- Colpo di scena durante l’interrogatorio del commercialista Michele Scillieri, presso il quale era stata domiciliata nel 2017 la Lega per Salvini premier, durante il processo per peculato all’imprenditore Francesco Barachetti nell’ambito dell’inchiesta sui fondi distratti alla fondazione regionale Lombardia film commission
- Il commercialista si è rifiutato di rispondere a una domanda su eventuali soldi ricevuti dalla Lega dicendo di avere ricevuto minacce negli ultimi giorni, anche dopo aver iniziato a testimoniare in questo processo
- Scillieri aveva già raccontato ai magistrati di aver ricevuto minacce dopo aver iniziato a collaborare nel settembre del 2020. Intimidazioni sulle quali si stanno ancora compiendo accertamenti
Emettere una fattura nei confronti della Lega di Matteo Salvini o a sue propaggini come la Pontida Fin può essere attività decisamente rischiosa. Talmente tanto da non poterne parlare con serenità neanche in un’aula di tribunale nella quale si è chiamati a testimoniare. È quel che è successo al commercialista Michele Scillieri durante il processo a Francesco Barachetti, l'imprenditore edile legato ai commercialisti della Lega Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, recentemente condannati in primo grado per peculato e turbata libertà di scelta del contraente rispettivamente a 5 e 4 anni e 4 mesi di reclusione con rito abbreviato. I tre sono l'ossatura dell'inchiesta della procura di Milano sul sacco di Lombardia film commission (Lfc), la fondazione della Regione Lombardia alleggerita di centinaia di migliaia di euro attraverso l'acquisto di un immobile a Cormano, cittadina della cintura milanese scelta come sede del cineporto di Lfc.
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Scillieri, che è stato dal 2015 al 2020 consulente di Lfc e che ha già patteggiato 3 anni e 4 mesi all'interno di questa inchiesta, era oggi in aula come testimone assistito. Interrogato dal pm Eugenio Fusco, non ha voluto rispondere alla domanda se avesse ricevuto del denaro dalla Lega o da Pontida Fin e a che titolo . Un silenzio cui è seguita un'affermazione importante: il commercialista nel cui studio e Milano è stata domiciliata nel 2017 la Lega per Salvini Premier, ha affermato di aver ricevuto una serie di minacce «anonime» e «intimidazioni fisiche, epistolari e telefoniche» talmente inquietanti da convincerlo a non rispondere a una domanda così importante, alla quale peraltro aveva già risposto in sede di indagine.
Queste minacce sarebbero avvenute anche dopo il primo di luglio di quest'anno, quando Scillieri si è presentato per la prima volta in aula per rispondere alle domande dei magistrati e ricostruire tutte le vicende collegate all'acquisizione, per 800 mila euro, del capannone di Cormano che sarebbe dovuto diventare la sede di Lfc. Il commercialista ha sporto tre denunce, l'ultima delle quali il 14 di luglio, sui quali la procura sta facendo i necessari accertamenti.
«Non voglio mancare di rispetto, né essere reticente», ha detto Scillieri, accennando poi un timido «sì» alla domanda del pubblico ministero mentre era visibilmente scosso e turbato. Il sospetto dei magistrati è che il commercialista sia stato pagato dal partito di Matteo Salvini a fronte di una fattura falsa, che sarebbe rientrata in una partita di giro dell'affare Lombardia film commission ma che dimostrerebbe, nel contempo, anche una gestione opaca e privatistica anche dei soldi del partito, che provengono in larga parte dai rimborsi elettorali.
Perché questo pagamento? Scillieri è parte del meccanismo con il quale sarebbero stati sottratti i denari pubblici della Regione Lombardia conferiti alla Lfc per acquisire il capannone. È lo stesso professionista milanese ad aver ceduto l'immobile per 800 mila euro attraverso la Immobiliare Andromeda, una società controllata di fatto da lui. Quest'ultima l'avrebbe acquisito dall'Immobiliare Paloschi in teoria per 400 mila euro, ma in realtà «pagata zero euro», come ha riconosciuto lui stesso durante l'interrogatorio. Parte degli 800 mila euro sono poi finiti direttamente nelle tasche di Di Rubba (presidente di Lfc negli anni dell'acquisizione) e Manzoni, come ha ricostruito l'inchiesta della Guardia di Finanza. Motivo per il quale sono risultati colpevoli di peculato.
Non è la prima volta, però, che Scillieri riceve delle minacce. Lui stesso ha raccontato di una pizza che gli è stata recapitata nel cuore della notte nonostante non fosse stata mai ordinata e di alcune lettere minatorie, una delle quali attualmente sotto analisi dei Ris di Parma. Minacce che sono iniziate dopo il settembre del 2020, dopo che il professionista aveva iniziato a parlare di questi – e di altri fatti – con i pm Eugenio Fusco e Stefano Civardi, titolari dell'inchiesta che vuol far luce sull'utilizzo dei fondi pubblici da parte del partito di Salvini, che si intreccia con quella di Genova (in dirittura d'arrivo) sui famosi 49 milioni di euro di rimborsi elettorali incassati indebitamente dalla Lega e poi spariti nel nulla.
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