Tutti gli autori dello stupro di Palermo, avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 luglio 2023, sono stati condannati in primo grado. Il tribunale del capoluogo siciliano ha disposto oggi le ultime quattro condanne a 7 anni di carcere per Angelo Flores, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia ed Elio Arnao. Samuele La Grassa era stato già condannato a 4 anni e 8 mesi, Cristian Barone a 6 anni e 4 mesi. Pena più severa per il settimo, l’unico minorenne al tempo dell’accaduto: 8 anni e 18 mesi.

La procura aveva chiesto 12 anni di reclusione per tutti tranne che per l’unico non maggiorenne e per un altro, La Grassa, che non aveva partecipato alla violenza fisica ma che «aveva pienamente condiviso il progetto criminale del gruppo».

I giudici hanno stabilito condanne meno alte di quelle disposte dalla procura, ma per comprendere la distinzione tra le varie pene inflitte bisognerà attendere le motivazioni della sentenza, che verranno depositate tra 90 giorni.

I ragazzi dovranno versare una provvisionale di 40mila euro alla ragazza nell’attesa che un giudice civile determini la cifra esatta da risarcire.

Si è costituito parte civile anche il comune di Palermo, insieme alle associazioni Millecolori onlus, Donne in rete, Le Onde, Biblioteca delle donne, Insieme a Marianna, Associazione contro tutte le violenze sulle donne e La casa di Venere che si occupano di contrasto alla violenza di genere.

I giudici hanno disposto per tutte, tranne la casa di Venere, che non ne ha fatto richiesta, una provvisionale di mille euro.

L’avvocata della giovane, Carla Garofalo, ha commentato la condanna dicendo «non mi è mai interessava la durata della pena. Sono ragazzi: mi metto nei loro panni e so che una pena pesante è un guaio per loro. Mi interessava però che ci fosse la condanna, perché è stata una sporca vicenda che ha fatto male a tutti».

Lo stupro

La violenza contro la ragazza era avvenuto la scorsa estate (2023) a Palermo. La 19enne ha raccontato che quella sera doveva incontrare insieme a un’amica uno dei sette ragazzi nel quartiere Vucciria: si tratta di Flores, con cui aveva una relazione. Lui si era presentato con altri amici. E il gruppo aveva inizialmente trascorso la sera nel rione palermitano a bere. Questi momenti sono documentate dalla videocamera di sorveglianza. Dopo qualche ora però si erano allontanati verso il lungomare. Secondo la testimonianza della ragazza in quell’istante sarebbero cominciati gli abusi.

I ragazzi l’avevano scortata in un cantiere abbandonato e lì sei di loro avevano cominciato a violentarla, mentre uno di loro, Flores, riprendeva tutto con il cellulare. Il ragazzo avrebbe poi girato i video ad alcuni amici, e per questo motivo è stato rinviato a giudizio, accusato di diffusione di materiale pedopornografico.

Dopo qualche ora l’avevano abbandonata rifiutando di chiamare i soccorsi, e lei a quel punto aveva prima chiamato il fidanzato e poi era stata soccorsa da dei passanti. La ragazza ha trovato subito il coraggio di denunciare lo stupro ai carabinieri. Nel corso di questi mesi ha sempre ripetuto che «quella della denuncia era l’unica strada da percorrere».

La giovane aveva scelto di raccontare sui social la sua vicenda, talvolta sfogandosi, su Instagram, Tiktok e anche in televisione. Era stata ospite del programma di Nunzia de Girolamo – molto criticata per la scelta di ospitare la ragazza – e aveva inviato una lettera a Zona bianca in cui aveva scritto: «A volte ci si spaventa per ripercussioni da parte di parenti e amici degli stupratori come è successo a me, che sono stata inondata di minacce. Se ci fosse una protezione completa molte più donne sarebbero disposte a denunciare». L’ esposizione mediatica aveva avuto delle ripercussioni sulla sua sicurezza. Nell’aprile di quest’anno, per esempio, la giovane si trovava con il fidanzato nel quartiere di Ballarò: qui un ragazzo, già denunciato per un’altra violenza ai danni della stessa, le si è avvicinato insieme alla madre minacciandola di ritirare la denuncia. Per questo motivo dopo quell’aggressione la 19enne era stata trasferita in una località segreta «per tenerla al riparo da ulteriori minacce» aveva detto la sua avvocata Garofalo.

In sede processuale c’erano state tensioni. L’accusa rivolta alla difesa è avere usato una linea che «indugiava sui suoi costumi e sulle sue abitudini sessuali» come aveva osservato, Elvira Rutigliano, avvocata di donne in rete contro la violenza, parte civile nel processo. Alla ragazza erano state rivolte domande ritenute lesive di questo tenore: «Come eri vestita quella notte?»; «quali atti sessuali hai subito, in che modo ti sei opposta e hai manifestato il tuo dissenso?»; oppure, «hai avuto rapporti sessuali con più persone?».

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