israele”. Non ha cessato di emozionarsi e di dire che noi siamo la sua vera famiglia. Ha detto di sentirsi fra le nuvole. Finalmente gli è tornato il colore sul viso. Questo è un bambino i cui genitori sono stati sepolti qui in Israele, lui è con una famiglia che conosce».
La zia materna, che ha sottolineato che non si tratta di rapimento, ha poi spiegato: «Siamo stati obbligati, non avevamo più saputo quali fossero le sue condizioni mentali e di salute. Potevamo solo vederlo per breve tempo».
La posizione della comunità ebraica
Sul tema è intervenuto anche il presidente della Comunità ebraica milanese Milo Hasbani: «Milano ha appreso con sgomento la notizia del sequestro del piccolo Eitan ed esprime una decisa condanna nei confronti di questo gravissimo atto che viola le leggi italiane ed internazionali. L'augurio è che la vicenda si risolva nel più breve tempo possibile nella direzione dell'ottemperanza della decisione del Tribunale dei minori», ha dichiarato.
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