Negli anni passati si parlava solo di guerre, globalizzazione e immigrazioni, argomenti che sembravano tanto lontani dalla vita occidentale. Invece adesso il lockdown ha reso gli italiani più insicuri, come i rifugiati
- Prima del lockdown la vita italiana era fondata sulla programmazione. Durante la pandemia invece la vita è tornata incerta.
- Da rifugiata, questo periodo del lockdown mi ha riportato ai mesi in cui ero stata costretta a nascondermi dentro casa per non essere catturata dai soldati eritrei. Le sensazioni di quel periodo erano simili a quelle di adesso, solo che qui mi sentivo sicura.
Da una parte il fatto di avere tutta una vita programmata e di previsioni porta solo verso l’egoismo di fronte a tutto. Mentre adesso in molti ci siamo ritrovati in un punto comune che sarebbe la ricerca della tranquillità e di una vita dignitosa. Lo stesso motivo per il quale migliaia di persone sono costrette ogni giorno a fuggire dalla propria patria
Questo è stato l’anno che ha costretto l’umanità al distanziamento fisico e a condurre una vita senza programmi, che poi questa cosa di vivere una vita programmata l’ho imparata qui in Italia.
Negli anni passati si parlava solo di guerre, globalizzazione e immigrazioni, argomenti che sembravano tanto lontani dalla vita occidentale. Invece adesso si discute di lockdown e si dice che dopo tutto questo saremo tutti fratelli, che costruiremo un mondo diverso, che poi in fondo nessuno ci crede perché da anni abbiamo perso tanti valori, abbiamo dato meno importanza alla solidarietà, al rispetto del prossimo e di tutto quello che ci circonda e tuttora è così: i fattori sono numerosi.
Il lockdown dei rifugiati
Abbiamo notato che con questa pandemia tutti hanno cercato di far sentire la propria voce con ogni mezzo ma purtroppo non c’è nessuno che ascolta. Come sempre ci sta una categoria di persone di cui si parla troppo poco: i rifugiati.
Io, da rifugiata, posso dire che questo periodo del lockdown mi ha riportato ai mesi in cui ero stata costretta a nascondermi dentro casa per non essere catturata dai soldati eritrei. Dominata da tutte le mie fobie, incubi e incertezze legate al domani. Le sensazioni di quel periodo erano simili a quelle di adesso, solo che qui mi sentivo sicura.
Poco prima che scattasse il lockdown ero in partenza per Milano perché avevo trovato un lavoro. Stavo per entrare anche io nella vita “programmata”. Mi spiego meglio: quando sono arrivata in Italia la gente mi chiedeva come mai mi trovassi qui e specialmente che cosa volessi fare.
Domande troppo difficili, alle quali è complicato rispondere. All’inizio mi arrabbiavo, poi ho capito perché: è semplicemente perché qua è tutto programmato invece io, e come me tanti altri, penso al contrario: vivo alla giornata, accetto tutto ciò che la vita quotidiana mi offre e per me ogni giorno è caratterizzato da diversi ostacoli.
Superare la vita programmata
Da una parte il fatto di avere tutta una vita programmata e di previsioni porta solo verso l’egoismo di fronte a tutto, alla voglia di avere sempre e solo successo in tutti gli ambiti e questo ha creato un’epoca dove le cose essenziali hanno poca importanza.
Mentre adesso, con questo periodo, in molti ci siamo ritrovati in un punto comune che sarebbe la ricerca della tranquillità e di una vita dignitosa. Lo stesso motivo per il quale migliaia di persone sono costrette ogni giorno a fuggire dalla propria patria.
Infine abbiamo anche capito quanto sia stata utile la tecnologia che ci ha fatto sentire sempre vicini ed è una cosa bella, però ho la paura che diventiamo distratti e addormentati.
Sembra che si condivida tutto ma la realtà è un’altra. In questo momento le nostre paure sono numerose e simili ma non bisogna mai perdere la speranza.
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