Acciaierie d’Italia contesta al giornalista le dichiarazioni riferite all’attuale gestione aziendale, per le quali l’attività «produce ancora oggi polveri che causano danni alla salute grave per chi abita» e ciò «nonostante sia stata ordinata la chiusura di quelle produzioni»
Nominare l’Ilva porta a processo. È quello che è accaduto al giornalista del Fatto Quotidiano Gad Lerner, che il prossimo 12 maggio verrà processato con l’accusa di aver avuto una condotta diffamatoria contro i soci di Acciaierie d’Italia durante un suo intervento a “Prima pagina”, su Radio 3.
I fatti
Nella puntata del 21 novembre del 2021 Gad Lerner, rispondendo alla telefonata di un radioascoltatore durante la rassegna stampa, ha pronunciato le seguenti parole: «… sto parlando della città di Taranto dove ormai da 10 anni, nonostante diverse perizie, nonostante tutte le sentenze e le ispezioni operate dai diversi gradi della magistratura abbiano certificato che l’acciaieria produce ancora oggi polveri che causano danni alla salute; grave per chi abita nei quartieri limitrofi e nonostante sia stata ordinata la chiusura di quelle produzioni a caldo, di quegli altiforni, si è sempre trovata una maniera. Da ultimo il Consiglio di Stato ha bloccato una sentenza del Tar ma altre volte è stato direttamente il governo, il Consiglio dei ministri a sospendere temporaneamente e si continua così».
Parole che sono state considerate diffamatorie dai soci della società Acciaierie d’Italia S.p.A – composta al 38 per cento da Invitalia, la società partecipata al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze – che hanno deciso di querelare il giornalista.
Per Lerner si tratta di una querela temeraria, come tante che vengono intentate per silenziare il duro lavoro di cronisti e reporter, spesso freelance e senza le tutele delle redazioni. «Aziende dotate di agguerriti uffici legali e di risorse sproporzionate rispetto a chi scrive ne fanno un uso sempre più frequente per condizionare la libera stampa», dice Lerner ricordando che in parlamento ogni tentativo di approvare una legge contro le querele temerarie è stato affossato.
In un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, Lerner ricorda alcune tappe salienti della vicenda dell’acciaieria tarantina. «Con l’ultimo, varato dal governo Meloni, salgono a 14 i decreti “Salva Ilva” che a partire dal 2012 hanno consentito di eludere il sequestro degli impianti disposto dalla magistratura a seguito di numerose perizie. Senza contare le condanne inflitte in primo grado per “disastro ambientale” nel processo “Ambiente svenduto” agli ex proprietari della famiglia Riva; e i procedimenti in corso per corruzione in atti giudiziari a carico di uno dei commissari subentrati ai Riva». Tutto verificabile online con fonti aperte.
«I nuovi gestori dell’acciaieria rivendicano il diritto di comportarsi come se l’esito nefasto dei comportamenti illeciti perpetrati da chi operava a Taranto prima di loro non li riguardasse. Per ottenere dal governo lo sblocco di 680 milioni di finanziamenti pubblici, l’attuale amministratrice delegata Lucia Morselli ha esercitato le più varie forme di pressione, compresa la sospensione dell’attività di 145 aziende appaltatrici», spiega Lerner nell’articolo. «Il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè, di nomina pubblica, promette il completamento del nuovo piano ambientale per metà 2023 e annuncia che da allora si potrà tornare a produrre più acciaio».
La querela
La difesa della società Acciaierie d’Italia contesta al giornalista le dichiarazioni riferite all’attuale gestione aziendale, per le quali l’attività «produce ancora oggi polveri che causano gravi danni alla salute per chi abita» e ciò «nonostante sia stata ordinata la chiusura di quelle produzioni».
Nella richiesta di querela gli avvocati hanno riportato alcuni studi e documenti pubblicati dall’Arpa Puglia, dall’Ispra e da Legambiente che secondo l’azienda «testimoniano la mancanza di criticità in tema di qualità dell’aria della città di Taranto». Inoltre, per quanto riguarda la sentenza del Consiglio di Stato pubblicata lo scorso 23 giugno 2021, gli avvocati spiegano che la decisione del Tar è stata bloccata «per plurimi profili di illegittimità una ordinanza del Sindaco di Taranto che intimava la chiusura dello stabilimento cittadino».
Con queste motivazioni il 12 maggio si andrà a processo, mentre nell’acciaieria i sindacati stanno chiedendo un incontro urgente con tutte le le istituzioni e i vertici aziendali per conoscere i piani di investimento della società.
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