- Fuori da Wembley gli inglesi non sono mai andati oltre due quarti posti mondiali e un terzo posto europeo (ma con formula preistorica della fase finale). L’erba di casa è il solo posto sicuro per gli inventori del calcio.
- Il rigore generoso (e decisivo) concesso nella semifinale contro la Danimarca arricchisce una catena di episodi che a Wembley hanno visto la nazionale dei Tre Leoni favorita in più circostanze dalle decisioni arbitrali.
- La retorica del «calcio che torna a casa» impatta su un paese che soltanto in casa riesce a farsi valere. Per questo l’intenzione del governo Johnson di ospitare i mondiali 2030 alimenta ironie.
L'Inghilterra raggiunge la finale degli Europei, dove sfiderà l’Italia di Roberto Mancini, e la retorica sul football coming home oltrepassa il picco di Euro 96. In quei giorni gli inglesi ospitavano ufficialmente i campionati Europei ma il loro cammino si arrestò in semifinale perché non riuscirono a superare l'ostacolo della Germania. Stavolta gli Europei sono stati ospitati di fatto (6 partite su 7 in casa, alla faccia del format itinerante) e il percorso è giunto alla finale. Dunque la retorica ritorna e si rafforza, spalanca scenari economici e geo-politici che fanno del calcio uno strumento di alta diplomazia e rafforzamento del capitale di soft power,
Ma in realtà la formulazione andrebbe espressa in modo diverso: non il «calcio che torna a casa», bensì il «calcio che torna in casa». Cioè fra le mura amiche, come da luogo comune calcistico che sopravvive ai mutamenti linguistici. Perché di questo si tratta: la nazionale inglese conosce le finali soltanto se si gioca a Wembley, come accaduto fin qui soltanto un'altra volta. Esattamente 55 anni fa, quando la squadra allora guidata da sir Alf Ramsey raggiunse la finale di Inghilterra 66 e la vinse dopo i tempi supplementari contro la Germania Ovest (4-2), grazie anche al famoso gol fantasma di Geoffrey Hurst. Frutto di una decisione presa in pochi secondi da un guardalinee sovietico, Tofik Bakhramov, sotto la pressione dell'arbitro svizzero Gottfried Dienst e soprattutto dei 97mila presenti sugli spalti.
A Wembley l'ambiente conta
Sì, capita di prendere a Wembley decisioni importanti scontando la pressione ambientale. È successo anche nella serata di ieri, col rigore estremamente generoso concesso per (inesistente) fallo di Jensen su Sterling e risultato decisivo per sbloccare una situazione che per i bianchi di Gareth Southgate era pericolosamente incamminata verso la soluzione ai rigori.
Chi si porta addosso qualche decennio in più può richiamare le favorevoli decisioni arbitrali di cui la nazionale inglese beneficiò per vincere i mondiali del 1966. Non soltanto il gol di Hurst, che almeno qualche dubbio avrebbe dovuto seminarlo, ma anche l'assurda espulsione del capitano argentino Antonio Rattín nel quarto di finale vinto dagli inglesi 1-0. Dopo soli 35 minuti l'arbitro tedesco Rudolf Kreitlin cacciò dal campo Rattín perché ritenne di esserne stato insultato. Peccato che il capitano argentino parlasse soltanto lo spagnolo e che l'arbitro tedesco, di spagnolo, conoscesse nemmeno una parola. E dunque come aveva fatto a cogliere l'insulto? Kreitlin confesserà di non aver capito cosa il capitano dell'Argentina gli avesse detto, ma aggiungerà che quello lo guardava “in modo truce” e tanto bastò.
La scena madre che seguì, con Rattín che occupò il campo per 11 minuti prima che lo convincessero a accettare la decisione arbitrale, appartiene all'aneddotica del calcio mondiale. Ma racconta anche di un certo modo di essere della nazionale inglese nelle fasi finali delle competizioni internazionali. Se gioca in casa ha buone probabilità di arrivare fino in fondo, pur mettendo in campo squadre che mai danno l'impressione di essere le più forti del torneo e beneficiando, quando serve, di qualche aiutino. Altrimenti il successo finale è un miraggio.
Dimenticavamo: in occasione del quarto di finale contro la Spagna di Euro 96, giocato a Wembley e vinto ai rigori dagli inglesi, gli spagnoli si videro annullare nel primo tempo per fuorigioco un gol regolare di Julio Salinas.
Isolati dal continente
Non è mica per portarsi avanti con le lamentele che puntializziamo tutto ciò, tanto più che qualche giorno fa abbiamo dichiarato la nostra neutralità anche quando c'è in ballo la nazionale azzurra. È solo che ci pareva giusto sottolineare questa peculiarità della nazionale di calcio inglese: non è questione che sia “fortissima in casa”, ma che sia “fortissima soltanto in casa". Fuori da Wembley ha collezionato soltanto due quarti posti ai mondiali di Italia 90 e Russia 2018 e un terzo posto agli Europei di Italia 68 (ma in quest'ultimo caso la formula era tutt'altra cosa, soltanto semifinali e finali dopo i gironi eliminatori).
A forza di vivere nel mito del continente isolato, nel quale si sono da poco riaccomodati, è andata a finire che calcisticamente si sono isolati loro. E lo sentono pure. O vincono in casa o nisba. Magari è anche per questo che vogliono organizzare i mondiali del 2030 in associazione con l'Irlanda. Ci metterebbero il campo e magari potrebbero accampare qualche diritto. Cosa tocca fare per vincere la seconda coppa del mondo.
© Riproduzione riservata