In oltre 40 minuti di monologo, Fabio Fazio si dissocia una sola volta. Quando Beppe Grillo, ospite di “Che tempo che fa” su Nove, il suo ritorno in tv dopo 9 anni di assenza, parla di Giulia Bongiorno. «E’ inopportuno che un avvocato, presidente della commissione Giustizia, una senatrice della Lega, faccia comizietti davanti ai tribunali dove c'è una causa a porte chiuse. Così si mischia tutto...». La causa in questione è quella in cui il figlio di Beppe Grillo, Ciro, deve difendersi dall’accusa di stupro. L’avvocata che difende la ragazza che accusa Ciro è proprio Giulia Bongiorno.

«E’ inopportuno anche che tu ne parli qui, Beppe, di questo non si parla», lo blocca Fabio Fazio. 

(Di questo cortocircuito tra politica e giustizia il filosofo Gianfranco Pellegrino si domandava su Domani il 9 novembre: «Può una persona con un profilo professionale di questo tipo tenere le propria mente e la propria azione sgombra dall’influsso degli altri interessi che rappresenta nella sua attività politica, e guardare con la sua azione all’interesse non solo del suo cliente ma anche della società in generale?»).

Un passaggio al vetriolo, quello di Grillo, destinato a suscitare reazioni. Per il resto, l’intervento del comico è uno dei suoi show alla vecchia maniera, in cui si intervalla l’attualità politica alle gag e agli aneddoti. L'ultima volta che il garante M5s si era seduto in un salotto televisivo risale al 2014 con Bruno Vespa. E all'epoca non tornava in Rai da 21 anni. 

«Sono qui per capire se sono il peggiore - dice rivolto alla platea - se ho peggiorato questo Paese, non è una battuta. Dopo l'ultima intervista con Vespa abbiamo perso le elezioni, tutti quelli che ho mandato a f*** sono al governo». Segue un quasi-monologo, in cui Fazio stenta a inserirsi con le domande, dove Grillo ripercorre le sue battaglie, le sue vittorie. «Ho combattuto Parmalat, il Monte dei Paschi e adesso?». Ammette di non poter «condurre e portare a buon fine un movimento politico, non sono in grado». «Parlavo dell'acqua pubblica o della macchina ad idrogeno. Poi mi hanno chiesto: e ora? Cosa facciamo? Ora che ce lo hai detto? Ok - ho risposto - prendiamo queste idee e le portiamo dentro le istituzioni».

E’ il mito delle origini del Movimento che gli ha regalato più di un dispiacere. L’esempio principale è Luigi Di Maio. «Giggino a cartelletta – dice Grillo – era il politico più preparato, ma non pensavamo si facesse prendere dal potere. Conte lo abbiamo scelto io e lui. Poi ci ha pugnalato». E Giuseppe Conte? «Prima parlava come un professore, ora è migliorato, ci mette un po' di cuore». 

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