L'onorevole Madia (Pd) è la prima firmataria del disegno di legge che punta a estendere la possibilità di andare alle urne anche in una città diversa da quella di residenza. L'obiettivo è trovare un compromesso fra il non compromettere la rappresentanza e permettere a tutti di votare. Una battaglia, diventata anche una petizione su Change.org, che va avanti da anni, finora senza grandi successi
In ogni famiglia italiana, in particolare in quelle del Mezzogiorno, c’è almeno una persona che per motivi di studio, lavoro o cure mediche è stata costretta a emigrare in un’altra regione. Si stima che siano oltre un milione i fuorisede che vivono stabilmente in città diverse da quella di residenza, eppure nessuno di loro ha accesso a un diritto fondamentale della costituzione: il diritto a votare.
Un limite che diventa addirittura un controsenso, se si pensa che gli elettori temporaneamente all’estero per motivi di lavoro o di studio hanno la possibilità di esprimere le loro preferenze per corrispondenza. Al contrario, uno studente che vive in una città diversa da quella in cui è residente può votare solo e unicamente facendosi carico dei costi, sia economici sia in termini di tempo, necessari per tornare a casa.
Che si tratti di referendum, elezioni regionali o comunali, i fuorisede annualmente si ritrovano, dunque, a dover affrontare i cosiddetti “viaggi della speranza” per mettere una X su una scheda elettorale. L’unica agevolazione per portare i cittadini alle urne, convincendoli a salire su un mezzo che li riporti alla base, è lo sconto elettorale attuato da Trenitalia. Ma tolta questa eccezione, aerei e pullman rincarano i prezzi dei biglietti durante i periodi elettorali, abbattendo sensibilmente il numero di chi, pur credendo nel voto democratico, rinuncia al proprio diritto in mancanza della possibilità di votare dalla città in cui vive.
Il disegno di legge
Per ovviare a questo problema, che si ripresenta puntuale a ogni tornata elettorale, il 28 marzo 2019 è stato presentato un disegno di legge per dare la possibilità a chi vive lontano da casa di votare nella città in cui ha registrato il domicilio. Il 1° luglio dello stesso anno, la proposta è stata assegnata in Commissione, per poi cadere nel dimenticatoio fino al 5 maggio scorso, quando è stata depositata alla Camera dei deputati ed è iniziato l’esame del testo.
A oggi, la proposta è già stata per due volte oggetto di discussione, mentre oggi, mercoledì 19 maggio, si terrà un terzo dibattito che esaminerà soltanto l'ultimo disegno. La prima firmataria della proposta è l’onorevole Marianna Madia, deputata del Partito democratico.
Le richieste
L’articolo 48 della Costituzione proclama che il voto è personale, eguale, libero e segreto e il suo esercizio è un dovere civico. Inoltre, attesta che il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. Eppure, il diritto di elettorato attivo incontra nella pratica le difficoltà connesse a una normativa che richiede necessariamente, tranne pochissime eccezioni, di esercitare tale diritto solo nel comune di residenza.
Le ragioni che sottendono questa scelta legislativa rispondono a diverse esigenze, tra cui quella di garantire che il voto espresso dal cittadino sia realmente libero e segreto. In particolare, si vuole evitare che attraverso l’introduzione della possibilità di votare in un seggio diverso da quello connesso alla propria residenza si possa in qualche modo determinare un’alterazione della rappresentanza.
L’obiettivo, dunque, è quello di scongiurare il rischio che quel voto possa in alcun modo essere falsato e che la rappresentatività delle istituzioni possa essere indebolita. Un rischio che subentra in un sistema elettorale come quello italiano, che non prevede un collegio unico nazionale, ma si fonda su collegi diversi distribuiti su tutto il territorio.
A oggi, sono stati diversi i disegni di legge presentati per riconoscere il diritto di voto ai fuorisede. L’ultimo, che ha trovato il sostegno di diversi studenti universitari, tenta di trovare un equilibrio fra il rischio di alterare la rappresentanza e la necessità di permettere a tutti l’accesso al voto .
