- Sulla chiusura del programma Non è L’arena c’è un ultimo colpo di scena che Domani può svelare, i contatti, datati quest’anno, tra Silvio Berlusconi e Urbano Cairo.
- Il primo è il leader di Forza Italia, pregiudicato per frode fiscale, e indagato dalla procura di Firenze per concorso in strage per gli attentati mafiosi avvenuti nel 1993 sul continente, il secondo è l’editore di La7 e del Corriere della Sera.
- «Nei primi anni Novanta hanno lavorato insieme, Berlusconi aveva scelto Cairo come collaboratore, detto questo risulta normale, direi fisiologico avere interlocuzioni e contatti, stiamo parlando del gotha dell’editoria televisiva nel nostro paese», racconta un addetto ai lavori. Ma oltre la consuetudine di avere rapporti di buon vicinato, c’è dell’altro.
Sulla chiusura del programma Non è l’arena c’è un altro colpo di scena. Risulta infatti a Domani che fonti giudiziarie che a Firenze indagano su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri (iscritti per concorso in strage per gli attentati mafiosi avvenuti nel 1993 sul continente) avrebbero contezza di alcuni contatti tra l’ex premier e Urbano Cairo, editore di La7, nelle settimane che hanno preceduto lo stop alla trasmissione di Massimo Giletti.
«Nei primi anni Novanta hanno lavorato insieme, Berlusconi aveva scelto Cairo come collaboratore e lo considera da sempre il più bravo di tutti. Risulta normale, direi fisiologico avere interlocuzioni e contatti: stiamo parlando del gotha dell’editoria televisiva nel nostro paese», racconta chi conosce entrambi. Ma oltre ai rapporti di buon vicinato, c’è dell’altro.
Al centro delle chiacchierate tra i due imprenditori ci sarebbero stati anche i servizi giornalistici trasmessi da Giletti sulle stragi e il ruolo di Dell’Utri, che è stato il consigliere più determinato a convincere il Cavaliere a “scendere in campo” e fondare Forza Italia.
Di certo i magistrati Luca Turco e Luca Tescaroli della procura antimafia di Firenze, che indagano sui mandanti occulti alle bombe del 1993, stanno facendo verifiche sulla chiusura di Non è l’arena. Ma cosa c’entra l’indagine sui presunti registi delle stragi con la sorte del programma di Giletti?
La foto dei misteri
A tenere insieme le due questioni è una foto, uno scatto di cui ha parlato per primo questo giornale che ritrarrebbe Berlusconi, il boss stragista Giuseppe Graviano e il generale Francesco Delfino. È stato Giletti a riferire ai magistrati dell a sua esistenza e che la stessa gli sarebbe stata mostrata da Salvatore Baiardo, l’ex gelataio condannato negli anni Novanta per aver favorito la latitanza di Filippo e Giuseppe Graviano.
Baiardo ha avuto il suo momento di celebrità alla fine del 2022 quando, intervistato da La7, aveva predetto l’arresto di Matteo Messina Denaro, azzeccando persino il mese della cattura, gennaio 2023. Da mago che prevede il futuro si è trasformato presto in una pedina centrale nell’indagine sui mandanti occulti delle stragi 1993, condotta dalla direzione investigativa antimafia e coordinata dalla procura.
Baiardo è il collante che tiene insieme diversi piani: è ritenuto un portavoce dei Graviano, ma è anche a conoscenza, come dimostrano alcuni documenti, dei presunti incontri tra lo stragista Giuseppe Graviano e Berlusconi nell’anno che ha preceduto la nascita ufficiale di FI e la discesa in campo dell’imprenditore milanese.
L’ex gelataio, insomma, è il collegamento tra passato e presente: dai rapporti (ammessi dallo stesso Graviano durante gli interrogatori e negati da Berlusconi) con l’ex presidente del Consiglio alla foto di cui ha parlato Giletti con i magistrati. Baiardo è netto nel sostenere che l’immagine non esiste, tuttavia intercettazioni dimostrerebbero il contrario.
Il conduttore, quando è stato sentito dai magistrati fiorentini, ha detto di aver visto l’istantanea e di aver riconosciuto l’allora Cavaliere e il generale Delfino, carabiniere morto nel 2014 la cui vicenda si intreccia con i misteri della più recente storia italiana. Erano immortalati insieme accanto a un terzo soggetto, a detta di Baiardo si tratterebbe di Giuseppe Graviano, ma Giletti non l’ha riconosciuto perché l’ex gelataio ha ritirato la foto senza consegnarla.
Le puntate cancellate
Prima della chiusura i servizi di Non è l’Arena si stavano concentrando proprio sui rapporti tra Berlusconi, Dell’Utri e la mafia. Approfondimenti che avevano da tempo provocato l’irritazione di Mediaset e dei suoi vertici, come emerso nelle scorse settimane, quando questo giornale ha pubblicato i passaggi di un’informativa della Dia, la Direzione investigativa antimafia, collegandoli ad alcune dichiarazioni pubbliche.
Nel giugno 2021 Dell’Utri aveva il telefono sotto controllo. In quel periodo, parlando con l’avvocata di Mediaset, Enrica Maria Mascherpa, e con il tesoriere di Forza Italia, Alfredo Messina, discutevano anche di giornalisti e di trasmissioni non gradite. Dell’Utri esprimeva la necessità di costruire una strategia per difendere Berlusconi e le aziende.
L’ex senatore forzista, già condannato in passato per collusione con la mafia a sette anni di carcere, si lamentava della puntata condotta da Giletti sul tema della trattativa stato-mafia, processo dal quale Dell’Utri è stato definitamente assolto.
Tre mesi più tardi l’ex senatore rilasciava al Foglio un’intervista affatto tenera nei confronti di Cairo: «Era un ragazzo sveglio, gli feci fare l’assistente personale di Berlusconi (…) Come può pensare di me le cose che dicono in alcune sue trasmissioni? L’informazione è una cosa. L’accanimento è tutto un altro paio di maniche». Pochi giorni dopo Cairo incontrava Berlusconi e quest’ultimo lo salutava con queste parole: «È un mio amico da moltissimi anni».
Nei giorni scorsi il sito Dagospia ha pubblicato la notizia di un possibile interessamento da parte di Cairo all’acquisto di Mediaset, notizia che è stata seccamente smentita dall’ufficio stampa del Biscione e da La7. Nelle prossime settimane proprio Cairo potrebbe essere sentito come persona informata sui fatti dopo che la procura di Firenze ha già ascoltato Giletti. Sui possibili contatti con Berlusconi rilevati dall’inchiesta di Firenze abbiamo chiesto una replica a Cairo, ma ha preferito non commentare.
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