- Nei report degli apparati delle intelligence occidentali c’è la fotografia di come sono schierati i singoli gruppi neofascisti che si muovono sui canali social.
- I “neri” di Forza nuova sostengono la Russia e hanno relazioni con gli ideologi che hanno teorizzato la Nuova Russia, termine che identifica l’area del Donbass con le due repubbliche ora riconosciute dal Cremlino.
- I loro gemelli diversi di CasaPound, invece, appoggiano l’Ucraina, o meglio i nazionalisti di estrema destra di Kiev. Questa divergenza palesa una confusione ideologica non da poco. Un solo punto in comune: sono tutti contro la Nato.
La disinformazione russa sulla guerra passa dai canali social e media del Cremlino, dai simpatizzanti No vax e dai parlamentari populisti. Ma anche, si scopre, dalla galassia neofascista. Il legame emerge dell’analisi di migliaia di profili legati all’estrema destra che nei giorni dell’invasione hanno condiviso e amplificato i messaggi veicolati dal canale Telegram “World terror”.
Secondo i rapporti dei servizi segreti occidentali il canale è stato utilizzato per veicolare la «contro-disinformazione russa volta a influenzare l’opinione pubblica circa l’adozione di strategie di disinformazione online da parte di attori filo-ucraini». In pratica è la versione moderna dell’antico schema spionaggio e controspionaggio, reso celebre dai romanzi di Le Carrè e dai film di James Bond.
Tra le pieghe di questa guerra virtuale sullo sfondo del conflitto sul campo emergono gli schieramenti e i posizionamenti dei neofascisti d’Europa. Gruppi schierati con la Russia o con l’Ucraina. Uniti dal nazionalismo, divisi al fronte tra chi sostiene l’invasione ordinata da Vladimir Putin e chi, invece, parteggia per gli assediati di Kiev.
La geografia europea
La geografia dell’estrema destra europea non è una mappa di un unico colore, piuttosto rivela le spaccature interne dell’internazionale nera che da Varsavia a Lisbona, in tempi di pace, ha dominato la scena dell’opposizione radicale all’Unione europea, della lotta feroce all’immigrazione e alle misure dei governi contro la pandemia.
La guerra in Ucraina – e ancora prima il conflitto nel 2014 tra esercito ucraino e i battaglioni filorussi che ha portato alla proclamazione delle repubbliche autonome del Donbass – hanno rivelato una frattura interna ai movimenti neofascisti dell’Europa. Il caso di scuola tutto italiano ha riguardato la profonda divergenza tra Forza nuova e CasaPound, le due sigle dei nostalgici di Benito Mussolini più note nel paese, sulla questione russo-ucraina.
Dai ranghi della prima sono partiti militanti per combattere con i filorussi del Donbass, alla seconda appartenevano alcuni personaggi inquadrati nel battaglione Azov ucraino considerato il braccio militare del partito di estrema destra di Kiev, Pravy Sector (Settore destro).
La formazione, ben nota ai servizi russi, che è stata usata come pretesto per la «de-nazificazione» annunciata da Putin, omettendo di dire, però, che anche tra i miliziani filorussi sono ben rappresentanti i neofascisti. Uno dei battaglioni più “inquinati” è il Rusich, finito in diverse informative dell’antiterrorismo italiano per le presenze di soldati provenienti da gruppi della destra estrema europea, inclusa l’Italia.
I neofascisti
Tra i soldati di Forza nuova o legati al partito di Roberto Fiore, sotto processo per l’assalto alla Cgil del 9 ottobre 2021, c’è chi si trova ancora nelle repubbliche filorusse contese, motivo scatenante dell’invasione ordinata da Putin il 24 febbraio scorso. Il più importante per carriera fatta alla corte dei generali putiniani è certamente Andrea Palmeri, alias “il Generalissimo”, condannato in primo grado come arruolatore di camerati italiani destinati al fronte del Donbass con le milizie filo Putin. Palmeri nei documenti dell’antiterrorismo è segnalato per i suoi legami con il battaglione Rusich.
Tra Donesk e Lugansk c’è ancora un fotoreporter militante, partito nel 2014 per unirsi alle milizie filorusse e narrare l’epopea dei combattenti fedeli alla Russia. Si chiama Vittorio Nicola Rangeloni, il 27 febbraio sul suo profilo VKontact, il Facebook russo diventato meta dei neofascisti bannati dal social americano, scriveva: «Dal gelido inverno verso la caldissima primavera». Il post è accompagnato da un foto di lui con l’elmetto, alla sua destra un blindato dell’esercito russo con la Z bianca (simbolo dell’invasione) disegnata sul fianco.
Rangeloni nel settembre 2021 è stato insignito con una delle «onorificenze più importanti della Repubblica» del Donbass, ha scritto sulla sua pagina VK. È vicino ai neofascisti italiani, ha avuto simpatie certamente per il Movimento sociale europeo di cui ha fatto parte per un periodo Giuliano Castellino, capo romano di Forza nuova accusato, con Fiore, per l’assalto alla Cgil. Lo stesso Fiore è affezionato alla causa, con l’associazione Alexandrite ha portato un gruppo di imprenditori italiani in Crimea dopo l’annessione alla Russia per investire e delocalizzare nelle terre del Cremlino.
