- A partire dal 2013 lo stato ha versato al gruppo di Vincenzo Onorato in media circa 77 milioni di euro l’anno perché fosse garantito il collegamento con la Sardegna
- Nello stesso periodo di tempo non è riuscito a farsi dare i 180 milioni di euro che l’armatore è tenuto a versare per aver comprato la compagnia pubblica Tirrenia
- Oggi i collegamenti sono assicurati dai privati senza costi pubblici. Il gruppo Moby gravato da un debito di 640 milioni di euro finisce in mano ai creditori privati
Nonostante tutto è ormai al tramonto la stella di Vincenzo Onorato, l’armatore della Compagnia italiana di navigazione (Cin), gruppo Moby, Tirrenia e Toremar, a lungo monopolista di fatto dei collegamenti con la Sardegna, un imprenditore diventato famoso anche presso il grande pubblico per la barca da competizione Mascalzone latino e ora finito sulla prima pagina di tutti i giornali per un’inchiesta della magistratura sui finanziamenti concessi alla politica e in particolare a Beppe Grillo, il fondatore del Movimento 5 Stelle, in cambio di supposti favori della politica stessa sotto forma di leggi ad hoc e di provvedimenti di favore.
Dopo che a giugno di due anni fa il gruppo di Onorato ormai già in declino e pieno di debiti è stato ammesso al concordato preventivo, giovedì 20 gennaio 2022 quel lungo cammino giudiziario approda a una tappa decisiva.
Onorato presenta un piano concordatario per soddisfare i creditori che sono tanti, a cominciare da quelli ritenuti privilegiati per legge, compreso lo stato che da Onorato deve ancora avere la bellezza di 180 milioni di euro, frutto della vendita avvenuta un decennio fa della compagnia pubblica Tirrenia. In totale i debiti finanziari del gruppo Cin ammontano a 640 milioni di euro.
Addio ai sussidi
Secondo autorevoli indiscrezioni il piano concordatario smembra il gruppo dell’armatore con la costituzione di due società distinte, una per le navi e una per la gestione dei collegamenti. Nella prima la maggioranza sarà in mano ai creditori, tra i quali spiccano i fondi Cheyne capital, Aptior Capital e BlueBay. La seconda società sarà affidata allo stesso Onorato, ma con il compito di dirottare gli eventuali utili a favore dei creditori.
Ormai in fase calante, di recente Onorato ha dovuto rinunciare anche a quasi tutti i cospicui sussidi ottenuti dallo stato per assicurare quella che in gergo viene definita la «continuità territoriale». Una formula che in soldoni significa questo: dal momento che a torto o ragione si suppone che nessun armatore sia in grado di garantire tutto l’anno i collegamenti con le isole, allora lo stato interviene con aiuti per coprire le supposte perdite purché i viaggi si facciano anche d’autunno e inverno pur se se con pochi passeggeri.
Onorato ha avuto in media intorno ai 77 milioni di euro l’anno di sussidi per circa un decennio, una cifra enorme, sborsata dallo stato nonostante lo stato stesso non fosse capace di farsi dare i quattrini che gli spettano per aver venduto la Tirrenia.
Ora al gruppo Cin è rimasta solo una parte modesta di quella cuccagna di sussidi, poco più di una decina di milioni di euro l’anno per il collegamento tra Piombino e l’isola d’Elba. Tutte le altre tratte, a partire da quelle particolarmente contese della Sardegna, sono state messe a gara dal ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili e aggiudicate ad altri, compreso il gruppo Grimaldi che negli anni passati aveva ingaggiato con Onorato un braccio di ferro durissimo.
Al gruppo Cin è rimasto solo il collegamento invernale tra Genova e Porto Torres, giudicato poco interessante dagli altri armatori e ottenuto da Onorato tramite la partecipazione a una gara con un ribasso della bellezza del 98 per cento.
Oltre che da Grimaldi ora i collegamenti con la Sardegna sono garantiti da Corsica Ferries e Grandi navi veloci del gruppo Aponte, ma a differenza di prima nessuna di queste compagnie pretende sussidi dallo stato e tutte si contendono i vantaggi e si assumono i rischi dell’operazione.
