Il coordinatore del gruppo di psicologi e giuristi è Alessandro Amadori, che nel 2020 ha autopubblicato La guerra dei sessi, un libro in cui negava la violenza maschile e sosteneva tesi cospirazioniste sul tentativo delle donne di dominare i maschi. Il suo punto di vista somiglia più a quello di Vannacci. Come è possibile che sia stato scelto come consulente del governo?
Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, 105esimo dall’inizio dell’anno, il governo Meloni ha annunciato l’imminente avvio di un progetto di educazione affettiva e sentimentale per le scuole, intitolato “Educare alle relazioni”. L’aveva già fatto dopo gli stupri di Caivano e Palermo quest’estate; ora sappiamo che verrà presentato mercoledì prossimo ufficialmente, ma già a metà settembre al ministero dell’Istruzione e del merito era al lavoro un gruppo di psicologi e giuristi per elaborare il progetto.
Chiamato dal governo a coordinare questo gruppo è Alessandro Amadori. Docente a contratto di psicologia all’università Cattolica di Milano, fa parte dello stesso think tank del ministro Valditara, Lettera 150, e con lui ha anche pubblicato un libro nel 2022, per Piemme, È l’Italia che vogliamo. Il manifesto della Lega per governare il Paese, prefazione di Matteo Salvini: un intellettuale organico alla Lega e, come scriveva Domani il 21 aprile 2023, consulente del ministero per 80mila euro lordi l’anno.
Chi è Amadori
Amadori non è un esperto di violenza di genere. Ma per capire come la pensa possiamo leggere un libro che ha pubblicato nel 2020 insieme a Cinzia Corvaglia – una sua studentessa, rimasta nell’anonimato dopo questa pubblicazione – intitolato La guerra dei sessi. Piccolo saggio sulla cattiveria di genere. Il libro è edito da BookSprint, un’edizione autopubblicata, come capitò con Vannacci.
Con Il mondo al contrario condivide lo stile vagamente cospirazionista e l’insofferenza per il politicamente corretto. Il politicamente corretto, secondo Amadori, è quello che ci fa considerare solo la violenza maschile e non quella femminile.
Amadori derubrica la violenza di genere all’espressione della “cattiveria”, rimandando di fatto la questione all’individualità e non considerandone il carattere sistemico. In capitoli alternati scrive e di cattiveria maschile e di cattiveria femminile: «Ma allora, parlando di male e di cattiveria, dovremmo concentrarci solamente sugli uomini? Che dire delle donne? Sono anch’esse cattive? La nostra risposta è “sì”, cioè che anche le donne sanno essere cattive, più di quanto pensiamo».
Per dimostrare questa tesi (“Il diavolo è anche donna” è un titolo di capitolo esemplare) Amadori non usa riferimenti adeguati, ma parte da un articolo uscito su un blog iper amatoriale, Soverato Web, scritto da Adriano Pirillo, uno sconosciuto che Amadori tratta per lunghe pagine come un maître à penser, ritenendo suggestive le sue tesi: «Adriano Pirillo ci propone questo spiazzante ritratto, molto poco “politically correct”, del comportamento femminile, con provocatorio riferimento alla ricorrenza della festa della donna, l’8 marzo (come a dire che ci sarebbe poco da festeggiare e da celebrare una presunta “differenza morale” della donna rispetto all’uomo, perché la prima si comporta spesso come, o persino peggio, del secondo)».
La tesi di Pirillo è: le donne sono cattive, lo sono sempre state, dalle figure bibliche a Lucrezia Borgia alle donne di oggi. «Senza ombra di dubbio, si tratta di un punto di vista per così dire estremo, leggendo il quale si ha in realtà l’impressione di una certa misoginia latente, nonostante la (pensiamo, o almeno speriamo) sincera dichiarazione di intenti dell’autore», ma l’intuizione di Pirillo va seguita, per Amadori.
La cattiveria delle donne mostra come si articola la “guerra dei sessi”, quella che dà il titolo il libro. Da una parte i femminicidi – per Amadori la “purtroppo tragica, brutale concretizzazione quasi quotidiana della cattiveria maschile” – dall’altra la cattiveria femminile.
I riferimenti
Dopo un’analisi sommaria del dibattito sulla questione maschile, dove passa in rassegna come giochi a somma zero il caso Weinstein e la storica partita di tennis tra Bobby Riggs e Billie Jean King – «Vinse la donna, Billie Jean King (un cognome, curiosamente, dal significato maschile e “dominante”)» – Amadori dichiara: «È una tesi che ci convince molto, per quanto possa apparire “politicamente scorretta”. Ossia che i raptus omicidiari, sostanzialmente, non esistono in quanto tali, e che bisogna piuttosto iniziare a parlare di cattiveria, aggressività e consapevolezza».
