Le stime del Fondo monetario internazionale sono state riviste al ribasso per via del conflitto in Ucraina. Italia e Germania colpite maggiormente a causa della dipendenza dell’energia russa.
Calano le previsioni del Pil in Italia e in tutto il mondo. Il Fondo monetario internazionale ha pubblicato le proprie stime di crescita che, rispetto a quelle di gennaio scorso, vedono un rallentamento generale a causa soprattutto della guerra in Ucraina.
Per l’Italia, la previsione di crescita del Pil nel 2022 è del 2,3 per cento, un aumento più basso di 1,5 punti percentuali rispetto a quanto calcolato a gennaio. Nel 2023, invece, l’espansione stimata è dell’1,7 per cento, sempre in calo dello 0,5 per cento rispetto alle valutazioni precedenti. In Europa, l’Italia e la Germania sono i due paesi con le stime maggiormente riviste proprio a causa della dipendenza dell’energia russa.
Se le conseguenze economiche della guerra si fanno sentire sui paesi vicini, per le nazioni belligeranti la situazione - anche finanziaria - è drammatica. Il Fmi stima che il Pil russo calerà dell’8,5 per cento nel 2022 e il prossimo anno del 2,3 per cento. Numeri che potrebbero subire ulteriori revisioni, vista l’incertezza della durata e dell’intensità del conflitto e delle sanzioni. Un calo che, come prevedibile, è ancora più drastico per l’Ucraina. Nel 2022 il suo Pil crollerà del 35 per cento e le conseguenze dureranno anni a causa della perdita di vite umane, delle distruzioni in tutto il territorio ucraino e della fuga di milioni di cittadini.
Ma il conflitto pesa a livello mondiale, tanto che rallenta l’intera ripresa globale post Covid. Le stime sul Pil mondiale sia per il 2022 che per il 2023 indicano una crescita del 3,6 per cento, due valutazioni minori dello 0,8 e dello 0,2 per cento rispetto a quanto calcolato a gennaio. A pesare, tuttavia, non è solo la guerra ma anche la pandemia, i rialzi dei tassi di interesse e il rallentamento dell’economia cinese. Il capo economista del Fmi Pierre-Olivier Gourinchas ha sottolineato che l’inflazione è «un chiaro pericolo e resterà elevata più a lungo del previsto». Per il Fmi l’indicatore è al 5,7 per cento per le economie avanzate e all’8,7 per quelle emergenti e in via di sviluppo.
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