Damasco non è Kiev
I “neri” di Forza nuova dunque sostengono la Russia e hanno relazioni con gli ideologi che hanno teorizzato la Nuova Russia, termine che identifica l’area del Donbass con le due repubbliche ora riconosciute dal Cremlino. I loro gemelli diversi di CasaPound, invece, appoggiano l’Ucraina, o meglio i nazionalisti di estrema destra di Kiev. Lo confermano anche i report dell’intelligence: «CasaPound si è apertamente schierato a favore dei popoli europei, condannando ogni forma di imperialismo straniero».
Questa divergenza tuttavia palesa una confusione ideologica non da poco. Sulla guerra in Siria per esempio CasaPound e Forza nuova si sono schierati con il regime di Assad, sostenuto e armato dalla Russia. I due movimenti neofascisti in collaborazione con altri gruppi europei della medesima area hanno organizzato numerosi viaggi di solidarietà a Damasco, utilizzando spesso come schermo delle associazioni solidali.
Dallo stadio alla guerra
Nei report degli apparati delle intelligence occidentali c’è la fotografia di come sono schierati i singoli gruppi neofascisti. Il dato interessante è che persino alcune tifoserie dichiaratamente di estrema destra hanno dato sostegno all’una o all’altra parte. Le curve del resto sono l’ambiente in cui i movimenti neofascisti pescano militanti con più facilità.
«Gli ultras della squadra di calcio belga Bruges, vicini agli ambienti di estrema destra, hanno esposto degli striscioni e alcune bandiere a sostegno dell’Ucraina, durante uno degli ultimi match disputati», scrivono gli analisti. Sulla stessa linea i capi della curva della Dinamo Zagabria, i Bad blue boys, durante una delle ultime partite, «hanno espresso solidarietà nei confronti dell’Ucraina» esibendo bandiere giallo blu del paese sotto assedio.
Dal Belgio alla Bielorussia
Nel cuore dell’Europa il partito di estrema destra belga Nation, «tramite messaggi sui propri canali social, ha cercato di giustificare la Russia in merito a quanto sta accadendo in Ucraina, affermando che, la colpa risiede nel fatto che negli ultimi 7 anni, dopo gli accordi di Minsk, non sono state implementate le azioni definite negli accordi stessi e che, anzi, gli ucraini avrebbero continuato a bombardare il Donbass», si legge nei report.
A differenza dei nazionalisti bielorussi, che sono partiti in direzione Kiev per difendere la città dall’invasione «del nemico neobolscevico». Il fatto è rilevante, soprattutto perché Minsk appoggia Putin e ha concesso alla truppe del Cremlino di usare la Bielorussia come varco per entrare in Ucraina.
Anche i neofascisti croati sono pro Kiev. Dalle informazioni raccolte dall’intelligence un gruppo di 200 militanti è partito per unirsi ai combattimenti nel battaglione Azov. In Francia Les Nationalistes giustifica l’azione di Putin. La tesi è che l’Ucraina è un paese «artificiale», da sempre «sotto il controllo delle potenze dominanti del momento».
I Bordeaux Nationaliste al contrario sono solidali con i nazionalisti ucraini. In Germania c’è il partito neonazista tedesco Der III. weg, che tramite i suoi canali media ufficiali sostiene il «fiero popolo ucraino minacciato dal popolo russo». Mentre il Nationaldemokratische partei deutschlands non sposa né l’una nell’altra causa, «ci interessa solo la nostra patria tedesca», ribadiscono.
I nazionalisti greci riuniti sotto la sigla Elasyn sono filo russi e considerano l’Ucraina una continuazione della federazione. E sposano la teoria secondo cui l’Ucraina è uno stato fantoccio della Nato e degli Stati Uniti.
L’estrema destra polacca è con l’Ucraina. L’odio storico verso Mosca conta ancora molto a Varsavia. Da qui è già partito qualche volontario per unirsi alla legione internazionale istituita da Kiev: uno di loro appartiene «all’organizzazione politica Obóz narodowo–radykalny, si sarebbe unito al battaglione International volunteers in Ucraina con l’obiettivo di combattere contro Putin».
Su questo punto i servizi segreti occidentali monitorano con attenzione. E benché non sia ancora emersa «in forma evidente una organizzazione sistematica di milizie nazionaliste, appartenenti ai movimenti sopra menzionati, pronte a recarsi in Ucraina e combattere sul fronte di battaglia, sono stati rilevati segnali circa l’adesione di singoli ultra-nazionalisti alla causa ucraina e il rimpatrio di cittadini ucraini per combattere in difesa della propria patria».
Nato nemica
Su una cosa però sono tutti d’accordo: la causa di tutti i problemi è l’espansionismo della Nato. «Tale pretesto di strumentalizzare il conflitto russo-ucraino per enfatizzare l’inefficienza delle organizzazioni internazionali, è maggiormente emerso tra i partiti nazionalisti con forte spirito anti-europeo, nonché nella maggior parte di quelli facenti parte dell’Alliance for peace and freedom», scrivono gli analisti dell’intelligence. Alliance for peace and freedom è un movimento che raggruppa vari partiti neofascisti, fondato tra gli altri da Roberto Fiore, il capo di Forza nuova.
© Riproduzione riservata