I marinai italiani
In ogni vicenda che riguarda Onorato e i suoi rapporti con le istituzioni e la politica c’è sempre una zona grigia in cui è difficile distinguere in maniera netta la benevola riconoscenza concessa a un imprenditore che è stato più che prodigo con la politica, tutta la politica, da Matteo Renzi a Grillo a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. E quanta parte sia invece frutto della volontà della politica e dei ministri di mettere una pezza con i soldi dei contribuenti sulla crisi di una grande compagnia di navigazione del sud per impedire che diventasse l’ennesimo disastro industriale.
I marinai del gruppo Onorato sono circa 5 mila, per la maggior parte italiani e in prevalenza di Torre del Greco in Campania. Questa circostanza è sempre stata invocata come uno spauracchio o brandita come una sorta di arma di ricatto a cui la politica si è spesso adeguata a volte di slancio altre volte per supposta necessità.
La benevolenza delle istituzioni e della politica verso Onorato è di vecchia data, la prima volta accertata risale all’estate di 10 anni fa quando vendendo la Tirrenia lo stato fissò i criteri e il quantum dei sussidi per la continuità territoriale.
Il governo era quello di Mario Monti e il ministro dei Trasporti Corrado Passera firmò un contratto di concessione che per Onorato era manna perché corredato da aiuti stellari. Quando nel 2016 il gruppo Grimaldi ha provato a spezzare questo patto leonino benedetto dallo stato entrando con le sue navi nei collegamenti con la Sardegna ha dovuto ingaggiare una lotta con Onorato che ha risposto con una sorta di boicottaggio delle navi del concorrente.
La sfida è stata risolta dall’Antitrust con una multa di 29 milioni di euro a Onorato, ribadita dal Consiglio di Stato, anche se poi alla fine l’entità della cifra è stata ridotta. E quando due anni fa la concessione è scaduta, il primo governo di Giuseppe Conte non ha indetto subito una gara per i collegamenti con la Sardegna, ma si è limitato a prorogare la concessione a un gruppo ormai claudicante e di proroga in proroga la storia è andata avanti per mesi anche dopo l’avvento del governo Draghi e solo di recente sono state indette le gare.
Il riferimento all’italianità dei naviganti è stato fondamentale per l’approvazione nel 2016 della legge che porta il nome di Roberto Cociancich, politico Pd dell’area di Renzi e come quest’ultimo uscito dal vivaio dello scoutismo italiano. In base a quella norma sulle navi battenti bandiera italiana non dovevano essere imbarcati marinai stranieri: il favore al gruppo Onorato era evidente ed evidente di conseguenza il danno potenziale inferto alla concorrenza che insieme ai marittimi italiani imbarca ovviamente anche quelli di altre nazionalità. Il danno è stato solo potenziale perché di fatto quella norma non è mai entrata in funzione anche in seguito alle obiezioni dell’Unione europea.
L’intervento dei creditori
I rapporti con la politica, il richiamo all’italianità del gruppo e il prestigio ottenuto da Onorato con Mascalzone latino hanno però lasciato indifferenti i grandi creditori privati, in particolare i fondi di investimento stranieri, legittimamente desiderosi di essere pagati.
La prima volta che il nome di Grillo appare collegato a faccende di affari potenzialmente sospetti con Onorato è proprio in occasione della concessione al gruppo Moby del concordato preventivo e alla memoria preparata per la sezione fallimentare del Tribunale civile di Milano dallo studio legale Gianni&Origoni di cui questo giornale ha dato notizia offrendo i particolari il 15 aprile del 2021.
Al paragrafo «Trasferimenti di denaro meritevoli di attenzione» spunta il nome del fondatore dei 5 Stelle insieme a quello di altri politici e personaggi di rilievo.
Nella lista è annotato il trasferimento «in favore di Beppe Grillo Srl in relazione a un accordo avente finalità pubblicitarie per un corrispettivo annuo di euro 120 mila della durata di due anni».
Subito dopo viene elencato il trasferimento «in favore di Casaleggio associati in relazione a un contratto avente lo scopo di sensibilizzare le istituzioni sul tema dei marittimi, per un corrispettivo annuo pari a 600 mila euro circa della durata di due anni (risolto consensualmente a decorrere dal primo marzo 2020)».
Poi c’è il «trasferimento in favore dei partiti politici per complessivi euro 400 mila», una cifra che probabilmente comprende i 300 mila euro alla fondazione Open di Matteo Renzi di cui lo stesso Onorato aveva parlato in un’intervista concessa a Nello Trocchia, ora giornalista di questo giornale.
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