A marzo il virus ha fatto strage tra gli ospiti delle Rsa, ma dopo l’aumento dei contagi la regione Lombardia chiede di ospitare altri infetti: tariffa giornaliera di 130 euro
- Pochi giorni fa, il 30 ottobre, al Trivulzio è arrivata una nota dell'Ats milanese che riprende una delibera regionale. L'oggetto è fin troppo chiaro e riguarda «Cure sub-acute a favori di pazienti covid positivi paucinstomatici».
- Ad inizio maggio il virologo Fabrizio Pregliasco ha fornito i numeri dei decessi, parlava di 300 morti tra gennaio ed aprile, rispetto ai 185 degli anni precedenti. Numeri che i familiari delle vittime hanno contestato.
- Dalla struttura del Trivulzio risponde la responsabile del personale e degli accreditamenti, la dottoressa Rossana Coladonato: «In merito a questa delibera, non abbiamo preso ancora alcuna decisione».
Al Pio Albergo Trivulzio, il polo geriatrico più importante d'Italia, il Covid ha fatto una strage. I morti sono stati decine, le storie dei decessi hanno segnato la storia della casa di cura milanese e della città di cui “la Baggina” è una specie di istituzione. Eppure la memoria di quanto accaduto, al Trivulzione e nelle altre residenze sanitarie assistenziali (Rsa) pare già svanita.
L'aumento del numero dei contagiati ha spinto la regione Lombardia ad approvare una delibera a metà ottobre che apre alla possibilità di ospitare malati Covid nella struttura. La delibera è arrivata alle Ats, le aziende di tutela della salute, ed è stata trasmessa anche alle case di ricovero e di cura.
La nota alle Rsa
Pochi giorni fa, il 30 ottobre, al Trivulzio è arrivata un'altra nota dell'Ats milanese che riprende quella delibera. L'oggetto è chiaro: «In ordine alle cure sub-acute a favori di pazienti Covid positivi paucinstomatici (malati con sintomi lievi, ndr) e alla degenza di comunità di livello base per pazienti Covid asintomatici».
L'esigenza è quella di programmare un numero di posti «sufficiente e idoneo alla presa in carico di tutti i cittadini che, pur risultando positivi al Covid-19, non necessitano di cure cliniche intensive, incentivando, in via sperimentale fino al 31 maggio 2021, sia l'apertura delle degenze di comunità di livello base, sia l'attivazione di nuovi posti di cure sub-acute», si legge nella comunicazione arrivata alla direzione del Trivulzio e alle altre Rsa. Un invito al quale la direzione non ha ancora risposto.
La richiesta sembra ignorare tutto quello che è successo nei primi mesi di quest'anno durante la prima ondata. Sull'epidemia anche la Procura di Milano ha aperto un'inchiesta. Prima l’assenza di mascherine e di misure di protezione anche per evitare di allarmare gli ospiti, poi la strada dell'isolamento dei pazienti che non ha evitato la diffusione del virus visto che il personale è sempre lo stesso e il contagio è diventato inarrestabile. Dagli ospedali sono arrivati malati che hanno fatto ingresso nella struttura senza essere sottoposti a tamponi. Precedenti che sembrano, ora, ignorati.
A maggio il virologo Fabrizio Pregliasco, appena diventato consulente del Trivulzio, ha fornito i numeri dei decessi, parlando di 300 morti tra gennaio ed aprile, rispetto ai 185 degli anni precedenti. Numeri che i familiari delle vittime, che si sono ritrovati in un comitato, hanno contestato.
Ora, a distanza di qualche mese, il virus rischia di entrare di nuovo nelle case di cura, dove gli anziani, i più fragili di fronte al virus, sono ospitati. In questi giorni il Trivulzio è tornato sui giornali perché tra i dipendenti quasi il 12 per cento sarebbero risultati positivi, ossia 64 su 551, ma, ha fatto sapere l'azienda, serviranno nuovi test perché su molti anziani ospiti e pazienti ci sono stati esiti di falsa positività. Ci sarebbe stato un problema con il laboratorio che ha eseguito i tamponi che avrebbe fatto lievitare il numero, si tratta di «un falso allarme», ha assicurato Pregliasco.
130 euro al giorno per infetto
Ora però l’istituto deve decidere riguarda la risposta da dare all'invito della regione. La delibera regionale fissa al 31 maggio 2021 la fine del periodo sperimentale e prevede una tariffa giornaliera pari a 130 euro per degenze di comunità di livello base che «dovranno essere attivate in edifici dedicati o con la puntuale garanzia dell'isolamento delle stesse».
Viene specificata poi la qualifica del paziente da ospitare: «L'utenza è costituita da pazienti dimessi dalle strutture di ricovero e cura, o provenienti da strutture residenziali sociosanitarie clinicamente stabili in attesa di negativizzazione o provenienti dal territorio, che non possono rimanere al proprio domicilio». Tradotto: possono arrivare al Trivulzio o nelle altre case di cura i malati covid in attesa di guarigione. L'altra possibilità, invece, riguarda nuovi «posti tecnici di cure sub-acute», cure non particolarmente complesse.
Le strutture possono attivare fino a 400 nuovi posti per consentire al sistema di far fronte «alla richiesta di pazienti covid positivi paucisintomatici anche provenienti da strutture sociosanitarie».
La comunicazione dell’Ats specifica le modalità di realizzazione di questi posti letto che possono essere aggiuntivi rispetto all'offerta in atto oppure «possono essere ricavati dalla trasformazione provvisoria di posti letto accreditati attivi oppure aggiuntivi rispetto all'assetto accreditato». In questo caso si prevede per la struttura che apre le porte ai malati Covid la cifra di 190 euro al giorno. Per paziente covid positivo paucisintomatico si intende un malato con sintomi lievi, malati che, però, hanno ancora la possibilità di contagiare il prossimo.
Le valutazioni del Trivulzio
Le residenze, le case di cura vivono un periodo di difficoltà economica, dovuto al calo degli ospiti, e il ristoro previsto rappresenta una possibilità per ripianare i buchi. Dalla struttura del Trivulzio risponde la responsabile del personale e degli accreditamenti, la dottoressa Rossana Coladonato che conferma questa eventualità e l'arrivo della delibera della regione e delle comunicazioni dall’Ats.
«In merito a questa delibera, non abbiamo preso ancora alcuna decisione. Conosco la delibera regionale, ma al momento non abbiamo assunto alcuna deliberazione». Visto quanto è già successo, come sarà diviso il personale, come saranno allestite le strutture? «Valutiamo proprio per questo».
Le cifre previste dalla regione rappresenterebbe una boccata d'ossigeno per i conti. Eppure il covid alla Baggina ha scritto pagine di dolore indicibile. Lo scorso maggio, la signora Carmela, in lacrime, ripercorreva il calvario della madre: «Mia mamma è entrata al Trivulzio il 16 di gennaio, ho chiamato un giorno e mi hanno detto che stava facendo una radiografia al polmone, chiesi di farle il tampone, ma mi risposero 'Non li fanno a noi, figuriamoci se lo facciamo a sua mamma'... ho chiesto di portarla in ospedale, mi hanno risposto di no perché potevano peggiorare le sue condizioni durante il tragitto».
Agli inviati del programma Piazzapulita, su La7, Carmela ha consegnato il ricordo dell'ultimo giorno di vita di mamma Antonia: «Una sera l'hanno trovata da sola a terra morta in bagno. Tutto questo è successo».
È successo, ma sembra già dimenticato.
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