La legge propone di dare la possibilità di votare in un seggio diverso da quello in cui l’elettore risulta iscritto, a fronte di motivi di studio, lavoro o cura, che devono essere certificati al momento della domanda, tramite la presentazione del tesserino universitario; una copia del contratto di lavoro; oppure un certificato medico, se la richiesta è presentata per motivi di salute e, quindi, l’interessato sta seguendo un percorso di cure in una città diversa da quella di residenza. Qualora la distanza tra i due comuni non sia rilevante, l’elettore dovrà tornare a casa per votare.
La domanda può essere presentata solo per via telematica e attraverso il riconoscimento con identità digitale (Spid), entro 45 giorni prima della data della consultazione elettorale. La proposta di legge prevede, inoltre, modalità diverse di esercizio del diritto di voto per i fuorisede, in base alle differenti competizioni elettorali.
In caso di consultazioni referendarie, il passaggio dal comune di residenza al comune di domicilio non comporta alcuna alterazione della rappresentanza, perché le schede sono identiche in tutto il territorio nazionale: l’elettore potrà presentarsi al seggio di pertinenza del quartiere in cui ha il domicilio e votare. Diversa è invece la soluzione individuata per l’elezione dei rappresentanti al Parlamento europeo, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica: in base alle regole vigenti, infatti, i sistemi elettorali previsti per l’elezione di questi tre organi incidono, sia pur in modo diverso, sul contenuto della rappresentanza. Nelle consultazioni europee, infatti, nonostante l’assegnazione dei seggi avvenga sul piano nazionale, si vota comunque in più circoscrizioni pluriregionali e dunque il voto nel seggio che spetterebbe in base al domicilio potrebbe portare l’elettore a esprimere il voto per una lista diversa, incidendo così sulla rappresentanza.
I sistemi elettorali in vigore per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, invece, pur essendo anch’essi proporzionali, prevedono per un terzo l’assegnazione dei seggi in collegi uninominali e al Senato, inoltre, la ripartizione dei seggi su base proporzionale avviene solo su scala regionale. L’esercizio del voto nel comune di domicilio determina un cambio di collegio e dunque anche un’alterazione non giustificabile della rappresentanza. Pertanto, riprendendo in parte l’atto del Senato (n. 496) a firma del senatore Ginetti, la modalità di voto riconosciuta in questi casi voterà per corrispondenza.
La novità
Infine, per la prima volta viene introdotto un sistema telematico di votazione, che rappresenta uno strumento alternativo al voto per corrispondenza degli elettori fuorisede chiamati all’elezione dei membri del Parlamento europeo, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Si tratta di una sperimentazione, che potrebbe consentire il superamento di una serie di obiezioni, tra cui il rischio connesso al trasferimento materiale delle schede elettorali nel territorio italiano per raggiungere il seggio nelle cui liste elettorali l’elettore risulti iscritto.
Se ben costruito, il sistema telematico di votazione per i fuorisede potrebbe dunque costituire un punto di equilibrio tra l’esigenza di non alterazione della rappresentanza e la necessità di rendere effettivo l’esercizio di quel diritto fondamentale riconosciuto a tutti i cittadini dalla Costituzione del 1948.
«Voto dove vivo»
A sostegno della proposta, centinaia di fuorisede si sono uniti dando vita al comitato “Voto dove vivo”. «Speriamo che questa battaglia possa essere non solo diffusa e condivisa nelle realtà associative, ma auspichiamo anche una condivisione trasversale nelle aule politiche e negli spazi istituzionali, con un superamento delle diverse idee politiche, per il raggiungimento di questo diritto, un diritto fondamentale, non solo per i tanti fuorisede di oggi e di domani, ma anche per la Democrazia stessa», scrivono in una nota i membri dell'organizzazione.
Diversi altri gruppi, in particolare movimenti studenteschi di diverse università italiane, fra cui La Sapienza di Roma, hanno aderito alla campagna di diffusione del progetto. Il comitato, inoltre, per capire ancora meglio quanto sia generalizzata la problematica e la necessità di approvare questa legge ha lanciato una raccolta firme aperta a tutti su Change.org.
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