- L’anticipazione data dal New York Times riferisce che la Liga costituirà una nuova società in cui saranno conferiti gli asset di punta. Grazie a questo affare il suo valore di mercato oltrepasserà i 24 miliardi.
- Il 90 per cento dei 2,7 miliardi verrà distribuito fra tutti gli attori della piramide calcistica. L’accordo richiama l’idea della media company della Lega di A che CVC avrebbe dovuto comprare al 10 per cento in cambio di circa 2,3 miliardi.
- Si trattava di un’offerta molto generosa, se paragonata con quella discussa con la Liga. Ma per l’opposizione di alcuni club e il timore che alcuni fra essi optassero per la Superlega, tutto andò in aria senza che qualcuno se ne prendesse la responsabilità.
L'operazione non riuscita con la Lega di Serie A è stata realizzata con la Liga spagnola. Un'anticipazione data nella giornata di martedì 3 agosto dal New York Times rende noto che il fondo britannico di private equity CVC Capital Partners chiuderà oggi un accordo con la lega professionistica iberica guidata da Javier Tebas sulla base di 2,7 miliardi di euro.
Si tratta di un affare articolato, che non consiste in un mero finanziamento ma in un ingresso nel capitale della nuova società cui la Liga conferirà tutte le proprie attività economiche, le proprie filiali all'estero (in questi anni l'organizzazione è stata particolarmente attiva e efficace nelle politiche dell'internazionalizzazione) e le joint ventures fin qui attivate. Di quella società CVC acquisterà il 10 per cento, ciò che secondo i calcoli porta il valore di mercato della Liga spagnola a 24,250 miliardi di euro.
Di fatto è l'ufficializzazione che in Spagna si stia costituendo la sola, reale alternativa alla Premier League inglese, che non a torto viene definita la NBA del calcio. Ma c'è un'altra verità che viene affermata dall'accordo in via di firma tra il fondo britannico e la Liga: l'accordo ricalca quello che a ottobre 2020 era stato dato per concluso con la Lega di Serie A. E che invece è naufragato per motivi rimasti inconfessati.
A group of teams
Anche l'articolo del New York Times sottolinea quel mancato accordo fra la cosiddetta confindustria del calcio italiano e CVC, mettendo in evidenza come esso fosse stato fatto saltare dall'opposizione di “a group of teams” (un gruppo di società calcistiche). Ciò che in linea di principio non è escluso si verifichi anche nel caso della Liga, ma con minori probabilità.
Va proprio nel senso di auspicare una positiva conclusione dell'accordo, con accettazione da parte di tutti i club spagnoli, la dichiarazione ufficiale emessa dalla Liga nella giornata di ieri, con un passaggio cruciale che comunica il senso profondo dell'operazione: «Questo accordo ha lo scopo di guidare la trasformazione che il mondo dell'entertainment sta attraversando e di massimizzare per i club ogni opportunità di crescita». Opportunità di crescita che, come illustra un articolo messo in rete dalla testata spagnola El Confidencial nella mattinata di mercoledì, consiste nel distribuire a tutti gli attori della piramide calcistica spagnola (compresi i settori dilettantistico e femminile) il 90 per cento della cifra incassata da CVC.
E dando per buono che l'accordo fra Liga e CVC vada a conclusione, non resta che riprendere i termini del naufragato patto fra il fondo britannico e la Lega di A. Va ricordato che in quella circostanza CVC si presentava a capo di una cordata cui prendevano parte altri due soggetti, il fondo statunitense Advent International e l'italiano Fsi. Il patto fra tale cordata e Lega di A prevedeva la costituzione di una media company della Lega, di cui i fondi avrebbero acquistato il 10 per cento. Dunque il medesimo schema che la Liga dovrebbe fare ratificare ai suoi associati.
Quanto alle cifre, si parlava di 1,3 miliardi di euro per l'acquisizione di quel 10 per cento più un altro miliardo una tantum da mettere a disposizione dei club nel triennio di avvio del patto. A occhio, dunque, un'offerta molto generosa se la si mette a paragone con quella avanzata alla Liga. Che è un'associazione di 42 club poiché comprende anche la Segunda (invece la Lega di A avrebbe diviso la somma tra 20 club), e presenta un grado di sviluppo e patrimonializzazione sconosciuto all’omologa organizzazione italiana.
Ma contro quell’accordo si è schierato, appunto, “a group of teams”. Per motivi mai del tutto chiariti. Inoltre la stessa cordata guidata da CVC ha avuto motivi di perplessità sulle condizioni in cui l’accordo andava a affermarsi. Per esempio, fra le assicurazioni richieste vi era quella che nessuno dei club italiani prendesse parte a un eventuale progetto di Superlega europea. Evidentemente sapevano bene di cosa parlavano. E sarebbe stato curioso vedere la faccia del presidente juventino Andrea Agnelli davanti a questa obiezione.
Economia dell’entertainment
Tornando all’accordo fra Liga e CVC, la parolina magica è “intrattenimento”. Ossia il pilastro delle economie esperienziali del Ventunesimo secolo di cui il calcio è uno fra i driver fondamentali. Una visione delle cose che potrà non piacere a romantici e puristi ma corrisponde a uno sviluppo ben preciso del gusto globale in materia di consumi culturali. A questa tendenza la Liga mostra di allinearsi e in ciò c’è della visione strategica. In Lega di Serie A, invece, si pretende di mercanteggiare sullo spezzatino. Deve esserci per forza del metodo in quella sciatteria, ma ancora non ci riesce individuarlo.
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