Di fatto la sua tesi è semplice:
- la violenza maschile – il femminicidio anche – va letto come cattiveria;
- la cattiveria è una categoria spirituale, transtorica;
- esiste – e questo è il punto su cui Amadori insiste di più – una speculare, parimenti feroce, cattiveria femminile: «Eravamo partiti dalla cattiveria maschile indagando in particolare il femminicidio, e strada facendo ci siamo accorti che questo crimine, nella sua inaccettabile brutalità, è in qualche modo il contraltare di una sostanziale fragilità psichica maschile. […] L’intensità con cui tanti maschi cercano, nelle pieghe della nostra società post-moderna, la sottomissione al femminile, ci sembra davvero una conferma di questa tesi».
In assenza di un qualunque metodo di ricerca, citando frasi senza contesto da siti amatoriali o Freud per fargli dire che oggi sosterrebbe l’invidia della vagina negli uomini o che «temendo di essere castrati, ci si auto-castra nel più radicale dei modi, ovvero assumendo direttamente un’identità femminile», Amadori avanza nelle sue argomentazioni da incel: «Dietro la punta dell’iceberg dei femminicidi, sembra però esserci il grande corpo dell’iceberg costituito dal bisogno di sottomissione maschile.
È come se gli uomini, lo ribadiamo, facessero davvero fatica ad avere un rapporto equilibrato col femminile: o sono carnefici, o sono vittime. […] C’è una piccola, ma appariscente popolazione di donne, che approfitta di questa tendenza maschile alla sottomissione, e ne fa una vera e propria fonte di business». Dalla discussione sui femminicidi al “business della Dominazione femminile”.
Il più significativo obiettivo polemico di Amadori diventa un fantomatico movimento femminista radicale chiamato Ginarchia. Secondo Amadori questo movimento, questa “psico-ideologia”, come la definisce, sarebbe animata dall’invidia del pene («un concetto tanto provocatorio quanto controverso e, oggi, assolutamente non corretto politicamente»).
Le Ginarche
Le Ginarche – una tipologia di donne cattive che Amadori mette insieme alle Sadiche Fisiche, le Umiliatrici, e le Necrofile – «agiscono come delle amazzoni giustiziere che vendicano l’intero genere femminile attraverso una totale svalutazione del maschile e, a tendere, la sua riduzione in schiavitù (con tanto d’imposizione di strumenti di contenimento sessuale e di castità forzata, uno dei cardini della rieducazione maschile nella prospettiva ginarchica, insieme con il rovesciamento dei ruoli nel rapporto sessuale – torna qui prepotentemente in gioco il già menzionato strap on)».
I toni evocativi della Guerra dei sessi diventano via via complottisti: «La più nota teorizzatrice della Ginarchia (quasi una guida spirituale per questo movimento) è la scrittrice Aline D’Arbrant, il cui testo, La Ginarchia, viene considerato dalle adepte di questo movimento come un vero e proprio libro sapienziale». In realtà questo testo è una specie di romanzo autopubblicato, con una diffusione risibile, e Aline D’Arbrant è probabilmente un uomo che vuole alimentare questa visione complottista.
Ma Amadori va avanti: «Esistono realmente delle Ginarche in Italia, donne in carne e ossa che abbracciano veramente questo punto di vista estremo? Sì, esistono, e noi ne abbiamo conosciute di persona alcune. [Da loro] promana un bisogno profondo di sopraffazione e di umiliazione del maschile come categoria», o ancora: «La Ginarchia, la quale fa – nella sua versione più spinta – della superiorità femminile sul maschio, e del conseguente diritto delle donne a spodestare il maschio stesso, nonché a porlo sotto un vero e proprio controllo femminile (il tutto nella prospettiva di arrivare a instaurare un utopico governo mondiale delle donne), appunto una sorta di ideologia sociopolitica. Molto di nicchia, ma con un certo numero di seguaci anche in Italia (la nostra stima è di 30.000 persone, che forse sono paradossalmente, ma non troppo, in maggioranza uomini)».
Il libro continua così fino a rasentare l’apocalittico. Non è semplice selezionare citazioni significative, il complottismo sta proprio nell’assoluta mancanza di razionalità: «La guerra dei sessi potrebbe pertanto entrare, nel prossimo futuro, in una fase più esplicita e più intensa. Che scenari ci dobbiamo allora aspettare?»
E fa fatica pensare come mettere insieme questo genere di considerazioni con il ruolo che il governo ha affidato ad Amadori. Di fronte alla violenza maschile, che ancora una volta il femminicidio Cecchettin conferma, come è possibile sia stato scelto come consulente e coordinatore del progetto sull’educazione alle relazioni per le scuole?
Il 7 dicembre il ministro Valditara è tornato a difendere il consulente del ministero Alessandro Amadori, specificando però che non è lui a coordinatore del progetto “Educare alle relazioni”. L’incarico è stato affidato a Anna Paola Concia.
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