È difficile accettare principi etici, laici e religiosi, quando si è davanti a delitti caratterizzati da una efferatezza inimmaginabile come in molti femminicidi o davanti a capi di mafia pluriomicidi, ma è necessario accettarli e diffonderli per mantenere un cammino verso un più elevato livello di civiltà
Nelle ultime settimane si è parlato spesso degli ergastoli comminati ad Alessandro Impagnatiello, per l’uccisione di Giulia Tramontano, e a Filippo Turetta, per l’uccisione di Giulia Cecchettin. Sul tema del carcere a vita occorre fare alcune considerazioni di ordine etico e morale oltre che costituzionale.
L’ergastolo è stato introdotto nel nostro ordinamento dal codice penale Zanardelli nel 1889 al posto dei lavori forzati (damnatio ad metalla nell’antica Roma). Si tratta della pena più severa dopo la pena di morte che in molti paesi (55) resta purtroppo ancora in vigore, tra questi Stati Uniti e Giappone che sono paesi del G7.
In Italia la pena di morte fu abolita nel Gran Ducato di Toscana 200 anni fa e tale abolizione, grazie al ministro di Giustizia, Enrico Poggi, fu mantenuta anche dopo la formazione del Regno d’Italia. Una visione davvero lungimirante. La pena di morte fu ripristinata dal fascismo, per essere poi definitivamente abolita nel 1948.
L’ergastolo
La pena dell’ergastolo è stata abolita nei seguenti stati europei: Norvegia, Portogallo, Spagna, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Città del Vaticano. L’esempio più virtuoso è quello della Norvegia dove l’ergastolo è stato abolito nel 2012 e la pena massima è di 21 anni. Le carceri norvegesi sembrano sobri alberghi che garantiscono la dignità del carcerato e tutto è organizzato per la sua riabilitazione e non per la sua punizione.
In paesi come l’Italia, la Francia e gli Stati Uniti (soprattutto a livello federale) esiste l’istituto della “liberazione anticipata” e altre forme di riduzione della pena detentiva. Viceversa, altri paesi come la Germania, il Regno Unito e la Spagna non conoscono un simile istituto.
Al detenuto resta comunque la possibilità di uscire di prigione prima della scadenza del termine stabilito grazie alle norme sulla liberazione condizionale. In Italia, la liberazione anticipata della pena è regolata dall’articolo 54 della legge 1975, n. 354 ed è molto simile all’istituto del diritto francese.
Il comma 3, dell'articolo 176 del codice penale sancisce espressamente che il condannato all'ergastolo possa essere ammesso alla liberazione condizionale nel caso in cui abbia scontato 26 anni di pena.
Ergastolo e costituzione
Tutte queste misure riconoscono che l’ergastolo è una pena detentiva assurda che non può essere scontata integralmente, perché non si può togliere al condannato la speranza di una redenzione e di un futuro reinserimento nella società.
L’articolo 27 della costituzione stabilisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Evidentemente la rieducazione del condannato è in funzione del suo possibile reinserimento nella società, quindi il carcere a vita è contrario al dettato della costituzione.
Occorre poi sempre ricordare l’articolo 3 della Carta, che impone il rispetto della dignità sociale per ogni cittadino, qualunque sia la sua condizione, quindi anche quella di criminale. A questo riguardo, ancora una volta, si deve ricordare che il vero problema è lo stato delle carceri italiane, sovraffollate, dove nulla si fa per la rieducazione del carcerato.
Al contrario, si devono spesso registrare episodi di violenza sui carcerati, come quello avvenuto recentemente nel carcere di Trapani che ha portato all’arresto di 11 agenti penitenziari. Una situazione che ha visto anche nel 2024 (fino a oggi) 83 suicidi tra i detenuti oltre a numerosi suicidi nella polizia penitenziaria.
Ma la politica da tempo è sorda e cieca per il problema carcerario, come dimostra la recente affermazione di un sottosegretario alla Giustizia che ha espresso «gioia nel non far respirare i detenuti sulle auto della polizia». È evidente che nelle carceri italiane prevale la punizione rispetto alla riabilitazione.
Le parole del papa
Nel suo ultimo libro La speranza non delude mai, papa Francesco parla dell’ergastolo e lo definisce «una morte mascherata». L’ergastolo è una pena gravemente lesiva della dignità umana ed è incompatibile con il grado di sviluppo dei diritti umani e civili che il mondo ha raggiunto.
Anche il papa afferma che non si può togliere al carcerato la speranza della redenzione per una riconciliazione con la comunità. Dunque la morale cristiana e quella laica sono assolutamente d’accordo nel considerare l’ergastolo una pena lesiva della dignità umana togliendo al condannato la speranza del ravvedimento e del ritorno nella comunità.
In parte, questi concetti erano già stati espressi nel 1764 dall’illuminista Cesare Beccaria nel suo saggio Dei delitti e delle pene. Per Beccaria «la pena alla schiavitù perpetua è più dolorosa e crudele della pena di morte in quanto non concentrata in un momento ma estesa per tutta la vita».
È difficile accettare questi principi etici, laici e religiosi, quando si è davanti a delitti caratterizzati da una efferatezza inimmaginabile come in molti femminicidi o davanti a capi di mafia pluriomicidi, ma è necessario accettarli e diffonderli per mantenere un cammino verso un più elevato livello di civiltà.
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